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La notte della Luna

Luna, Mare della Tranquillità, 21 luglio 1969

Essere bambini la notte in cui l’uomo mise piede per la prima volta sulla Luna. Bambini di quell’età in cui ancora tutto è gioco, e sogno, ed il confine con la realtà si sposta continuamente per quanto lo consente la fantasia. Quella notte la realtà superò per la prima volta la fantasia. Quella notte, quello che avevamo visto soltanto nei fumetti o nei momenti più arditi della nostra immaginazione si avverò davanti agli occhi incollati al teleschermo nostri e dei nostri genitori, tornati per l’occasione bambini anche loro.

Era uno schermo piccolo, in bianco e nero, con immagini poco nitide, disturbate, bruscolose, come si diceva a volte. Ma bastava per sognare, o per rendersi conto che si entrava nel futuro. Che quella palla bianca nel cielo che illuminava le nostre notti e che sembrava così lontana e irraggiungibile (se non da qualche eroe dei nostri comics preferiti), era diventata un posto dove si poteva andare, dove qualcuno in quel momento stava passeggiando, come sul pianeta su cui ci trovavamo noi.

Tito Stagno dà lo storico annuncio

Non volava una mosca nelle nostre case, in città o al mare. Era il 20 luglio, tempo di vacanze. Le antenne di fortuna di televisori portatili rendevano le immagini ancora più approssimative, ma erano immagini che venivano dalla Luna. Da un altro mondo. Nessuno si perse un fotogramma, in religioso silenzio, rotto soltanto dalla voce di Tito Stagno e Ruggero Orlando, e da migliaia, milioni di loro echi.
Chi può dimenticare il loro tentativo di spiegare l’inspiegabile, i loro siparietti e battibecchi, la corsa a chi avrebbe annunciato per primo l’istante fatidico, e poi alla fine quel «Ha toccato!» che liberò finalmente il respiro a milioni di persone, e dette un senso ad una notte che nessuno, grande o piccolo, avrebbe dimenticato mai più?

«L’aquila è atterrata». Questa frase l’avevamo sentita nei film di guerra e fantascienza, letta nei fumetti d’avventura. Quella notte assistemmo all’avventura più grande.

E dopo, le immagini sgranate di quell’astronauta che si affaccia fuori del modulo lunare, comincia a scendere la scaletta, voci americane di sottofondo che scandiscono la suspence del momento, passi incerti che si susseguono uno dopo l’altro, fino all’ultimo, quello che lascia la prima impronta umana della storia sul suolo della Luna, quello che era sembrato così piccolo al suo autore e tuttavia così interminabile a tutta la sua specie che lo seguiva dal suo pianeta d’origine, ancora inconsapevole di aver appena fatto il passo più grande della sua storia.

Neil Armstrong, Edwin Buzz Aldrin e Michael Collins diventarono all’improvviso i nostri eroi preferiti. Per qualche tempo, in quel 1969 accantonammo Superman, Batman, Spiderman, Flash Gordon e tutti in nostri beniamini dai costumi colorati. Nella nostra fantasia c’era posto soltanto per quelle tute da astronauta così goffe a vederle muovere eppure così affascinanti, perché sapevamo che si stavano muovendo su quella palla bianca lassù, nel cielo sopra di noi. Stava succedendo davvero, l’Apollo 11 aveva portato davvero degli uomini come noi fuori dai loro confini naturali, la Fantascienza era diventata Scienza, il futuro improvvisamente non aveva più limiti. Eravamo nati in un epoca ed in un mondo in cui la tecnologia cominciava lentamente e faticosamente a prendere il sopravvento su ritmi ed abitudini di vita non più contadine ma non ancora moderne.

Adesso eravamo uomini e donne del XX° secolo, quello in cui l’uomo avrebbe oltrepassato l’ultima frontiera: lo Spazio. La storia andò diversamente, ma noi allora non lo sapevamo. Dopo la Luna c’era lo spazio infinito. Dopo Neil Armstrong c’era Star Trek. Pochi anni dopo lo storico viaggio dell’Apollo 11, George Lucas e Steven Spielberg regalarono al mondo Star Wars. Gli effetti speciali conquistarono il cinema e anche la nostra vita.

Abbiamo messo al mondo i nostri figli in un epoca e in una condizione in cui il confine tra realtà e fantasia non esiste più, e i nostri figli adesso danno per scontata qualunque cosa succederà domattina, credibile o incredibile. Che nostalgia per quelle immagini sgranate, in bianco e nero, per quelle voci di sottofondo in una lingua straniera allora incomprensibile, per le voci italiane di due grandi giornalisti diventati leggenda che ci raccontavano un sogno ad occhi aperti, per i commenti stralunati dei nostri genitori e per le domande che facevamo loro a bocca aperta, e a cui loro non sapevano rispondere….

Che nostalgia, e che tristezza non poter far vivere ai nostri figli un momento così, anche se andranno fuori del Sistema Solare e chissà dove, e già lo stanno pensando e magari progettando, come fosse la cosa più naturale del mondo. Ma non potranno mai vivere, bambini o ragazzi, e portarsela per sempre nel cuore, una notte come quella in cui l’uomo andò sulla Luna.

Da sinistra verso destra, Neil Armstrong, Michael Collins, Edwin Buzz Aldrin, l’Apollo 11

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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