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Gli antenati ci stanno dicendo qualcosa

La bandiera aborigena nel cielo dell’Australia (Photo by: R. Fletcher)

L’Australia continua a bruciare. E’ possibile che un intero continente venga divorato dalle fiamme senza apparente possibilità di salvezza, a meno che gli dei si decidano a far piovere? E’ possibile che ciò avvenga nella completa indifferenza degli altri quattro continenti? E’ possibile, anzi, succede proprio questo.

Ormai viviamo una vita virtuale sul web. Ci accontentiamo di foto, video e commenti postati qui sopra, che magari ci piegano in due come un cazzotto assestato allo stomaco, ma sembrano prosciugare qualsiasi nostra capacità emotiva, qualsiasi nostra energia vitale. Qualsiasi nostra capacità di risposta.

Foto agghiaccianti come quella presa dal satellite che ci mostra la porzione del nuovissimo continente mangiata dalle fiamme. O di canguri e koala in fuga disperata dal fuoco, da un’apocalisse che dall’alba dei tempi non avevano mai vissuto, almeno fino a prima che arrivasse sul loro suolo la bestia più imbecille di tutte: l’uomo bianco.

Gli incendi sono tutti di natura dolosa, chi ha bazzicato un minimo di protezione civile sa benissimo che l’autocombustione di fatto non esiste. Esistono sicuramente la stupidità e la cattiveria umana, contro cui a quanto pare non ce la fa più nessuno. Nemmeno il governo australiano contro cui si scagliano in questi giorni i suoi stessi concittadini, mentre altri richiamano l’attenzione su altri governi precedenti, purtroppo ormai appartenenti alla storia, se non addirittura alla leggenda.

Il continente che tra pochi giorni celebra il suo compleanno anglosassone (il 18 gennaio 1788 le prime navi inglesi attraccarono a Bothany Bay per scaricare il loro primo carico ufficiale di coloni, i galeotti delle Isole Britanniche) sta riscoprendo un passato che credeva ormai morto e sepolto: quello degli aborigeni che abitavano quella terra e la governavano, apparentemente meglio di quanto succede adesso. Gli aborigeni che adesso sembrano dire: ve l’avevamo detto. E lo fanno nel modo più clamoroso.

Un'altra foto virale: l'Australia in fiamme presa dal satellite

Un’altra foto virale: l’Australia in fiamme presa dal satellite

La foto più straordinaria della tragedia australiana l’ha scattata Rose Fletcher, una residente di Victor Harbor, il sud dell’Australia tra le zone più seriamente compromesse dal grande fuoco. Il primo gennaio 2020, la Fletcher scrutava il cielo come tutti i suoi concittadini, stavolta non per godersi i fuochi di artificio che annunciavano il New Year’s Eve ma piuttosto per capire a che punto erano le fiamme, se c’era una possibilità di salvezza per lei e per la sua comunità.

Il cielo le è apparso improvvisamente come una grande tela su cui qualcuno stava cercando di disegnare qualcosa. Poco dopo il sorgere del sole, la sua palla di fuoco avvolta ed amplificata dal fumo degli incendi si era stagliata su un orizzonte colorato da tonalità completamente inusuali. Colori che ricordavano qualcosa. Nero e rosso, con un sole giallo oro al centro.

Ma certo. La Bandiera degli Aborigeni. I native australians, progressivamente sterminati dagli anglosassoni e dagli altri immigranti fino ad essere ridotti al 2% della popolazione., A cui nel 1971 un tardivo pentimento del Congresso australiano aveva riconosciuto il diritto ad una propria rappresentanza, simboleggiata dalla bandiera disegnata dell’artista aborigeno Harold Joseph Thomas. La bandiera che viene issata ogni 12 luglio, il Giorno degli Aborigeni, a partire da quel 1971.

Il nero, che rappresenta la popolazione indigena della Terra Australis scoperta e reclamata da James Cook dopo la metà del settecento. Il rosso, che simboleggia la stretta, simbiotica relazione tra quella popolazione originaria e la sua terra (dalla caratteristica colorazione ocra, appunto, il clay). Una relazione che tutti lamentano essere stata persa, ora che le fiamme incontrollate si stanno mangiando tutto. E nel mezzo quel sole, simbolo di vita che adesso ha gli stessi colori della morte.

La Fletcher dopo aver scattato l’incredibile foto, quasi un segno divino, l’ha postata su Facebook. I commenti – significativi – non si sono fatti attendere. A cominciare da quello, lapidario, di chi ha scritto: «I nostri antenati ci stanno dicendo qualcosa». E un altro: «Diciamo la verità, gli Aborigeni si prendevano cura della terra. Vergogna sul governo australiano».

E ancora, come una sentenza: «Se non avessimo ucciso una quantità di aborigeni e avessimo imparato a prenderci cura della vegetazione dalla loro saggezza, forse non staremmo vivendo i momenti terribili che viviamo adesso».

E che momenti. Dall’inizio della crisi del fuoco assassino, l’Australia ha dichiarato 23 vittime umane e 12 milioni di acri andati in fumo, un’area più grande della Svizzera.

Incalcolabili sono le perdite nella fauna e nella flora. Gli ecologisti stimano che circa 500 milioni tra mammiferi, rettili ed uccelli siano caduti vittime delle fiamme. Tra questi, ottomila appartengono alla specie già a rischio di estinzione dei koala. In un continente in cui l’87% della fauna è endemico, cioè presente soltanto sul suo suolo, si può già concludere allo stato attuale che – al di là delle stime esatte – l’ecosistema e la presenza in esso di molte specie animali sono compromessi per sempre.

 

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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