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Fra Diavolo

Era nato il 7 aprile 1771 a Itri, sulla Via Appia a poca distanza da Fondi, che oggi sta in provincia di Latina e allora stava nel Regno delle Due Sicilie. Si chiamava Michele Arcangelo Pezza, perché i suoi, notabili locali, l’avevano battezzato nella chiesa intitolata all’angelo guerriero che aveva scacciato Lucifero dal cielo. Tra cielo e terra, tra Dio e il Diavolo, già fin dal battesimo il bambino era un predestinato, nel bene e nel male. Per adempiere ad un voto con cui sua madre riteneva di avergli salvato la vita a cinque anni da una grave malattia infantile, Michele era diventato Fra Michele, costretto fino all’adolescenza a vestire un saio penitenziale.

Sciolto il voto, il ragazzo ne pagò ancora le conseguenze. Poco portato per gli studi, fu maltrattato dal canonico locale che non gli risparmiava epiteti e castighi. «Tu non sei Fra Michele Arcangelo; tu, tu sei Fra Diavolo!», lo apostrofò un giorno, senza sapere di avere posto il suggello al suo destino.

Appena in età da lavoro, fu mandato dal padre a bottega dal sellaio locale, e con ciò l’ultima tessera del puzzle del suo destino fu messa a posto. Dopo una giovinezza fatta di soprusi mal sopportati, il sellaio pagò il conto per tutti il giorno che gli mise le mani addosso. Michele lo trafisse con un utensile, e da quel momento fu fuorilegge. Lo sarebbe rimasto in un modo o nell’altro fino al giorno della sua morte.

A quel tempo, chi era fuori legge andava ad ingrossare le file del brigantaggio. Fenomeno tra i più controversi della storia d’Italia. Al sud governato dai Borboni – ma non soltanto, se si pensa alla rilevanza del fenomeno sull’Appennino Tosco–Emiliano – i briganti erano considerati eroi del popolo. Banditi per la legge, Robin Hood in salsa meridionale nostrana per chi da quella legge spesso iniqua si teneva alla larga.

Il Fra Diavolo di Luigi Zampa

Il Fra Diavolo di Luigi Zampa

Destino volle che nel 1796 il mondo andasse sottosopra, e con esso anche l’Italia, da secoli serva di dolore ostello, governata da potenze straniere o comunque sentite come estranee. La Rivoluzione Francese spazzò via le teste coronate che direttamente o per conto terzi, gli Asburgo d’Austria, governavano la penisola. Le armate di Napoleone Bonaparte vennero quell’anno a saldare il conto al vecchio Sacro Romano Impero e a mettere sui vari troni italiani nuovi sovrani, quasi sempre appartenenti alla numerosa famiglia del generale còrso che stava cambiando la storia.

Il sud d’Italia reagì come fa sempre, chiudendosi ai nordisti. Nessuno apprezzò il vento libertario che soffiava da Parigi, quasi tutti presero anzi di traverso le baionette dei soldati che nel 1799 dopo Roma e lo Stato della Chiesa scesero a Napoli a stabilire un ordine nuovo che per la verità, data la proverbiale scarsa empatia dei generali di Napoleone, assomigliava tanto ad una occupazione militare.

A quel punto Michele era già Fra Diavolo nella leggenda popolare. Non si sa esattamente se rubava ai ricchi per donare ai poveri, come Robin Hood. Ma sta di fatto che il popolo lo amava. Come amava gli altri briganti che combatterono le armi francesi sotto l’usbergo dell’Armata Cristiana e Reale della Santa Fede in Nostro Signore Gesù Cristo. Il nome dei cui soldati veniva già allora abbreviato in Sanfedisti. La Vandea borbonica, decisiva per la fine della repubblica napoletana e per il provvisorio ritorno dei Borboni a Napoli, dopo l’esilio siciliano.

Il Fra Diavolo dell'iconografia popolare, con il leggendario fiocco rosso sul cappello

Il Fra Diavolo dell’iconografia popolare, con il leggendario fiocco rosso sul cappello

In quegli anni in cui la storia d’Europa si metteva a correre dopo una stasi di secoli se non di millenni, il Regno delle Due Sicilie divenne il crocevia in cui si decidevano le sorti del mondo nuovo e di tanti avventurieri destinati a guadagnarsi bene o male un posto nei libri di storia. A Napoli Horatio Nelson costruiva la sua fama tenendo lontani i francesi con la forza di quella Royal Navy che poi sarebbe diventata leggendaria a Trafalgar. Gli inglesi avevano capito che il controllo del Mediterraneo era essenziale, nella lunga lotta contro i francesi cominciata prima della Grande Rivoluzione e destinata a durare ancora a lungo dopo la Restaurazione. E il Mediterraneo si controllava da Napoli e dalla Sicilia, come avrebbe dimostrato il nostro Risorgimento che deve molto a questa interminabile partita a scacchi anglo-francese.

