Sono passati 41 anni dalla pubblicazione del best seller di Stephen King. 38 dall’uscita nelle sale cinematografiche del film capolavoro che Stanley Kubrick riuscì a tirar fuori – evento abbastanza raro – da un libro capolavoro a sua volta.
Il miglior horror di tutti i tempi, forse sì, stavolta non è un’iperbole. Il crescendo terrificante della follia di Jack Torrance alimentata dalla solitudine dell’Overlook Hotel, sotto gli occhi esterrefatti e terrorizzati della moglie Wendy e del figlio Danny (il bimbo biondo che in sequenze memorabili corre per i corridoi dell’hotel con il suo triciclo dando libero sfogo al suo shining (*), la sua luccicanza) terrorizzò davvero i ragazzi del 1980. Come, forse, tra tutti i film horror o presunti tali degli anni a venire solo Il silenzio degli innocenti avrebbe saputo fare in seguito.
Come libro non è forse il miglior Stephen King, anche se è uno dei migliori. It, Cuori in Atlantide e Stagioni diverse gli stanno probabilmente sopra, anche narrativamente parlando perché lo spaccato che offrono di una certa America in un certo periodo è impagabile. Ma come film siano ai massimi vertici. Anche perché Jack Nicholson ci mise – e continua a metterci – del suo. Come più tardi ad Anthony Hopkins nei panni del dottor Hannibal Lecter, bastava – e basta tutt’ora – un primo piano della sua faccia impercettibilmente e sinistramente stravolta per ammutolire una platea, o una famiglia riunita sul divano.
Molti libri di King sono autobiografici, in tutto o in parte. In The Shining si ritrova il tema del rapporto (difficile) tra genitori e figli. King perse il padre all’età di due anni, uscì a fare una passeggiata e non fece più ritorno. Pare fosse malato di depressione post-bellica, era l’anno 1949. Un tema trattato anche nel racconto Stand by me – Ricordo di un’estate, che dà inoltre il titolo all’omonima raccolta (in italiano appunto Stagioni diverse) e da cui è stato tratto un altro film assai suggestivo.
Altri temi, la dipendenza dall’alcool ed il blocco dello scrittore. E poi, quella luccicanza…. il lato oscuro ed inesplorato della nostra mente, ripreso, tra l’altro, nella Zona morta e nella Metà oscura, oltre che nel sequel pubblicato a distanza di 36 anni, Doctor Sleep.
La scena più inquietante, più agghiacciante, più horror? Sicuramente l’ultima, con la macchina da presa che stringe su una foto ingiallita degli Anni Venti, per ingrandire e svelare l’identità di una delle persone immortalate: il volto inconfondibile, ineguagliabile, quasi amabilmente insopportabile di Jack Nicholson.
(*) Il titolo è stato preso da una canzone di John Lennon, Instant Karma!. Nella canzone si dice We all shine on. Pare che King volesse chiamare il libro The Shine, ma lo cambiò in The Shining quando scoprì che Shine (chiaro) era usato anche come termine dispregiativo nei confronti della gente di colore.
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