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Florence Nightingale

Florence Nightngale

«Sono nata nell’anno 1820, nella città di Firenze, da una buona famiglia che però non era di qui».

Ecco, dovendo raccontare una vita che ha finito per assomigliare ad un romanzo, anzi, a più romanzi, si potrebbe cominciare così. Parafrasando il Daniel Defoe di Robinson Crusoe, il padre di tutti i romanzi.

Una buona famiglia che si trovava a Firenze, ma non era di Firenze, anzi, non era nemmeno italiana. Alla bambina che nacque il 12 maggio 1820 nella Villa La Colombaia, che si trova ancora oggi sulle colline di Marignolle che racchiudono dolcemente il capoluogo toscano sul suo lato sud, fu messo nome Florence, nella sua lingua natale, l’inglese.

Villa La Colombaia – Firenze

Erano gli anni in cui l’Europa si riprendeva dalle guerre napoleoniche, curandosi ferite profonde e preparandosi a subirne altre in un non lontano futuro. L’aristocrazia e l’alta borghesia britanniche avevano ripreso il loro passatempo prediletto: il Grand Tour europeo che aveva una tappa obbligata nelle più belle e famose città della penisola italiana.

Molti di questi inglesi, una volta arrivati qui, finivano per stabilircisi se non per sempre almeno per lunghi periodi. Artisti come Byron, o professionisti come William Edward Shore, stimato medico considerato all’epoca un pioniere della moderna epidemiologia, la scienza che si occupava e si occupa di dare un senso alle modalità con cui si diffondevano tra la popolazione comune malanni vari fino a poco tempo prima considerati incurabili e dalle conseguenze devastanti, nonché di individuare i mezzi con cui vi si poteva e vi si può far fronte.

La targa ricordo a Villa La Colombaia

Shore aveva sposato Frances Fanny Smith, che discendeva da William Smith, pioniere dell’abolizionismo della schiavitù, che a sua volta aveva sposato Mary Evans, nipote di un latifondista del Buckinghamsgìhire, contea sita a nordovest di Londra. Tale Peter Nightinghaleaveva costruito la residenza di famiglia e per le vie traverse dell’anagrafe del tempo finì per dare il proprio cognome a tutta la famiglia. Comprese le ultime nate, la piccola Florence e la sorellina che le nacque qualche anno dopo a Napoli, e che ebbe nome – manco a dirlo – Parthenope.

Tornata in patria, la giovane Florence – come molte delle donne e anche degli uomini a cui il suo esempio avrebbe valso la presa di coscienza della via da percorrere nella propria esistenza – scoprì già nell’adolescenza quella che avrebbe definito senza mezzi termini «la sua vocazione».

A quel tempo, in ogni famiglia nobile o plebea, inglese o d’altra nazionalità, alle giovani donne non era richiesto altro che di conseguire una modesta istruzione di base tale da consentire l’apprendimento della cosiddetta economia domestica, e poi di trovarsi un buon partito come marito o di accettare quello trovato loro dai genitori. La famiglia Nightingale non faceva eccezione, e ben presto si delineò un forte scontro di caratteri tra la giovane Florence e sua madre Fanny, determinata a che la figlia si rassegnasse a prendere il posto in società che le era destinato: moglie e madre, così era da tempo immemorabile e così sarebbe stato anche per la nuova generazione di Nightingale.

Fanny era destinata a soccombere, il carattere più forte non si sarebbe rivelato il suo. Profondamente cristiana ma altrettanto profondamente consapevole del suo senso di indipendenza che la portava a rifiutare per sé in quanto donna qualsiasi ruolo preconfezionato, Florence Nightingale rifiutò ogni pretendente (a cominciare dal facoltoso lord Houghton che era destinato a diventare il suo principale sostenitore) e abbracciò quella che lei stessa avrebbe trasformato da vocazione in professione.

Negli anni della sua adolescenza, malgrado l’Europa vivesse un insolitamente lungo periodo di pace, il leone britannico era stato impegnato nelle sue guerre di conquista un po’ in tutto il mondo, e le sue giubbe rosse spesso erano ritornate in patria ridotte a mal partito. In più, le condizioni di vita della povera gente cominciavano ad essere percepite come un problema sociale. Esistevano degli ambulatori che si occupavano di feriti, malati e malridotti, in essi prestavano servizio delle nurses, in italiano infermiere, che erano poco più che donne volenterose o – come si riteneva all’epoca e spesso di fatto succedeva – donne tolte dalla strada e dedicate a prendersi cura del prossimo in un modo più accettabile.

