Dovremo farci l’abitudine. God save the King. Dio salvi il Re, non più the Queen, la Regina che ha finalmente chiamato a sé, verosimilmente molto vicino a sé. La Regina che ha un posto nella storia e nella leggenda britannica, assieme all’altra Elisabetta, la prima del suo nome, ed a Victoria, l’ultima Imperatrice.
L’Arcivescovo di Canterbury si prende qualche secondo per accertarsi che la corona imperiale poggi con dignità sul capo di colui che è appena stato proclamato Sua Maestà. E poi la sua voce abituata a questi storici e stentorei annunci risuona sotto le volte dell’antica Abbazia di Edoardo il Confessore. Qui sono stati incoronati tutti i Re d’Inghilterra, a partire dal 1066. Qui comincia il regno di Carlo III. Un’altra storia, anche se negli occhi del sovrano traspare la commozione che deriva dalla consapevolezza di quella che si è da poco conclusa.
L’8 settembre scorso sua madre la Regina Elisabetta II gli ha passato la corona che viene custodita nella Torre di Londra, per essere sfoggiata dal legittimo possessore in tutte le occasioni ufficiali che la monarchia e la ragion di stato impongono. Da quel giorno di settembre del 2022, essa appartiene al suo figlio primogenito Carlo, per grazia di Dio. Oggi viene deposta sul suo capo, come terzo re del suo nome, per volontà della nazione.
E’ stato lungo il regno della regina dei record, ed è stata lunga, all’apparenza interminabile l’attesa del suo erede legittimo. 73 anni e 10 mesi, la più lunga della storia, non solo inglese. Charles Windsor principe del Galles era nato a Buckingham Palace il 14 novembre 1948. Londra era un cumulo di macerie a causa della guerra mondiale appena conclusasi. La corona britannica stava perdendo ad uno ad uno i suoi gioielli. Il piccolo primogenito di Elisabetta, battezzato dall’Arcivescovo di Canterbury, era destinato a regnare in un altro secolo, in un altro mondo, dopo la lunga epopea della madre.
La sua lunga e peraltro sempre dignitosa attesa, costellata dallo scetticismo di chi, a corte e nell’opinione pubblica lo vedeva come poco carismatico, dalla tragedia del matrimonio infelice con Lady Diana concluso da un inedito divorzio prima e dallo schianto nel tunnel parigino dell’Alma poi, al matrimonio successivo con Camilla Shand che soprattutto all’inizio aveva destato più di una perplessità (più per il confronto con la defunta Diana che per altri motivi, bisogna dire), per qualche motivo tutto ciò gli è valso poco rispetto, e frequente ironia.
Carlo era il re che non avrebbe mai regnato, schiacciato prima dalla personalità della madre (e del padre, il tedesco Philip di Edinburgo) e poi da quella del figlio, il glamour William figlio di Diana e sposo di Kate Middleton. A Carlo si chiedeva pubblicamente addirittura una abdicazione in favore di quel figlio che nei tratti ricorda così poco gli Windsor e così tanto la madre, colei di cui il Regno Unito è vedovo da più di vent’anni.
Di Carlo si apprezzava l’impegno sociale e culturale, ma poco altro. Fino alla sera dell’8 settembre. A Buckinghham Palace, Carlo ha raccolto con garbo innato la corona lasciata dalla madre esanime ed è diventato il terzo sovrano del suo nome, dopo i poco amati Stuart venuti dalla Scozia.
Il 14 novembre ha festeggiato il suo settantaquattresimo compleanno, il primo come Maestà della nazione britannica e del Commonwealth. Ed anche questo è un record.
Sia svergognato chi pensa male, come dice il motto dell’Ordine della Giarrettiera che i sovrani della Corte di San Giacomo presiedono da secoli. Il figlio di Elisabetta promette di somigliarle tanto, non solo nei tratti del volto. Per quanto tempo sarà, come ogni altra cosa è nelle mani di Dio.
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