«E’ difficile mettersi nei panni di un altro, ognuno ha il suo orologio, sono cose personali e ogni pilota sente se è giunto il tempo di smettere». E’ il commento di Valentino Rossi al fatto del giorno. Non è un fatto da poco. Da qualche minuto, Jorge Lorenzo Guerrero, detto el Martillo, ha concluso a Valencia la sua conferenza stampa, nella quale ha annunciato il ritiro dalle corse a fine stagione. Cioé a partire da lunedì. Vale dice che non lo sapeva, ma che se lo aspettava. E il suo commento è giustamente velato di tristezza. «Peccato che finisca la carriera così (…) abbiamo lottato tante volte, siamo stati compagni di squadra per molto tempo, tra alti e bassi. Gli auguro un grande in bocca al lupo per il futuro».
Ha ragione Rossi, e il succo è tutto in quel peccato. Comunque vada il suo prosieguo di carriera, anche per Valentino si chiude un’epoca. Come McEnroe senza Borg, come Coppi senza Bartali, come Lauda senza Hunt, Rossi senza Lorenzo è da chiedersi che cosa sarà. Forse più niente, perché quando se ne va il tuo più grande avversario (Marquez è di un’altra epoca, gioca ad un altro sport, vive su altri pianeti) se ne va la parte più importante di te. Te ne vai anche tu, in un modo o nell’altro.
E’ commosso, Jorge, mentre annuncia la sua decisione nella conferenza che Valentino non ha seguito. «Significa molto avervi tutti qui. Ci sono quattro cose importanti nella vita di un pilota: l’inizio, la prima vittoria, il primo mondiale e il ritiro». Il suo magone è visibile, ma il numero 99 non si ferma, e completa come sempre tutti i giri, fino all’ultimo, ripercorrendo il circuito della sua carriera e della sua vita.
«Tutto è iniziato quando avevo tre anni e ora sono quasi trent’anni che mi sono dedicato al motociclismo. Le persone che hanno lavorato con me sanno che sono un perfezionista, con quanta passione ho sempre lavorato, per questo dopo nove anni in Yamaha, che sono stati i più belli della mia carriera, ho sentito di aver bisogno di un cambiamento per avere nuove motivazioni, e sono passato in Ducati e ho raggiunto nuove vittorie (…) Sono passato in Honda, ho raggiunto il sogno di tanti piloti di essere primo pilota. Ho iniziato subito ad avere un ruolo importante. Non sono stato nelle condizioni fisiche giuste per essere competitivo e non ho mai sentito la moto adatta al mio stile, ma non ho mai perso la pazienza, ho continuato a lavorare, ho aspettato. Non ho mai perso la pazienza e ho pensato che le cose sarebbero andate a posto. Poi ho visto un po’ di luce alla fine del tunnel ma ho avuto un brutto incidente a Montmelò e dopo qualche giorno un’altra caduta».
Eccolo il motivo della scelta, il rintocco di quell’orologio di cui parla Valentino. «Mentre rotolavo sull’asfalto ho pensato: ne vale davvero la pena, dopo tutto quello che ho avuto, continuare a soffrire? Sono tornato a casa e ho deciso di provarci ancora, non volevo prendere così in fretta la decisione. La verità è che la strada è stata così in salita che non ho trovato la motivazione e la pazienza per scalare questa montagna. Era diventato impossibile trovare ancora le motivazioni giuste, l’obiettivo non era realizzabile in poco tempo. Mi dispiace per Honda».
Standing ovation dei presenti, colleghi ed amici. Un campione che rivela in pubblico i suoi momenti di difficoltà, di debolezza, prende spesso addirittura più applausi di quanti ne ha avuti nel momento dei suoi trionfi, ed è giusto così. Sono i momenti in cui dimostri di essere veramente un uomo, oltre che un fuoriclasse. Quelle due cadute a Montmelò e ad Assen, la seconda al prezzo di una vertebra fratturata e del rischio di rimanere paralizzato, hanno richiamato ai box questo ragazzo di 32 anni e hanno convinto l’uomo che c’é ancora una vita da vivere davanti a lui, e la salute per poterlo fare.
Chissà se la Federazione Internazionale ritirerà questo numero 99 che Jorge si era scelto una decina di anni fa, alla vigilia della sua prima vittoria iridata nel Motomondiale, abbandonando il 48 con cui aveva esordito nelle categorie inferiori. Maiorchino come Rafa Nadal, aveva 15 anni quando ottenne il permesso di partecipare alla sua prima corsa, a Jerez de la Frontera, il giorno del suo compleanno, il 4 maggio 2002. 15 anni era il minimo di età consentito, e Jorge divenne il più giovane di sempre ad aver esordito in MotoGp. Ne aveva 16 quando vinse la sua prima gara in Brasile, in 125. E 19 quando vinse il suo primo mondiale, in 250. Bissò l’anno dopo, prima di passare nella massima categoria. La Yamaha lo affiancò a Valentino Rossi, che all’inizio se lo lasciò dietro vincendo nel 2008 e 2009 quelli che a tutt’oggi sono i suoi ultimi titoli iridati. Nel 2010 venne il momento di Lorenzo, che si riconfermò poi nel 2012 e soprattutto nel 2015, in quella stagione emozionante e drammatica conclusasi all’ultima corsa (a Valencia come stavolta), dove Jorge finì avanti a Vale di appena 5 punti al termine delle vicende sportive e disciplinari che tutti ricordano.
Quel campionato è rimasto come una lente deformante nella visuale dei tifosi italiani, che hanno da allora percepito Lorenzo come un avversario, un nemico, riluttanti a concedergli ciò che sportivamente va sempre concesso ai campioni, anche quando corrono sotto altre bandiere.
Nemmeno la bandiera della Ducati, sotto cui passò nel 2017 ed è rimasto fino alla stagione scorsa – prima di quest’ultima sfortunata alla Honda – riuscì a farlo ridiventare simpatico ai supporters nostrani, e Jorge un paio di volte si è preso addirittura fischi al Mugello, malgrado fosse meritatamente salito sul gradino più alto del podio. Malgrado lo stesso Vale, il ragazzo di casa, alla fine gli rendesse il giusto onore delle armi.
Vecchie storie, che a questo punto vanno in archivio come la storia più grande, quella con la S maiuscola. Lorenzo chiude con 5 titoli mondiali, 295 gare disputate (in attesa dell’ultima, domenica), 68 gare vinte, 152 podi, 3943 punti ottenuti, 69 pole position, 37 giri veloci.
C’è altro? Sì, questa scelta sofferta, da hombre, e quel magone trattenuto a stento che ce lo rende estremamente simpatico in questo suo passo d’addio alle corse.
Adiòs, Jorge Lorenzo Guerrero. Uno degli ultimi guerrieri di uno sport che prosegue, come ogni show che si rispetti. Ma che ormai, senza di te, ha la parte migliore della sua epopea dietro le spalle.
Lascia un commento