Quella di infermiera era considerata all’epoca una attività socialmente poco raccomandabile ed assai male reputata, confinante con il mestiere più antico del mondo dalle cui fila peraltro nei secoli precedenti aveva quasi esclusivamente attinto il personale. Alla giovane Nightingale, che già nei suoi scritti degli esordi mostrava sintomi evidenti di protofemminismo, ripugnava essere oggetto di una simile considerazione, quasi quanto il dover esercitare quella che lei intendeva come una professione (e che un giorno grazie a lei sarebbe stata consacrata come tale) in condizioni di assoluta mancanza di metodo e di scientificità.

GuerraCrimea200324-002La Guerra di Crimea fu per gli uomini dell’Ottocento il motore di tante cose. Per noi italiani fu l’occasione di riprendere il discorso risorgimentale, alleandoci alla Francia che aveva dichiarato guerra alla Russia portandosi dietro Gran Bretagna e Impero Ottomano. Per i patrioti europei fu l’occasione di mettere definitivamente in crisi l’assetto del Congresso di Vienna, già intaccato dai moti del 1848. Per la gioventù continentale fu la prima grossa carneficina, il primo bagno di sangue di notevoli dimensioni dal tempo di Napoleone.

Quando partì per la Crimea, Florence Nightingale aveva già messo a segno alcuni importanti successi. Aveva convinto la sua famiglia a lasciarla fare ed a sostenerla, il padre le aveva assegnato una rendita annua grazie alla quale Florence aveva potuto istruirsi e formarsi nel campo che le interessava, cominciando tra l’altro a viaggiare per l’Europa ed a visitare strutture ospedaliere. Aveva cominciato inoltre a farsi un nome nella high society inglese non soltanto per essere la figlia di sir Will Nightingale.

Fortificazioni a Sebastopol, la prima guerra di trincea della storia moderna

Fortificazioni a Sebastopol, la prima guerra di trincea della storia moderna

Lo scoppio della guerra la sorprese mentre era sovrintendente all’Institute for the Care of Sick Gentlewomen di Londra. Il 21 ottobre 1854 partì per la Crimea con 38 infermiere da lei personalmente addestrate, dando inizio al secondo romanzo della sua vita. Da Scutari, il sobborgo di Istanbul dove era stato aperto l’ospedale da campo delle truppe inglesi ed alleate, Florence Nightingale sarebbe ritornata in patria come una delle grandi eroine inglesi. Di più, come una benefattrice dell’intera umanità.

La guerra che sarebbe passata alla storia come quella dell’eroica, tragica e futile impresa dei Seicento a Balaklava, in realtà fu la guerra con la quale Florence Nightingale vinse la sua battaglia per sé e per le generazioni a venire. Con il suo temperamento determinato, indomabile, Florence affrontò la sua piccola grande guerra con le autorità militari a viso aperto. All’ospedale militare allestito nella caserma Selimiye di Scutari, Florence Nightingale e le sue infermiere scoprirono che i soldati feriti erano mal curati, nell’indifferenza di quelle autorità. Il personale medico era sovraccarico, le medicine erano scarse, l’igiene trascurata, le infezioni di massa comuni e spesso fatali, la cucina non attrezzata adeguatamente.

Florence Nightngale, la Signora della Lampada

Nonostante qualche resistenza da parte dei medici, le infermiere istruite da Florence pulirono a fondo l’ospedale e gli strumenti e riorganizzarono l’assistenza. Ma la mortalità ancora non diminuiva. Essendo dovuta solo per un 10% alle ferite, essa dipendeva – secondo la teoria che la Nightingale stava mettendo appunto avvalendosi dell’esperienza sul campo – dal sovraffollamento, dalla mancanza di ventilazione e dalle carenze del sistema fognario. Tanto fece, Florence ottenne nel marzo 1855, pochi mesi dopo il suo arrivo, l’ispezione di una commissione sanitaria inviata apposta dall’Inghilterra. La quale venne, vide ed approvò. La mortalità si ridusse drasticamente.

