Ombre Rosse

Contrordine, compagni: il nemico è la Superlega

Parla Londra. Trasmissione destinata alle forze combattenti nelle zone occupate.

Messaggio in codice:

Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio.

(W.S.Churchill)

Nel momento in cui esce la notizia del progetto della Superlega europea di calcio, la pandemia Covid che per più di un anno è stata vissuta come l’Armageddon, Ragnarok, la fine del mondo, può considerarsi conclusa.

Per oltre tredici mesi, siamo stati costretti agli arresti domiciliari, privati di ogni libertà e minacciati con l’ago di siringhe assassine. Ebbene, non c’é stato un solo giorno in cui abbiamo mostrato una indignazione pari a quella scatenatasi per la Superlega del calcio.

Non soltanto: di colpo il problema Covid non esiste più. Né esistono più tutti gli altri problemi che esso ha indotto: le restrizioni ai diritti costituzionali dei cittadini, i piani vaccinali astrusi, impraticabili e comunque fondati su presupposti che non sono più scientifici della teoria tolemaica del moto degli astri.

E’ bastato veder di nuovo un pallone che rimbalza, e gli italiani si sono dimenticati di tutto. Siamo in credito con lo Stato di due Pasque, un Natale, una stagione di vacanze estive, due di vacanze invernali, non sappiamo più quanti giorni di festa aboliti o trasformati in segregazioni, domicili coatti, con l’obbligo di chiusura anche per gli esercizi essenziali come quelli alimentari. Non sappiamo più quanti giorni troncati anzitempo da un coprifuoco come nemmeno i tedeschi posero in queste stesse lande nel 1944. Non sappiamo soprattutto quanti esercizi commerciali e botteghe di professionisti ritroveremo aperte se e quando questa follia collettiva, questo psicodramma intergenerazionale finirà.

Ma il problema è la Juventus, è il Milan, è l’Inter. E i tifosi pro e contro che si scannano mostrando una indignazione che – ribadiamo – abbiamo visto quasi per niente negli stessi giorni, quelli in cui si parla ancora di restare in casa anche la prossima estate, aspettando Godot. E di mettersi in fila per ricevere in vena un vaccino che per quanto ne sappiamo non dà maggiore sicurezza degli esperimenti che il dottor Joseph Mengele faceva ai suoi tempi, con la differenza che le sue malcapitate cavie non erano volontarie come lo sono adesso.

Qualcuno all’inizio di questa storia deve aver fatto il conto: diamo al popolo panem et circenses, come sempre (nella fattispecie Netflix, il campionato di calcio ed i supermercati riforniti), e lo terremo a casa finché ci pare e piace. Beh, funziona. Nessuno di noi alza la voce con il vicino o il collega che con la faccia dai lineamenti stravolti dalla rabbia o dall’odio ci intima di vaccinarci a pena di orrende ritorsioni. Ma guai se ci passa davanti in queste ore uno juventino, un milanista, un interista.

Sono due facce della stessa medaglia, beninteso. La cultura dell’imposizione agli altri della propria volontà (lasciamo fare poi quanto ragionevole) è un qualcosa di probabilmente connaturato al nostro popolo. Tu ti vaccini, e giochi dove dico io, lavori se lo dico io, esci di casa se e quando lo dico io. E alle 22 ci rientri. Tanto c’è la Tim Cup alla TV, poco male.

Non alziamo un dito o un decibel di voce contro Big Pharma, ed i governi che con lei stanno facendo lauti affari, letteralmente sulla nostra pelle. Sopportiamo governi come quello del piacione di Giurisprudenza o dell’apparatchik della BCE che non hanno più fondamento giuridico dell’affitto pagato da Mattarella a Napolitano, quando il presidente della repubblica era quest’ultimo, per l’alloggio alle scuderie del Quirinale. Bastano dieci poliziotti che fanno “buh!”, e i commercianti disperati e ridotti alla fame svuotano la piazza. Ma siamo pronti a dare l’assalto al palazzo della Federcalcio se non butta fuori le strisciate dai nostri campionati.

Citiamo opinion leaders che esprimono concetti insufficienti anche a conseguire una promozione alle scuole serali (con tutto il rispetto), in un tono e con uno stile che avrebbe fatto inorridire il maestro Manzi. Rozzi capipopolo che nelle ultime ore hanno sostituito i Diego Fusaro e tutti i philosophes con cui ci siamo trastullati in questi tredici mesi credendo di stare combattendo nella Resistenza.

Siamo sempre quelli di 80 anni fa, quelli su cui si abbatteva sprezzante il caustico umorismo di Winston Churchill (anche troppo buono, visto che si era preso in testa anche le nostre bombe, quelle almeno che uscivano di fabbrica funzionanti). Ma adesso le nostre guerre e le nostre partite le perdiamo comodamente seduti su quel divano che è divenuto il simbolo della nostra epoca, il logo della nostra esistenza, come nel fumetto di Andy Capp.

I danni che stiamo facendo li pagheranno i nostri figli, con gli interessi, quando dovranno imbracciare le loro armi per combattere il totalitarismo del ventunesimo secolo. Andato su grazie ai chip che graziosamente ci saremo fatti nel frattempo inserire nel cervello, per dovere sociale. Ma almeno a questi ragazzi lasceremo – come chiedono a gran voce in molti – un calcio più simile a quello delle origini. La Juventus sarà bandita dalla nostra federazione e giocherà con quella francese. A ridurre a mal partito Milan ed Inter, se non ci avrà pensato il Sindaco Sala, ci penseranno prima della FIGC i rispettivi proprietari, e toccherà loro emigrare in Cina o negli USA per rimettere in bilancio qualche soldo. L’Atalanta vincerà scudetti su scudetti e tutti saremo contenti perché quello è il calcio vero, quello giocato nella mota, con palloni di cuoio duro che tagliano come rasoi, e centravanti che passano da una squadra all’altra per mille lire e un paio di scarpe, come Pedro Petrone nel 1931 quando arrivò alla Fiorentina.

Ah, dimenticavo. A partire da una certa epoca, i nostri figli nasceranno con tre gambe, anche se nessuno sarà autorizzato a stabilire una connessione per questo fatto con i vaccini in commercio nel 2021. Ma sai che magici palleggi faranno i nostri calciatori con quelle tre gambe?

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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