Monumento ai caduti di Monongah provenienti da Torella del Sannio (CB), presso l’omonima cittadina
Il 6 dicembre 1907 a Monongah, West Virginia, esplode la locale miniera di carbone, provocando il più grave disastro minerario della storia degli Stati Uniti e nello stesso tempo dell’emigrazione italiana. Nelle gallerie di Monongah muoiono 171 immigrati di origine molisana, calabrese, abruzzese, su un totale di vittime accertate di 362 tra minatori e abitanti della cittadina. Si tratta di cifre uficiali, perché in realtà successive ricostruzioni e inchieste arriveranno a stabilire il numero delle vittime in circa un migliaio, un terzo della popolazione complessiva di Monongah.
Le inchieste non arrivano a stabilire le cause dell’esplosione, ascritte genericamente a fattori ignoti, cosicché la compagnia mineraria – la Fairmont Coal Company di Baltimora – non è ritenuta responsabile del disastro e non le viene imputato alcun risarcimento da corrispondere alle famiglie delle vittime. A ciò sopperiscono tutti i maggiori quotidiani statunitensi che nella raccolta fondi avviata allo scopo racimolano 150.000 dollari. Viene stabilito che ad ogni vedova siano attribuiti 200 dollari e 155 ad ogni orfano minore di 16 anni. Non risulta che il Governo italiano dell’epoca, presieduto da Giovanni Giolitti, abbia erogato fondi ai parenti delle vittime.
Monongah, come detto, è il più grave disastro dell’emigrazione italiana della storia, seguito al secondo posto da quello di Dawson, New Mexico, avvenuto il 22 ottobre 1913 a spese di 146 italiani su 263 vittime complessive, e di Marcinelle, in Belgio, dove i nostri connazionali morti saranno 136 su un totale di 272 vittime.
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