Ombre Rosse

Diario del coronavirus – Giorno 3

A scuola, gli italiani si sono sempre rifiutati di imparare a memoria gli spigoli del quadrilatero di Radetzky, le fortezze in cui gli austriaci tenevano acquartierati i loro soldati a guardia della provincia del Lombardo-Veneto. Il Risorgimento come argomento tirava poco. Tira molto di più adesso il coronavirus, perché i lati della zona rossa, Lodi, Codogno, Casalpusterlengo e Piacenza li imparano tutti subito. Mandati a memoria come le vecchie gloriose tabelline.

Checkpoint Padania

Checkpoint Padania

E’ qualcosa che in Italia non s’è più visto da dopo la seconda guerra mondiale. Una porzione del nostro territorio interdetta alla libera circolazione, con le vie d’accesso e di uscita chiuse, delimitata da posti di blocco armati. Di questi ultimi al massimo eravamo abituati a vederne qualcuno occasionalmente sulle nostre strade per controlli di routine o perché le forze dell’ordine cercavano qualcuno. Succedeva un po’ più di frequente negli anni di piombo, o in occasione di qualche catastrofe ambientale o per mano umana, tipo Seveso. No, stavolta è una cosa sistematica, manu militari e senza termine ne deroga. E’ il primo stato d’emergenza giuridico del dopoguerra, che va in deroga a diritti costituzionali dei cittadini. Neanche il terrorismo ci aveva portati a tanto. Ci mancano solo la legge marziale ed il coprifuoco, ma è ancora presto, il momento verrà semmai più avanti.

Xi Jinping a Wuhan

Xi Jinping a Wuhan

Per adesso, ai buontemponi che disattendono perché vogliono farsi la quarantena nella casa al mare o perché si sono già annoiati vengono inflitte sanzioni amministrative. La multa, l’unica cosa che tocca gli italiani in un punto vitale. E’ vero anche che sulla vicenda regna ancora in quel momento grande incertezza mediatica. Per non parlare di quella istituzionale. La Cina si è dichiarata ammorbata nella seconda metà di gennaio. In quei giorni il governo italiano ha rassicurato quasi con spavalderia che era «tutto sotto controllo». Il nostro paziente zero è stato accertato pochi giorni dopo, ai primi di febbraio, manco il tempo di dubitare se il premier Conte avesse appunto detto una delle sue solite freddure da salotto all’ora del te con le signore (qualcuno usa termini più forti, non da fascia protetta). Qualche virologo famoso da giorni sta dicendo che insomma, non sarà proprio come le altre influenze di stagione, può darsi che non ce la caviamo semplicemente chiudendo tutti i voli da e per la Cina. Il virus è stato isolato nel frattempo da alcuni dei nostri ricercatori più in gamba, quelli per capirci che se poi vogliono campare del loro lavoro devono andare a cercarselo all’estero. E’ il momento di cominciare a fare i tamponi. Che cominciano tra l’altro a mietere da subito vittime illustri.

GiuseppeConte200315-001L’opposizione fa eco alla medicina ufficiale chiedendo comunicazioni più esatte e scelte più conseguenziali. La maggioranza se la ride, gridando allo sciacallaggio da parte di Salvini & c. ed all’allarmismo di chiunque non faccia parte, appunto, della maggioranza. Mentre si istituisce la prima zona rossa, e siamo neanche alla fine di febbraio, la gente continua ad affollare gli stadi di tutta la penisola e le movide romane e milanesi. Su Codogno e dintorni cade una cortina di ferro come quella annunciata da Churchill a Fulton nel 1946. Solo che siamo sprovvisti di qualunque dottrina, non c’è un Truman a guidare la nostra riscossa. Nel resto d’Italia impazza il carnevale, e l’unica cosa che le nostre istituzioni stanno organizzando è un nuovo 8 settembre.

I medici e gli infermieri si organizzano intanto per conto loro, mentre la macchina burocratica si risolve a collo ancora decisamente torto a cercare di stargli dietro, tra normative e protocolli da aggiornare e forniture da reperire, dopo che quelle giacenti nei magazzini sono state spesso improvvidamente elargite ai cinesi o sono risultate comunque insufficienti. All’improvviso, durante le sue conferenze stampa all’ora in cui una volta la RAI trasmetteva Almanacco del Giorno Dopo, ci si accorge che Conte non ride più, si è levata dalla faccia quella espressione un po’ così che ha tenuto fino a quel momento, tra il serio ed il faceto.

Umberto Eco

Nel frattempo, la gente deve arrangiarsi con le informazioni che raccatta per conto proprio su internet. E come disse una volta Umberto Eco, questa non è una bella cosa. Pare che il web infatti abbia una naturale propensione a ordire complotti più che a smascherarli e a dare spazio a news che si rivelano spesso e volentieri fake. Il compianto professore alessandrino parlò esplicitamente di ricettacolo di imbecilli, la tentazione di citarlo letteralmente è irresistibile.

