Ombre Rosse

Contratto sociale e contratto di governo: il caso Diciotti/Salvini

Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto

Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto

Quando Jean Jacques Rousseau pubblicò il Contratto sociale, l’opera che conteneva la sua teoria filosofica per la rifondazione della società sulla base di un patto costitutivo che individuava il popolo come unico detentore della sovranità e della potestà legislativa, era il 1762. Non erano molti a pensarla come lui, tanto che di lì a una quindicina d’anni un pensatore assai più radicale come Tom Paine dovette rincarare la dose nel suo Common Sense, il senso comune secondo cui appariva evidente che non esisteva istituzione governativa umana che non avesse alle sue origini un atto di pirateria.
ContrattoSocialeRousseau190219-001Rousseau è il teorico della democrazia diretta, dell’individuo che redige un contratto e diventa popolo ma rimanendo sempre un uno che conta per uno e comunque non meno di nessun altro. Non è un caso che la Casaleggio Associati e quella sua derivazione politica che è il Movimento 5 Stelle abbiano scelto il cognome del più utopista degli illuministi settecenteschi per battezzare la piattaforma digitale dove il partito fondato da Beppe Grillo e Casaleggio padre spera – o più che altro sogna – di ricevere le sue investiture per combattere legittimamente le sue battaglie. Siamo entrati, a detta dei filosofi a 5 Stelle, in una fase della storia post-ideologica.
L’informatica, come tutte le scienze e i loro prodotti, non è né positiva né negativa. Come per l’atomo, tutto dipende dall’uso che se ne fa. Da Rousseau a Di Battista, sono molti coloro che nella storia si sono illusi che l’uomo fosse un animale talmente sociale che se messo in condizione di esprimersi con gli appositi strumenti ed in un ambiente sostanzialmente depurato da tentazioni e corruzioni avrebbe fatto soltanto del bene, a se stesso ed alla società creata con quel suo contratto originario.
D’altra parte, da Thomas Hobbes a George Orwell sono altrettanti se non di più coloro che hanno creduto e credono che la natura umana sia essenzialmente quella di un lupo nei confronti dei propri simili, e che ogni strumento a disposizione sia fatalmente rivolto dall’uomo contro i propri simili stessi, al fine di prevaricarli.
Questa lunga premessa per dire che abbiamo sempre guardato con sospetto il fideismo con cui leader e base dei 5 Stelle hanno sempre a loro volta guardato alla cosiddetta rete, a quel web (ribattezzato con il nome beneaugurante del più buonista dei philosophes) che secondo loro avrebbe creato automaticamente l’uomo nuovo, per il solo fatto di trasferirci sopra tutta l’attività politica, a cominciare dal rapporto tra rappresentati e rappresentanti.
Sarà anche una fase post-ideologica della storia, ma rischia di essere non meno pericolosa delle precedenti, governate dalle vecchie ideologie. La democrazia diretta funziona solo nei cantoni svizzeri. La democrazia informatica non esiste, almeno finché non sarà possibile avere garanzie su provider, gestori, amministratori e moderatori, che per il momento sembrano distanziarsi assai poco dal Grande Fratello di Orwell.

La Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, presieduta da Franco Gasparri

La Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato, presieduta da Franco Gasparri

Il caso del giorno, la consultazione circa l’opportunità di concedere alla magistratura il permesso di processare il Ministro dell’Interno Matteo Salvini, era e resta l’esemplificazione da caso di scuola di tutti i rischi connessi ad operazioni come quelle che vanno – e a detta di Di Maio andranno sempre più – in scena sulla piattaforma Rousseau dei 5 Stelle. Questioni di Stato gestite in contesti e con atteggiamenti da social network portano prima o poi a risultati disastrosi, è stato già tanto nel caso specifico che non si sia passati agli insulti reciproci dopo cinque minuti, altro che piattaforma congestionata.
Ma c’é di più. Il metodo Rousseau offre il destro per la scoperta di quel bluff che ha mascherato finora la schizofrenia di un movimento che è andato sì al governo ma che sogna a livello più o meno inconscio di ritornare prima possibile alla lotta. Il 60% della base (verificata Dio solo sa come e da chi) si è espresso a favore di Salvini e oggi tale risultato vincolerà il gruppo parlamentare pentastellato al Senato. Ma c’é un 40% da non sottovalutare di grillini che si sono espressi per la messa in stato d’accusa della controparte con cui – a collo più o meno torto – hanno sottoscritto otto mesi fa un contratto di governo. Che non sarà bello come quello sociale di Rousseau, ma che dà loro l’unica storica possibilità di portare a casa risultati di bandiera e di sostanza, per i quali si sono battuti da quando il Movimento esiste.
La parte che fa capo ai ribellisti Fico e Di Battista – e di cui il libellista Marco Travaglio sogna di diventare il portavoce (avendo già fatto in sostanza del suo Fatto Quotidiano un organo di partito) in un futuro governo M5S – PD con quest’ultimo opportunamente ridimensionato e asservito – farebbe saltare il banco tanto volentieri, e poi, come nella migliore tradizione anarchica, tanto peggio tanto meglio.

La pagina Facebook degli scafisti segnalata da Giorgia Meloni sulla propria

La pagina Facebook degli scafisti segnalata da Giorgia Meloni sulla propria

Dopo il voto al Senato, Conte, Di Maio e Salvini continueranno a lavorare e a portare a casa risultati, aiutati non poco dalla propaganda che sta facendo al loro governo una opposizione (istituzionale e di fatto) ormai oggettivamente ridicola. Mentre si vota a Palazzo Madama, su Facebook compaiono le pagine degli scafisti con tanto di numeri di telefono da contattare e tariffe per il trasporto Libia – Italia via gommone. Forse i PM di Catania e dintorni farebbero bene ad archiviare il fascicolo Diciotti, avendo reso la funzione che esercitano già abbastanza farsesca, per dirla alla Baglioni. Ma non succederà e pur nel clima mutato (per un Matteo che sale, Salvini, c’é un Matteo che scende, Renzi, dopo l’arresto dei suoi genitori che fa parlare nuovamente qualcuno di giustizia ad orologeria) la magistratura resterà se non una spina nel fianco degli altri poteri dello Stato, quantomeno una variabile sempre più impazzita.
Il governo terrà fino alle prossime elezioni, rispetto alle quali anche le manfrine sulla piattaforma Rousseau fanno parte della relativa campagna. Ma verrà il momento in cui il Movimento che non può più restare fermo a Grillo e Casaleggio, a Fico e Di battista, ai malpancisti, ai ribellisti, a quei noi siamo diversi che nelle formazioni di ispirazione più o meno sinistrorsa non sono mai mancati nella storia d’Italia, dovrà decidere cosa fare da grande, e farlo. Altrimenti il suo destino sarà quello del prossimo PD.
Comunque vada stasera in Senato, Salvini è pronto a passare all’incasso. La Lega secondo gli ultimi sondaggi è oggi al 34%, il primo partito italiano. Potrebbe presto non avere più bisogno di un alleato che non sa più bene neanche che contratto ha firmato, o a quale contratto si ispirava chi l’ha fondato.

Il post su Facebook di Matteo Salvini

Il post su Facebook di Matteo Salvini

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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