Il successore di De Nicola fu il giornalista economista Luigi Einaudi, ordinario di Scienza delle Finanze all’Università di Torino. La DC che nel 1948 subiva la fortissima e indiscussa leadership di De Gasperi ed il candidato prescelto che per i suoi trascorsi filo-socialisti turatiani era ben visto dal Fronte Popolare socialcomunista consentirono l’elezione di Einaudi al quarto scrutinio. Era comparso il fenomeno dei franchi tiratori, che avrebbe funestato le elezioni successive, ma si trattò ancora di un fenomeno circoscritto.
Luigi Einaudi era un economista liberal, non certo un keynesiano. Lo Stato doveva rimanere fuori dell’economia, della sua collaborazione con la rivista Critica Sociale di Filippo Turati era rimasto poco o nulla all’epoca della sua maturità politica e della sua presidenza. Il suo liberismo esaltava l’iniziativa privata, e andava a pennello per un paese che doveva affrontare il problema della Ricostruzione. La sua frase storica, “I guai cominciano quando si spende una lira in più di quello che si guadagna”, dettò anche un modello di comportamento per Governo e Pubblica Amministrazione che non sarebbe stato destinato ad avere seguito negli anni a venire.
Nel 1955, non c’era più De Gasperi al timone della Democrazia Cristiana, ma bensì l’enfant prodige dell’epoca, Amintore Fanfani, esponente della corrente di sinistra. E dalla sinistra DC andò a pescare il candidato presidente. Giovanni Gronchi era uno che veniva da lontano. Toscano di Pontedera, era stato esponente di spicco del partito Popolare di Don Sturzo, uno dei triumviri che resse il partito dopo che il prete scomodo fu costretto alle dimissioni dal Vaticano. Partecipò all’Aventino e fu dichiarato decaduto da parlamentare dalle leggi fascistissime.
Nel 1942 fu tra i partecipanti agli incontri segreti da cui prese il via la Democrazia Cristiana, di cui fu esponente all’Assemblea Costituente. Fu Presidente della Camera dei Deputati, e alla metà degli anni cinquanta era un esponente di spicco di quella corrente DC che guardava con antipatia agli alleati americani e con simpatia al PSI, che si cercava di separare dai compagni comunisti in un’ottica già proiettata verso il centrosinistra.
Gronchi fu eletto al quarto scrutinio, e fu il presidente dell’Italia che si avviava verso il boom economico. Giovanni al Quirinale, e Giovanni (XXIII) in Vaticano assicurarono all’Italia un periodo in cui speranza e fiducia sembravano aprire orizzonti assai rosei. L’idillio era tuttavia destinato a finire presto. Il Presidente Gronchi venne ben presto chiacchierato per sue presunte partecipazioni ad affari economici da cui la sua alta carica avrebbe dovuto tenersi fuori, e per un atteggiamento complessivo a volte fin troppo disinvolto.
Ma soprattutto, il centrosinistra si dimostrò un affare molto più complicato del previsto da condurre in porto, non solo per le resistenze americane, ma anche per quelle interne. Nel 1960 incaricò del governo uno dei suoi DC di sinistra, Fernando Tambroni, che nella situazione conflittuale che viveva il partito in quel momento non trovò di meglio che andare a cercare i voti necessari per la maggioranza a destra, in quel M.S.I. che aveva raccolto l’eredità fascista di Salò. Gli scontri violenti che ne seguirono in tutta Italia furono la pietra tombale sulle ambizioni di rielezione di Gronchi, che nel 1962 raccolse i voti soltanto di pochi franchi tiratori.
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