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Highlander

Marzo 1986. Esce al cinema uno di quei film che sono spartiacque tra un prima e un dopoStargates tra un genere e l’altro. Dopodiché, niente è più lo stesso, e tutti lo citano o sperano di duplicarne il successo. Quasi sempre inutilmente.

Il regista è un semisconosciuto australiano, proveniente dal mondo degli spot commerciali e dei video musicali. Si chiama Russell Mulcahy, lui non lo sa ma come molti altri artisti al suo primo colpo sta per consegnare alla storia il suo capolavoro, ma anche la prova d’autore che non riuscirà in seguito ad eguagliare mai più.

Protagonista – dopo che sono stati interpellati mostri sacri come Mickey Rourke, che hanno detto di no per precedenti impegni o perché non ci credono – è un giovane attore francese altrettanto sconosciuto. Uno che non sa neanche l’inglese, malgrado il nome possa sembrare anglosassone, e che deve impararlo in fretta e furia prima che le riprese comincino. Uno che ha la briscola nel mazzo costituita da quello sguardo che sembra assassino e insieme profondo, ma che in realtà è dovuto soltanto a una miopia talmente accentuata che a volte gli rende quasi impossibile girare scene all’aperto, soprattutto quelle ambientate nelle nebbie scozzesi da cui la storia trae origine e antefatto. Si chiama Christopher Lambert, anche lui avrà in seguito altro successo, ma mai più quel successo.

Coprotagonista è il mostro più sacro di tutti, Sean Connery. Già invecchiato e stempiato, ma con quel fascino ormai irresistibile che gli deriva dal valore aggiunto di una classe innata e ben coltivata nel tempo, e dall’averne viste così tante nel cinema che questa storia bizzarra e apparentemente fumettistica – ma in realtà destinata a fare epoca e scuola – gli strappa a ragione quel suo caratteristico sorriso a mezza bocca. Addestrare il giovane guerriero scozzese a prepararsi all’Adunanza è – o almeno sembra – la cosa più divertente e insieme significativa che abbia mai fatto.

Highlander. Che in Italia non basta come titolo, ci viene aggiunto L’ultimo immortale. Ma non ce n’é bisogno, perché la storia è epica e avvincente fin dai primi fotogrammi. La battaglia dei guerrieri armati di antiche spade che si sfidano attraverso l’eternità fino ai tempi moderni in cui il loro codice cavalleresco si mescola all’high tech, finché non ne resterà uno solo. Questa battaglia comincia nei parcheggi sotterranei del Madison Square Garden di New York, dove due immortali si sfidano con le lame di una Toledo Salamanca del ‘500 e di una Katana giapponese del 2.000 a.C.

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Neanche il tempo di capire che non siamo in un giallo dei tempi moderni, ma in qualcosa che viene da molto più lontano, ed eccoci proiettati appunto lontano, nel medioevo scozzese, sulle Highlands dove i clan si danno battaglia e dove il giovane guerriero Conner McLeod ha il suo battesimo del sangue. Il nemico finale, il guerriero Kurgan che gli contenderà l’immortalità e la vittoria fino alla fine, lo ferisce a morte. Ma lui non può morire, può solo rimanere eternamente giovane mentre attorno gli invecchia e muore chiunque gli sia caro. Finché non arriva il giorno di presentarsi all’Adunanza, in quella terra lontana – gli Stati Uniti – dove è scritto che avverrà la battaglia finale e l’ultimo immortale riceverà il premio. La capacità di fare il bene dell’umanità intera, leggendo i pensieri e conoscendo i desideri di tutte le creature che la compongono.

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La storia avvince, lo farebbe comunque anche se non fosse impreziosita dalla colonna sonora appositamente composta dai Queen, che affiancano il maestro Michael KamenChi vuole vivere per semprePrincipi dell’UniversoUna specie di magia, sono tutti brani che completano la perfezione di una narrazione epica, stupendamente senza una piega sia nelle sue ambientazioni antiche che moderne. Dopo Highlander, il fantasy, il thriller, il film avente a protagonisti supereroi non possono essere più gli stessi. Ci saranno dei sequel, svariati tentativi di imitazione, tutti lasceranno il tempo che hanno trovato.

Ma la voce di Freddy Mercury, le riprese videomusic di Russell Mulcahy e gli occhi di Christopher Lambert che sorridono beffardi e miopi a quelli sornioni di Sean Connery, quelli sì, ne lasciano eccome di segno. Più di 30 anni dopo ce ne chiediamo la spiegazione e, siamo costretti a limitarci a constatare che….

«Ricordi?…… è una specie di magia…..»

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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