Ombre Rosse

Malasanità

Parla Londra. Trasmissione destinata alle forze combattenti nelle zone occupate.

Alcuni messaggi in codice:

Il Morra grillino è senz’altro un cretino

Se interviene Mattarella, l’ammucchiata si fa bella

Il cane non vuole più uscire a passeggio

Il gatto vuole libero il divano

Il bambino vuole tornare a scuola

Il nonno, perdoni, si è rotto i coglioni

Harold Stevens, il colonnello Buonasera

Harold Stevens, il colonnello Buonasera

Buongiorno italiani, è il vostro colonnello Stevens che vi parla da Londra. E oggi non avrà parole confortanti per voi.

Oggi si parla di sanità. E di chi è nato prima tra l’uovo e la gallina. E’ essa la causa primaria dei vostri mali, o viceversa è essa così mal ridotta a causa vostra?

C’é un vecchio proverbio che in italiano suona così: chi è causa del suo mal pianga se stesso. In inglese, noi diciamo: As you make your bed, so you must lie in it (Così come rifai il tuo letto, poi devi anche dormirci). Il vostro Dante dice all’Inferno: «credo ch’un spirto del mio sangue pianga la colpa che là giù cotanto costa» (e non è un caso che si trovi a Malebolge, nel girone dei falsari e dei seminatori di discordie).

Il vostro servizio sanitario nazionale, che per una breve stagione negli anni settanta aveva fatto così ben sperare tanto da porsi come modello alle altre nazioni europee, è presto degenerato sotto gli effetti della sbornia aziendalista e della sua trasformazione in business a cui attingono tutti, grandi e piccoli, politici, manager, addetti ai lavori e cittadini. O perlomeno era così fino a poco fa, perché adesso, a forza di tagliare strutture e servizi per far fronte alla sempre più spaventosa voragine dei conti pubblici, va a finire che non vi attinge più nessuno, né in termini di guadagno né in termini di servizi resi.

prontosoccorso201120-001Il vostro governo vi ha messi a casa perché è molto più facile – alla prova dei fatti – tenere sotto controllo di polizia sessanta milioni di individui che non fanno una collettività e non sono mai stati abituati a ribellarsi piuttosto che organizzare per lavorare meglio 700.000 (*) persone circa e soprattutto il sistema che le impiega.

Di qui, e di nuovo, la domanda: è la vostra sanità che è così per colpa vostra, o voi siete così per colpa della vostra sanità? Non è una disputa medioevale di quelle che andavano tanto di moda alla Sorbona di Parigi al tempo di San Domenico e di San Tommaso. E’ un dibattito quanto mai di attualità. Nel frattempo, in attesa di risolvere la vexata quaestio o comunque della prossima disgrazia che il governo potrà usare contro i suoi cittadini (che comunque glielo consentono sempre), voi state di nuovo a casa.

State a casa perché dopo una estate che qualcuno vi accusa di aver trascorso come la cicala della celebre favola di Esopo, avete scoperto che nel frattempo la formica non aveva fatto niente. Ma proprio niente, se non far finta di discutere tra maggioranza e opposizione altrettanto evanescenti, e concedere bonus economici a quisquilie oltraggiose.

Siete a casa perché non appena i reparti ospedalieri superstiti della spending review hanno cominciato a riempirsi di nuovo (perché i medici di base, se esistono ancora, spediscono anche un positivo a zero sintomi o anche un 37 e 2 ai pronti soccorsi, che non hanno a loro volta reparti di cure intermedie a cui dirottarli), medici ed infermieri hanno cominciato a strillare come poiane invocando un nuovo lockdown. Altrimenti, è il mantra, non ce la fanno.

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E perché non ce la fanno? In parte perché sono pochi e con poche strutture a disposizione, ed il perché ci riporta ai tagli di cui sopra. In parte perché è d’uso lamentarsi, nel vostro paese. E’ vero, alcuni – nelle zone veramente rosse o comunque di prima linea – lavorano anche 12 ore al giorno per 12 giorni consecutivi (ma lo fanno anche gli addetti alla protezione civile, spesso e volentieri, e – bisogna dire – con meno lamentele). Alcuni pazienti muoiono tra le loro braccia, e non è piacevole. I letti (quei pochi) sono tutti occupati, stravolgendo il normale e normativo rapporto tra infermieri e pazienti.

Tutto ciò è vero, come è vero che c’é un coronavirus in giro per le nostre contrade. Nessuno lo nega. Ma per il resto, sono tutti aspetti connessi alla professione. Fa parte del gioco, se mi passate il termine che può sembrare poco rispettoso. Fa parte di un mestiere per cui da sempre si dice che bisogna essere portati, avere la vocazione. Altrimenti – si dice da sempre – è meglio andare a farne altri. E comunque non assumere atteggiamenti come quelli, pessimi, che si riscontrano in questi giorni tra tanti addetti ai lavori.

Siamo stati tra i primi, da questa emittente, a parlare di infermieri e medici come di una categoria verso cui abbiamo un debito sociale, e non da quest’anno. Il grazie di esistere di marzo, lo ribadiamo a novembre. Così come ribadiamo che, se i medici sono comunque pagati ad abundantiam per il lavoro che fanno, agli infermieri dovrebbe essere riconosciuta una gratifica ben superiore, sia in termini di remunerazione che di riconoscimenti giuridici e professionali.