Era nata la moderna scienza infermieristica. Era nato il mito di Florence Nightingale, che nell’iconografia romantica ottocentesca tutti cominciarono ad identificare con il celebre nickname The Lady with the Lamp, la Signora con la Lampada. Fu il Times di Londra a battezzarla con questo appellativo: «When all the medical officers have retired for the night (…) she may be observed alone, with a little lamp in her hand, making her solitary rounds».

Molto di più valse però la sua relazione alla Royal Commission on the Health of the Army. La base della moderna teoria del nursing, da cui inizia da allora la formazione di generazioni di infermieri. Cinque sono i requisiti essenziali che un ambiente deve possedere per essere salubre: aria pulita, acqua pura, sistema fognario efficiente, pulizia, luce. Vanno aggiunti anche requisiti come silenzio, calore e dieta, non essenziali, ma di grande aiuto. Sembra tutto ovvio, a leggerlo oggi. Ai tempi di Florence la gente ancora era restia a smettere di pensare alle malattie, epidemie ed infezioni come opera del Diavolo o castigo di Dio.

Vittoria Regina (24 maggio 1819 – 22 gennaio 1901)

Tornò a Londra come una vera e propria eroina. E non si smentì neanche in quella occasione. Affetta da febbre maltese (l’odierna brucellosi, contratta in Crimea), si autodispose in quarantena rifiutando qualsiasi occasione mondana, a cominciare da quella offertale dalla regina Vittoria che voleva assolutamente incontrarla e tributarle gli onori del caso. Si accontentò di diventare il verbo vivente per medici e infermieri di tutto il Regno e anche dei cugini Stati Uniti, che sarebbero stati di lì a poco travolti dalla loro sanguinosa Guerra Civile. Non ammessa a far parte formalmente di organismi, commissioni, istituzioni l’accesso ai quali era riservato soltanto ai maschi, si tolse ben presto la soddisfazione di veder pendere tutti quei maschi in camice bianco dalle sue labbra.

FlorenceNightingale200324-004Il resto è ormai storia ufficiale, della sua vita e di una professione di cui il mondo da quel momento non ha più saputo e potuto fare a meno. L’ultimo romanzo della sua vita, quello degli anni del successo e della rispettabilità, si concluse con la sua morte, il 13 agosto 1910. Nove anni dopo la regina Vittoria, con la quale aveva combattuto (vincendo) quanto a longevità. Due anni dopo che il figlio di lei Edoardo VII ne aveva fatto la prima donna nella storia d’Inghilterra a ricevere l’Ordine al Merito, l’onorificenza concessa dalla Corona per meriti speciali nel campo scientifico, artistico, letterario, militare e culturale.

La famiglia onorò il suo carattere ed il suo intelletto un’ultima volta, rifiutando quella sepoltura nell’Abbazia di Westminster che pure le sarebbe spettata in quanto eroina della storia inglese. Di lei rimangono tre monumenti, la tomba di famiglia nella quale effettivamente riposa a Wellow Church, nello Hampshire, quello nella torre nord della caserma di Selimiye a Istanbul e quello nella Basilica di Santa Croce a Firenze, nella città dove la figlia del dottor Will Nightingale aveva aperto gli occhi alla vita novant’anni prima.

Di lei rimane soprattutto un quarto monumento, assai più importante. Quel libretto di 136 pagine nell’edizione originale intitolato Notes on nursing. Come successo con la Bibbia di Gutenberg, il mondo non sarebbe stato più lo stesso dopo la sua uscita.

Una rara foto di Florence Nightingale circondata dalle "sue" infermiere al St. Thomas Hospital di Londra

Una rara foto di Florence Nightingale circondata dalle “sue” infermiere al St. Thomas Hospital di Londra

C’é un motivo per cui la Giornata Mondiale dell’Infermiere si celebra il 12 maggio di ogni anno, ed é lo stesso per cui volevamo raccontarvi questa storia. L’altro motivo lo avete sotto gli occhi tutti i giorni, in questo momento più che mai. Il prossimo 12 maggio nessuno forse avrà il tempo ed il modo di celebrare quella Giornata, men che meno gli addetti ai lavori, ma tanto li avremo ringraziati abbondantemente ogni giorno, ogni momento. Le signore ed i signori con la lampada. Coloro che in ognuna di queste notti piene di paura avranno continuato a girare con quel lumino in mano attorno ai nostri letti. Quando ogni altra figura se ne sarà andata da tempo.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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