Parla Londra. Trasmissione destinata alle forze combattenti nelle zone occupate.
Alcuni messaggi in codice:
Non è necessario sperare per intraprendere, né riuscire per perseverare.
(Guglielmo I d’Orange, detto il Taciturno)
Il popolo può sempre essere sottomesso al volere dei leader. È facile. Tutto ciò che devi fare è dir loro che sono sotto attacco e denunciare i pacifisti per la loro mancanza di patriottismo che non può che mettere a rischio il Paese. Funziona allo stesso modo in qualunque nazione.
(Hermann Göring)
C’è una cosa su cui protestanti e cattolici, da sempre in disaccordo su tutto, si ritrovano d’accordo. E’ la Pasqua, la celebrazione liturgica fondante della comune radice cristiana.
La Pasqua è per tutti coloro che la celebrano una festa di rinascita. Eppure è prima di tutto una festa di sangue, di sacrificio, di morte. Una festa simbolicamente tragica, istituita nel Vecchio Testamento dagli Ebrei in memoria della cattività egiziana, dell’Angelo Sterminatore, della fuga verso la Terra Promessa e del massacro degli Egiziani nel Mar Rosso. E modificata nel Nuovo Testamento dai Cristiani, in memoria del martirio del figlio di Dio e di tutti coloro che almeno nei primi tempi dopo la sua morte e resurrezione avrebbero professato la sua fede.
Ha sempre avuto a che fare con la sofferenza e con il sangue questa festa. Il messaggio è che senza spargimento di sangue non c’è progresso, rinnovamento. Altro che misericordia divina: aiutati, che Dio sta a guardare.
L’agnello che molti si ostinano a portare in tavola nel giorno di Pasqua rappresenta il sacrificio di una vittima tra le più innocenti che ci siano, per mano della brutalità umana. A Pasqua, il cristianesimo di qualunque versione e confessione riscopre le sue origini barbariche, i suoi miti ancestrali primitivi. La liturgia pasquale riporta il mondo indietro di millenni, pur intendendo al contrario anticipare un futuro più civile.
Siamo disposti alla sofferenza nella settimana che porta a Pasqua, ad aspettarci qualunque spargimento di sangue reale o metaforico, nell’aspettativa di quello che viene dopo, e che comunque tra un anno concluderà il suo cerchio immutabile con altro sangue, altri martiri, altri sofferenze.
Non crediamo che il ministro Speranza sia animato da siffatte suggestioni allorché per il secondo anno consecutivo rinchiude il suo popolo in casa, così come il popolo di Mosé fu chiuso in casa ad aspettare l’Angelo Sterminatore mandato da Dio come ultima piaga, la più atroce, per piegare gli Egiziani fino a quel momento restii a privarsi dei loro schiavi Ebrei. Abbiamo avuto sempre un Dio difficile da comprendere. Per salvare un popolo ne decima sempre un altro, come accadeva nelle antiche mitologie pagane e come del resto è accettabile tutt’ora per le moderne sensibilità che si professano ancora di stretta osservanza religiosa.
Ma Speranza in ogni caso è animato da ben altri miti. A cominciare da quello della rinascita della Sinistra, nell’unico modo in cui da sempre quella sinistra è nata e vissuta: con la prepotenza, l’arbitrio e la sopraffazione. La nuova ostia da prendere si chiama vaccino, ed i sacerdoti della nuova religione (nel momento in cui viene meno la vecchia, ditemi un po’ quand’è stata l’ultima volta che avete sentito un papa o un vescovo spendere una parola per confortare la moltitudine delle vittime della moderna piaga mandata da non si sa quale divinità a punire l’ennesima Sodoma e Gomorra dei nostri tempi) minacciano la scomunica a chi la rifiuta, così come al tempo dell’Inquisizione si affidava gli eretici al braccio secolare. Che com’è noto non si faceva pregare a versare quel sangue dal cui spargimento la Chiesa diceva di rifuggire.
Aspettare chiusi in casa il passaggio dell’Angelo Sterminatore nel caso degli Ebrei, o della Polizia del Sinedrio nel caso di Pietro e degli Apostoli dopo i Getsemani, potrebbe rivelarsi una strategia non pagante, stavolta. Lo struzzo infila il capo sottoterra, ma il sedere gli rimane fuori, e sollevato all’angolatura giusta per la bisogna. Per ora il lavoro sporco lo fanno i giornalisti, come quel Vespa che maltratta gli ospiti nel suo salotto TV, o quella giornalista di un quotidiano nazionale (si chiama proprio così, Quotidiano Nazionale) che scrive un orrendo articolo dileggiando quel professore che aveva sollevato il dubbio scientifico, cartesiano sul Covid e che adesso si trova in rianimazione avendolo contratto soltanto per il fatto di non aver smesso di lavorare un minuto, malgrado le sue patologie pregresse, per fare il proprio pur rischioso dovere.
Per ora sono i giornalisti le meretrici di Babilonia. Ma le forze dell’ordine si preparano ad intervenire con ben altro impatto, come hanno fatto nel caso di quel ristorante che aveva seguito nei fatti l’hashtag #ioapro. Settanta agenti addosso ad una sola persona non si vedevano dagli scontri di piazza degli anni settanta, e non si rivedranno – c’è da giurarci – in occasioni di ben altre turbative dell’ordine pubblico. Potete brandire un machete per le nostre strade, e troverete la guardia ed il giudice indulgenti. Ma guai a voi a brandire il boccale di birra.
Il legislatore intanto impone l’ostia obbligatoria, abbandonando la Costituzione. Le Tavole della Legge messe insieme faticosamente dai nostri vecchi dopo il sangue versato per mandar via i dittatori delle generazioni precedenti. Li riconoscevi bene, allora, i dittatori: avevano la camicia nera o rossa e usavano le armi. Quelli della prossima generazione hanno il cravattino, la ventiquattr’ore da bancario e quel sorrisetto da frequentatori dei salotti massonico-comunitari che fa tanto bon ton e ortodossia europeista. Mandarli via sarà più complicato per i nostri figli, perché pur non sparando questi tizi dal phisique du role delle mezze cartucce sono riusciti a far fuori tutti gli articoli della Legge, i Dieci Comandamenti che proteggevano la nostra Democrazia.
La Pasqua del 2021 porta sulle tavole degli italiani medici e infermieri al posto degli agnellini. Qualcuno ha già cominciato a sgranocchiare biascicando i primi bocconi e insultando a bocca piena ed aperta i malcapitati a cui tocca di fare da apripista sacrificale per la prossima dittatura bancario-sanitaria. Chiudete almeno la bocca, non parlate mentre mangiate. La Costituzione non ve l’hanno insegnata, ma le buone maniere almeno sì.
Non è una bella Pasqua questa del 2021, se non per chi ha la tavola imbandita a spese di altri. A questi altri, proponiamo un unico pensiero consolatorio. La Pasqua, la Festa del Sangue Innocente, è sempre stata l’occasione per dare almeno un senso al sangue versato. Come quella del 1916, in cui gli irlandesi si stancarono di fare l’agnellino della Gran Bretagna e dissero basta. Sei anni dopo erano una nazione indipendente.
E’ la loro canzone quella che vi proponiamo, in luogo di auguri che si aggiungerebbero a molti altri, tutti altrettanto inutili ed ipocriti.
Sinéad O’Connor & The Chieftains – The Foggy Dew
(N.B.) il titolo si riferisce alla Rivolta di Pasqua del 1916, che dette inizio alla guerra di indipendenza irlandese, conclusasi vittoriosamente nel 1922
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