Covid19201120-001Detto tutto ciò, non è bello trovare a giro per i social network roba come quella nella foto accanto. Amico mio, medico, infermiere o quello che sei, se io vengo in ospedale tu mi curi e basta. Anche perché io ti ho già pagato in anticipo perché tu lo faccia (tanto o poco, come detto sopra, è un altro discorso). Lascia perdere in cosa credo, tu mi curi e basta, e se non te la senti lo lasci tu il posto a chi ci crede. A chi è portato per farlo. A chi lo fa e basta, e non si lamenta.

Robaccia come questa offende i cittadini, che hanno diritto di pensarla come diamine vogliono senza sentirsi chiamare con quel termine obbrobrioso e offensivo, negazionisti, e non sono tenuti a firmare liberatorie a chicchessia. Ma offende soprattutto la professione. Florence Nightingale, quando girava la notte per l’ospedale di Istanbul con la lampada in mano e quei rudimenti della sua scienza che con fatica e ingegno stava mettendo insieme, non chiedeva a feriti e pazienti di firmare niente, né tantomeno come la pensassero su questo e su quello. Faceva il suo dovere e basta.

Perché il vostro, cari dottori e infermieri, è un dovere. E ve ne sareste dovuti ricordare fin da quando i politicanti ed i burocrati vi tagliavano i servizi da sotto il sedere. E li tagliavano ai cittadini che ne hanno colpa esattamente quanto voi, per non aver fatto nulla per impedirlo. Ma era troppo scomodo, per l’addetto ai lavori come per l’utente, esporsi ed opporsi. Si rischiavano da un lato carriere, benefits e privilegi. Si rischiava dall’altro di indisporre il medico che ti doveva curare, o l’infermiere che ti doveva medicare. Si rischiava, e con la poca lungimiranza di un popolo che in realtà è una accozzaglia di individualità ripiegate su se stesse, nessuno ha osato.

Florence Nightngale

Adesso siete tutti a casa, ed il mantra successivo è che ci resterete fino al vaccino. Parliamone. Per chi è addentro alle sanitarie cose, non è un mistero che la prassi e la norma prevedono che un vaccino entri in commercio almeno tre anni dopo l’inizio dei test di efficacia e di assenza di effetti collaterali. Funzona così, da voi, da noi, dovunque nel mondo cosiddetto civile. La vostra AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, di norma non autorizza un medicinale, quale che sia, a scorciare i tempi. Se si comporta così, è a tutela della vostra salute, prima ancora che dei vostri portafogli. Big Pharma preme, la Sanità – almeno finora – resiste e ottempera alle leggi.

Ma negli ultimi anni ci siamo abituati a cercare nel vaccino in quanto tale la panacea di tutti i mali. Meningite, morbillo, e un’altra dozzina di patologie vengono affrontate fin dalla tenerissima età dei cittadini inoculando loro sostanze che dovrebbero sostituirsi alla natura. Non lo fanno, non possono farlo. Da che mondo è mondo, la natura ci manda i virus e il nostro organismo risponde sconfiggendoli e fortificandosi. Nel ventunesimo secolo tuttavia si pretende di fare a meno di questa dinamica e di ovviare con una medicina che assomiglia più a quella di Frankenstein che a quella di Ippocrate.

La campagna anti-influenzale della Toscana. Ironia della sorte, il vaccino in molti casi non si trova.

La campagna anti-influenzale della Regione Toscana. Ironia della sorte, il vaccino in molti casi non si trova.

Diffidate da chi vi si avvicina con una siringa in mano. Dentro di essa c’é qualcosa che, ad andar bene, viene spacciato come un succedaneo del principio naturale di azione e di reazione. Nel peggiore dei casi ci può essere qualcosa che sul momento vi risolve un problema ma a scadenza più lunga ve ne crea chissà quali altri.

Nessuno discute i vaccini degli anni sessanta. Poliomielite, difterite, vaiolo, tetano, erano malattie orrende e le abbiamo debellate grazie a scienziati di avanguardia ed ai loro ritrovati. Ma tirarne fuori un comune denominatore come vorrebbe la scienza antidemocratica di Beatrice Lorenzin, quello no, non va bene. E ve lo dirà prima o poi il vostro organismo, piuttosto che il parere a gettone di un qualsiasi virologo televisivo.

vaccino201120-001Aspettare il vaccino contro il Covid19 può rivelarsi una pia illusione, allo stato dell’arte attuale. Oppure un rischio per nulla calcolato. Fa parte di quell’atteggiamento con cui un sistema gravemente ed endemicamente malato come quello sanitario ed un apparato che ci sta sopra come l’attinia con il paguro come quello politico, pretendono di scaricare su di voi cittadini le loro manchevolezze. E confidano sulla vostra acquiescenza, che tra l’altro consentirebbe ai soliti noti di fare dei bei soldoni, la prossima primavera. Vi siete chiesti perché a Bruxelles già firmano contratti miliardari per un qualcosa che è ben al di là da venire?

Ci siamo dilungati, oggi, ma la vostra è davvero una malasanità, più di altre che pure vengono messe alla prova in questi giorni, in Europa e nel mondo. E tuttavia nessuno, negli altri paesi, si sente dire dai suoi governanti che bisogna rinunciare al Natale per – forse – fare almeno la Pasqua.

See you, italians, as soon as possible.

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(*) Ad oggi in Italia ci sono 403.454 medici e 259.713 infermieri, 6.707 infermieri pediatrici e 10.296 ostetriche

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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