Nelle campagne, i briganti come Fra Diavolo combattevano ora come colonnelli dell’esercito regio, ora come semplici banditi, a seconda di come volgevano le sorti della strana guerra che vedeva i francesi dominare per terra, gli inglesi dominare per mare ed il resto d’Europa tessere coalizioni su coalizioni nella speranza di ripristinare non si sapeva più quale ancien regime. I Borboni fecero a lungo affidamento su Fra Diavolo, fintanto che la partenza di Nelson da Napoli fece pendere di nuovo la bilancia dal lato dei francesi. Napoleone incoronò re di Napoli suo fratello Giuseppe (che poi avrebbe mandato in Spagna, sostituendolo con il suo generale Gioacchino Murat), e a quel punto ai banditi come Fra Diavolo non restò che continuare la guerriglia e le razzie come semplici briganti. Quello che in fondo erano sempre stati.

Nel 1806, Fra Diavolo aveva sulla testa una taglia di 17.000 ducati, il che ne faceva il brigante più prestigioso delle Due Sicilie. Sulle sue tracce fu posto il generale a sua volta più prestigioso che Napoleone aveva a quel punto nel Sud Italia, Joseph Léopold Sigisbert Hugo, padre di quel Victor che un giorno avrebbe fatto di storie come quelle che il padre aveva vissuto l’oggetto di affascinanti romanzi.

Senza più l’aiuto inglese, i giorni del Diavolo erano segnati. Le cronache narrano di una battaglia decisiva nello stesso luogo dove i Sanniti avevano umiliato i Romani circa duemila anni prima, alle Forche Caudine vicino Benevento.

Michele Arcangelo Pezza in gioventù

Michele Arcangelo Pezza in gioventù

Fra Diavolo, rimasto con soli cinquanta uomini, congedò i superstiti e si dette ad una fuga disperata. Il 1° novembre fu denunciato da un delatore, un droghiere di Baronissi vicino Salerno. La sua epopea finì lì. Il resto è la cronaca del suo processo sommario e della sua esecuzione, avvenuta a Napoli l’11 novembre 1806. Alla richiesta di declinare le generalità, dichiarò di essere colonnello dell’esercito borbonico, quale in effetti era. Fu giustiziato per impiccagione in piazza del Mercato, vestito con l’uniforme di brigadiere dell’esercito borbonico. Il suo corpo venne lasciato molte ore fino a sera bene in vista, come monito alla popolazione. Non appena la famiglia reale apprese dell’impiccagione di Fra Diavolo, celebrò il suo funerale nella cattedrale di Palermo, dove i Borboni si trovavano nuovamente in esilio. Fu sepolto in seguito a Napoli, dopo il loro rientro, nella locale Chiesa degli Incurabili.

Di questo eroe popolare che sarebbe stato l’archetipo di altri eroi simili a cavallo del Risorgimento italiano, si impadronirono ben presto e inevitabilmente dapprima la letteratura, la musica e poi il cinema. Victor Hugo, il figlio del generale che l’aveva catturato, scrisse di lui: «Fra Diavolo personificava quel personaggio tipico, che si incontra in tutti i paesi invasi dallo straniero, il brigante-patriota, l’insorto legittimo in lotta contro l’invasore. Egli era in Italia, ciò che sono stati, in seguito, l’Empecinado in Spagna, Kanaris in Grecia e Abd-el-Kader in Africa!» (*)

Giusepep Bonaparte re di Napoli

Giuseppe Bonaparte re di Napoli

La figura di Fra Diavolo compare inoltre nel romanzo di Alexandre Dumas, La Sanfelice, che tratta gli eventi che portarono alla costituzione della Repubblica Partenopea. Al cinema, Fra Diavolo fu protagonista di varie pellicole, la principale delle quali è quella girata nel 1942 da Luigi Zampa. Il Fascismo volle ribadire l’immagine del brigante come quella di un eroe di popolo, che aveva combattuto gloriosamente gli invasori francesi (si era in piena seconda guerra mondiale, e i francesi non erano nostri alleati…..).

Ma soprattutto c’è un altro film che noi ricordiamo più volentieri, e non perché si attenga ad una maggiore verità storica. Semplicemente perché fu frutto dell’intuizione geniale di un produttore di Hollywood, Hal Roach, e della recitazione impareggiabile di due attori americani che anche negli anni trenta e malgrado la censura fascista erano – e sarebbero rimasti con ogni regime – i nostri principali beniamini.

E’ la loro versione di questa storia che vi proponiamo, se cliccate sul link sottostante.

 

 

(*) Juan Martín Díez, soprannominato El Empecinado, fu l’eroe della resistenza spagnola a Giuseppe Bonaparte, colui che è passato alla storia per aver inventato la moderna guerriglia; Konstantin Kanaris fu l’eroe della guerra di indipendenza greca contro i Turchi Ottomani; Abd-El-Kader fu l’eroe della resistenza algerina alla conquista coloniale francese nell’Ottocento.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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