Ombre Rosse

Cari nonni, scusateci tanto

E anche la festa dei nonni è andata in archivio. Foto ricordo e pensierini infiorettati si sono sprecati. Riflessioni, come al solito, poche o nessuna. La mia è sempre quella di ieri: chissà che direbbero i miei nonni del mondo che ho contribuito insieme a tutta la mia generazione a cambiare rispetto a quello che mi avevano lasciato loro. Chissà che direbbero di me, per quanto io abbia sempre cercato consapevolmente di disonorarne la memoria il meno possibile.

La riflessione del giorno dopo è più ampia. Riguarda i nonni di tutti, i cosiddetti vecchi. Per una giornata in cui li sommergiamo di frasi da Baci Perugina, ce ne sono altre 364 in cui li manteniamo in condizioni simili a quelle dei polli di allevamento: chiusi in gabbia, imbottiti di farmaci, tenuti in vita fino al momento esatto in cui non servono più vivi, e possiamo mangiarci le loro spoglie.

I vecchi servono da decenni al sistema sanitario in quanto migliori clienti dell’industria del farmaco. Nessuno accetta l’idea di morire, e in più la pensione del nonno serve, perché aiuta a sfamare o a permettere surplus alle generazioni successive degli eredi. Non è giusto infatti più chiamarci né figli né nipoti, ma giustappunto eredi. Il nonno ormai è un bene patrimoniale, non affettivo.

Da quando il covid ha devastato le nostre certezze ed i nostri assetti psicologici e sociali, istintivamente abbiamo dato un altro giro a questa vite chiudendo la gabbia ermeticamente e aumentando il flusso dei farmaci da iniettare in vena ai nostri vecchi.

Dapprima, terrorizzati dalla presunta Peste Nera li abbiamo abbandonati in case di riposo trasformate in vie di mezzo tra Mathausen e le ambientazioni di Io sono leggenda. Poi è arrivato il vaccino, e per concedere loro un barlume di speranza di non morire soli a guardare sfuocarsi la parete bianca di fronte al letto senza una parola di conforto, abbiamo fatto oscillare davanti ai loro occhi stanchi l’altra mano che brandiva la sinistra siringa. Qualcuno, da bambino, aveva scansato per miracolo le siringhe di Mengele, con quelle di Draghi non ce l’ha fatta.

Sono sempre chiusi nelle loro stie, i nostri vecchi, ma adesso abbiamo le nostre coscienze a posto perché ci possiamo dire che non moriranno di covid. Al limite moriranno di vaccino, o moriranno di tristezza e abbandono, e come i vecchi eschimesi si lasceranno andare sentendo giunto il loro momento, ma senza la dignità di potersi ritirare a cercare una fine onorevole lungo il pack.

Ci potremo dire quello che vogliamo, del resto se siamo bravi a prendere in giro noi stessi, che difficoltà ci può essere per gente come noi a prendere in giro persone anziane che ormai chiedono di poter soltanto riposare in pace?

Sono questi i nonni che abbiamo celebrato ieri. Quelli ancora vivi, almeno. Gli altri, che abbiano pietà e compassione di noi, dal cielo da cui ci guardano. Di quello che ci avevano lasciato in preziosa eredità, abbiamo salvato giusto una foto ingiallita dal tempo, e tirata fuori dal cassetto il 2 ottobre per ritornarvi il 3.

Fino all’anno prossimo, quando magari avremo visto altri nonni andarsene in una maniera indegna e incivile anche per polli di allevamento.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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