Complottismo, malattia senile del capitalismo. La gente al giorno d’oggi sta meglio, molto meglio di una volta, ha più tempo libero e nuove tecnologie con cui impiegarlo. Se legge una boiata su internet, cinque minuti dopo contribuisce a rimbalzarla in tutto il mondo. E di boiate, nei nostri magazzini mentali vuoti di nozioni e di senso critico così come quelli reali sono vuoti di presidi sanitari, cominciano ad accumularsene molte.

Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che la struttura molecolare del coronavirus rivela la sua nascita artificiale? Ecco che il web ha subito pronta la spiegazione: il virus è scappato da un laboratorio cinese, no, anzi, franco-cinese, no, anzi, sono stati gli americani a metterlo a punto e lanciarlo sulla Cina, sapendo che avrebbero preso due piccioni con una fava, Oriente ed Europa. C’è un complotto contro l’Italia, che firmando l’accordo per la Via della Seta sarebbe diventata una potenza economica mondiale. La Spectre ha reagito in modo micidiale. Dopo la Cina, il virus viene inoculato anche al nostro paese. Il paziente zero non è un signore che ha avuto con ogni probabilità a che fare incautamente con luoghi e persone appartenenti a quella parte cinese della nostra popolazione che fino a quel momento nessuno si è preso la briga di controllare, ma la vittima numero uno del grande complotto.

Il capo della Spectre?

Il capo della Spectre?

Basta così? Neanche per sogno, il piano diabolico dei perfidi americani non finisce qui. Ci sono 30.000 marines in arrivo in tutte le principali città di mare europee. Eccolo il piano di invasione! Lo sapevamo che il Grande Satana americano, il bieco Trump, aspettava l’arrivo del virus letale nel vecchio continente per impadronirsene! E, udite, udite! La prova che gli autori sono gli americani sapete qual è? I marines arrivano senza mascherine respiratorie! Prova che loro hanno già in corpo l’antidoto!

Come ci vedono i tedeschi?

Come ci vedono i tedeschi?

E cosa fanno le altrettanto bieche Francia e Germania mentre tutto ciò succede? Se la ridono, ci sfottono, rinfocolano vecchie spernacchiature ai nostri danni. I tedeschi che vantano l’ignobile primato del vero primo paziente zero, oltre a non controllare nessuno dei loro cittadini vanno in archivio a cercare la vecchia copertina di Der Spegel con gli spaghetti e la P38. I francesi? Mandano in onda lo spot sul pizzaiolo italiano che starnutisce sulla pizza, la nuova Margherita Corona. Gli italiani ci cascano, e ritorcono contro gli stramaledetti franco-tedeschi vecchi sfottò a proposito della mancanza di bidet nei bagni nord europei ed altre loro usanze poco igieniche a tavola e nei WC. Mussolini dovette arrampicarsi sul mito della vittoria mutilata nella Prima Guerra Mondiale per crearsi un consenso popolare tale da instaurare la sua ventennale dittatura. La sensazione è che al prossimo dittatore basterà molto meno.

Come ci vedono i francesi?

Come ci vedono i francesi?

C’è quel Conte, guardalo lì, con quel sorrisino impertinente, che alla fine di febbraio passa nell’arco di una nottata dal tutto sotto controllo alla zona rossa e a provvedimenti di tipo cinese. Il sospetto che non ce l’abbia raccontata tutta, non perlomeno come è stata raccontata a lui da chi sa e ha visto come stanno le cose, comincia a diventare legittimo anche a non essere complottisti. Stavolta almeno non si tratta di morbillo, ma di qualcosa che è oggettivamente più serio. I dati dell’OMS parlano di una sindrome virale che fa per ora meno vittime di qualunque altra epidemia scatenatasi dalle nostre parti negli ultimi cinquant’anni. E’ vero altresì che la sua aggressività, la sua virosi, è di gran lunga superiore. Sono i numeri dei contagiati, in prospettiva, a preoccupare. E la nostra capacita strutturale di risposta.

Chi sarà a ridere ultimo e a ridere bene?

Chi sarà a ridere ultimo e a ridere bene?

Castigo di un Dio ostile, della Natura che si ribella, esperimento mal riuscito del solito scienziato pazzo, malvagio e spettinato, sta di fatto che a più di un mese dalla sua comparsa sui mass media (sul pianeta chissà da quanto è che gira indisturbato) il coronavirus comincia ad essere preso sul serio anche in Italia. Perfino in Italia, viene da dire, anche se poi ad un certo punto sembra che gli unici a fare controlli seri siamo proprio noi. Ma a quel punto le strutture sanitarie della Lombardia sono già messe a dura prova, malgrado la zona del contagio sia ancora ristretta al Lodigiano. E allora? Dove sta la verità, qual è la realtà in mezzo a tutto questo bailamme mediatico?

La verità come sempre sta nel mezzo. Peccato che a quel punto nel mezzo ci siamo tutti noi.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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