Ombre Rosse

Fuoco su Salvini, man of the year

La copertina di Time dedicata a Matteo Salvini

La copertina di Time dedicata a Matteo Salvini

«Nessuno è al di sopra della legge», dice Sergio Mattarella, presidente della repubblica. Era quello che ci insegnavano a educazione civica a scuola, e che poi approfondivamo durante gli studi superiori, fino a Giurisprudenza. Chissà perché questo enunciato, proveniente da quel pulpito, non ci convince più come una volta?

Sergio Mattarella, che della legge ha sempre avuto una sua idea personale, e lo ha dimostrato nei tre mesi in cui ha tenuto in stallo il voto popolare prima di incaricare il governo voluto dal popolo, è probabilmente l’ultima risorsa del partito che l’ha eletto alla carica che ricopre. Ce ne sono per ora anche altre, e stanno tutte scendendo in campo in uno schema di fuoco concentrico, mobilitate da quell’area democratica che fa capo al partito omonimo, a sua volta facente capo ad una lobby affaristico – opportunista italiana ed europea che vede il potere allontanarsi sempre di più dalle proprie grinfie, e che non si rassegna a dirgli addio senza aver tentato un’ultima disperata resistenza, un’ultima caciara, un ultimo ridotto della Valtellina (*).

Ha un bel rispondere Salvini, chiamato in causa dalle parole di Mattarella come dalle indagini di metà delle procure siciliane, che proprio in ossequio alla legge (ed al mandato popolare ottenuto secondo legge) continuerà a chiudere i porti italiani in faccia ai richiedenti asilo senza diritto.

La difesa dello stato di diritto è un tormentone, invocato continuamente dal parlamento europeo così come dalle suddette procure siciliane. Lo stato di diritto, tuttavia, è un’altra cosa. E’ la certezza della legge ed il rispetto del mandato popolare. E’ ciò che sta facendo Salvini, che sta facendo Orban, e con loro tutti i capi di stato che si sono accordati a Visegrad. Chi sostiene il contrario è, moralmente parlando, uno scafista.

Il fatto è che quella lobby progressista di cui parlavamo sopra, o la butta in caciara o ha perso tutto, e per sempre. Le sue armi per resistere (al di là di ogni ragionevolezza) sono state piazzate a suo tempo dall’occupazione delle istituzioni, ivi compresi un presidente della repubblica che dà lezioni quotidiane di moralismo spacciato per diritto, un presidente della camera dei deputati che fa il Mario Capanna di lotta e di governo, una magistratura che ormai potrebbe chiamarsi direttamente democratica rinunciando all’appellativo principale (quello che dovrebbe definirne la funzione costituzionale) e che si prodiga ogni giorno in nuove trovate di giurisprudenza creativa.

Come quella che istituisce il reato di sequestro finalizzato a ricatto nei confronti dell’Unione Europea, una serie di parole contenenti altrettante sciocchezze. Siamo, sia chiaro, fermamente contrari a tutto ciò che sta dietro al tentativo di intimidazione indirizzato al dott. Patronaggio procuratore della repubblica di Catania. Riteniamo oltretutto più significativo ed utile inviargli semmai a casa – al posto delle odiose e famigerate pallottole che oltretutto dalle sue parti evocano qualcosa di ancora più inaccettabile – uno specchio dentro cui guardare la propria faccia. Absit iniuria verbis, un magistrato dovrebbe capire almeno il latino, se non l’italiano.

Oppure come quella ordinanza del procuratore di Palermo che spedisce i carabinieri a Ventimiglia a rintracciare i segregati della Diciotti, talmente sequestrati da essere al momento presente tutti a giro per la nostra frontiera del nord-ovest senza rendere conto a nessuno (men che mai alla Caritas ed al Vaticano che si erano impegnati ad ospitarli, et etiamdio, a controllarli), al fine di spingerli (ma è questo lo scopo della magistratura sancito dalla costituzione, presidente Mattarella?) a sporgere denuncia nei confronti del ministro sequestratore Salvini.

Le altre armi del PD italiano e dei suoi equivalenti europei, sono il sistema dei media, che ogni giorno racconta una storia che non è quella che accade sotto i nostri occhi. Per cui la conservazione dei posti di lavoro dell’ILVA è un disastro ambientale, il rigore nei confronti di Autostrade s.a.s. ad un mese dal crollo del Ponte Morandi a Genova è un rigurgito di comunismo e un sussulto di parolaismo, il rigore nei confronti dei clandestini che vogliono venire a bivaccare nel nostro paese è fascismo, razzismo e qualche alro ismo. Il sostegno ad analoghe posizioni del primo ministro ungherese Viktor Orban è onda nera. E Cottarelli può andare da Fazio ogni settimana a spiegare – a spese nostre, laute spese – perché il suo governo sarebbe stato migliore di quello attuale, che rovinerà l’Italia. Almeno Draghi lo paga la B.C.E..

Un ultimo accenno, perché tra le armi dispiegate da certa sinistra c’é anche il Vaticano. Che avrebbe in questo periodo cose più serie di cui occuparsi, visto che il dossier sulla pedofilia cardinalizia e prelatizia lasciato in eredità da Benedetto XVI a Francesco giace sempre lì, intonso. L’organizzazione che pretende di dire a chicchessia come deve essere composta e regolata una famiglia è sempre più una organizzazione che quando le capita sottomano un bambino pare non lasciarsene sfuggire uno. Eppure, Sua Santità trova il tempo di prestarsi – absit iniuria verbis, anche in questo caso, se Sua Santità non capisce il latino, chi altri deve capirlo? – alla pantomima del video sulle carceri libiche. Che poi si scopre un video sulle carceri nigeriane di sette o otto anni fa. In un paese ancora confessionale, non confidando per niente in quella giustizia di cui pontifica – absit iniuria verbi, e fanno tre – il presidente Mattarella, non ci permettiamo aggiungere di più, per motivi di sopravvivenza.

Sono tutti tentativi disperati, perché i sondaggi – che le televisioni ormai oscurano così come le notizie sugli avvisi di garanzia, i rinvii a giudizio e le condanne di esponenti del PD – mostrano che grazie a Dio la gente ormai crede ad altre storie. Quelle vere. Quelle sintetizzate efficacemente dalla copertina che Time dedica questo mese a Matteo Salvini.

Qualunque cosa si pensi di Time, si tratta di giornalisti veri. Loro sanno dove sta il cambiamento. E chi è in grado di impersonificarlo.

(*) l’ultimo rifugio a cui era diretto Mussolini per organizzare la resistenza finale agli Alleati, quando fu arrestato dai partigiani

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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