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Benvenuti a Hogwarts

Nessuno crede più alle streghe…. o forse sì? La notte soprattutto ci si guarda intorno nell’oscurità, inquieti per le presenze che non si scorgono ma si avvertono. Malgrado tutto il nostro progresso e la nostra scienza, ci sono più cose in cielo e in terra, come dice l’Amleto di Shakespeare…….

Di notte le strade si assomigliano tutte. Nessuna luce, naturale o artificiale, basta a rischiararle veramente, rendendo sicuro il nostro percorso. Nemmeno questa fa eccezione, questa strana via di una città di provincia del Surrey. Privet Drive, si chiama, e la cittadina è Little Whinging. Anonime la città e la strada, almeno fino a questa notte ed ai fatti che qui accadranno, o qui si compiranno.

Cosa ci fa quell’anziano e solitario signore in mezzo alla via? Ma che sta facendo? Punta quella strana bacchetta sui lampioni, dopodiché questi si spengono, ad uno ad uno.

E quel gatto che miagola? E gli si avvicina? Lui ci parla, come si fa con i gatti a volte, ma……. Che succede? Sta cambiando forma! Non è un gatto, è una donna adesso!

«Dovevo immaginare che l’avrei trovata qui….professoressa McGrannitt»

«Buonasera professor Silente…… sono vere le voci?…… Albus?»

«Temo di sì, professoressa…..le buone….. e le cattive»

«E…..il bimbo?»

«Hagrid lo porterà qui»

Comincia così la favola più affascinante dei tempi moderni. Una favola per grandi e per piccini. Dopo che J. K. Rowlings la ebbe scritta (una favola nella favola, quella della ragazza madre che scriveva il suo libro in un pub, sognando di cavarsi d’impaccio dalla miseria, finché un giorno la casa editrice Bloomsbury….. era un 26 giugno del 1997…..), i genitori la leggevano ai figli come storia della buona notte, ma era una scusa per leggerla loro, avidamente, e sapere come sarebbe andata a finire l’avventura di Harry Potter, il ragazzo sopravvissuto, il maghetto riconoscibile da quel segno sulla fronte, quella specie di Z lasciatagli nel punto dove la maledizione di Tu-Sai-Chi e l’incantesimo protettivo della madre Lily si erano incontrati…..

Fu una scusa anche quella per affollare i cinema quella sera d’inverno del 2001, il pretesto era sempre quello di portarci i figli, la curiosità era quella di vedere che faccia avrebbero avuto Harry Potter e i suoi amici e nemici, dopo esserceli immaginati nelle sere trascorse sul libro che in Italia era stato tradotto e pubblicato da Salani Editore.

Daniel Radcliffe non deluse le attese suscitate dalla penna della Rowlings, né lo fece nessuno degli altri attori, da Richard Harris a Maggie Smith, da Emma Watson a John Hurt. Non lo fece di certo Hogwarts, la scuola di magia ricostruita alla perfezione nelle ambientazioni ricavate da castelli e abbazie sparse per il Regno Unito. Ci si arrivava con un treno che partiva dal binario 9 e ¾ della stazione di King’s Cross di Londra, quella da cui partono i treni per il nord, per quelle lontane lande al confine con la Scozia dove si sposta la vicenda di Harry, dopo i primi undici anni di vita trascorsi dagli zii babbani a Privet Drive.

Non deluse infine John Williams, che firmò un altro capolavoro di colonna sonora. Essenziale per il successo del film in cui Steven Spielberg non aveva creduto, preferendogli A.I. Intelligenza Artificiale. Il regista se la cavò dicendo che fare Harry Potter sarebbe stato come «sparare ad anatre in un barile. È come fare una schiacciata. È proprio come ritirare un miliardo di dollari e metterli nel proprio conto bancario. Non c’è nessuna sfida».
Crediamo che se ne sia sempre pentito di non aver fatto quella schiacciata. E di aver sottovalutato quella sfida.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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