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I giganti del basket

Il pastore james Naismith

Il pastore James Naismith

Faceva freddo d’inverno a Springfield, Massachussets. Talmente freddo che gli studenti del locale e omonimo college dovevano sospendere al suo arrivo qualsiasi attività fisica all’aperto. Niente Football, né Baseball, sport che già alla fine dell’ottocento potevano essere considerati americani, dato il favore popolare che incontravano negli USA da diversi decenni.

Ci voleva qualcosa di alternativo, da poter essere giocato al coperto. Il college, che faceva parte della rete YMCA (Young Men’s Christian Association, organizzazione cristiana ecumenica che si occupava già allora di dare un futuro ai giovani), incaricò il suo insegnante di educazione fisica nonché pastore presbiteriano James Naismith, canadese di Ottawa, Ontario, di escogitare qualcosa che consentisse ai ragazzi di continuare l’allenamento fisico durante i rigidi inverni del New England. Doveva trattarsi, nelle intenzioni dei dirigenti-committenti, di un gioco semplice, dalla gestione più economica possibile, e che limitasse al minimo quel contatto fisico di cui abbondava invece il già affermato football americano.

Naismith aveva già fama di innovatore, essendo stato colui che aveva imposto ai giocatori del football – una versione se possibile ancora più violenta del rugby inglese – il casco protettivo che i suoi praticanti indossano ancora oggi come parte della loro armatura. Non si smentì neanche stavolta. Il gioco che ideò era e resta a tutt’oggi uno dei più semplici e tuttavia più avvincenti dello sport moderno.

Un goal del Tlachtli rinvenuto a ChichenItza

Il pastore si ricordò di un passatempo con cui i ragazzi dell’Ontario si divertivano all’epoca della sua infanzia: il duck-on-a-rock, l’anatra sulla roccia, che culminava con il lancio di una pietra verso un goal, una meta. Si ricordò inoltre delle antiche tradizioni azteche ed in generale precolombiane – non sopravvissute ai conquistadores, malgrado l’iniziale interesse di Hernan Cortes – che narravano del Tlachtli, un gioco di squadra assai cruento in cui vinceva chi riusciva a far passare una palla costituita di materiale vario ed assai pesante attraverso un cerchio di pietra posto in posizione sopraelevata, una specie di Quidditch (*).

Nel giro di pochi giorni, la fantasia del professore di ginnastica elaborò un gioco fatto di un pallone che doveva entrare in un cesto posto in alto, e cinque regole che i giocatori dovevano seguire per arrivare a farcelo entrare:

1. Il gioco è praticato con un pallone rotondo, che può essere toccato esclusivamente con le mani.

2. Non è permesso camminare con il pallone fra le mani.

3. I giocatori possono posizionarsi in qualsiasi posizione essi preferiscano, nel corso del gioco.

4. Non è consentito alcun contatto fisico tra i giocatori.

5. Il goal è posizionato orizzontalmente, in alto.

Le regole furono in seguito perfezionate, passando da cinque a tredici. Era il 15 dicembre 1891, James Naismith appese in palestra per la prima volta un cesto di vimini a fondo chiuso, e formò le prime squadre tra i suoi studenti, composte di nove giocatori ciascuna. Ogni volta che il pallone andava dentro il cesto, si doveva salire a riprenderlo con una scala. Pochi giorni dopo, il 21, fu giocata nella palestra la prima sfida di cui si ha memoria storica del gioco che Frank Mahan – uno degli allievi di Naismith – ebbe l’idea di battezzare come Basketball, Pallacanestro. L’incontro finì 1-0 e lo studente William Richmond Chase passò alla storia come l’autore di quel primo storico canestro.

Il 15 gennaio 1892 le tredici regole del Basketball messe a punto da Naismith vennero codificate ufficialmente e pubblicate sul giornale universitario The Triangle. Data che è rimasta come quella di nascita ufficiale del basket. La prima partita ufficiale del nuovo gioco fu giocata l’11 marzo dello stesso anno, tra una selezione di studenti e una di insegnanti. Vinsero i primi, con il punteggio di 5 -1.

il primo pallone ed il primo canestro

Il gioco ebbe da subito un successo incredibile, diffondendosi a macchia d’olio nei vari colleges degli Stati Uniti. Sei anni dopo, a Naismith che si era trasferito ad insegnare educazione fisica all’Università del Kansas, fu chiesto di diventare il primo coach della storia del gioco che aveva inventato, guidando la squadra locale, i Jayhawks. Lo fece per le prime nove stagioni della loro storia. Non fu il più grande degli allenatori, chiudendo con uno score di 55 vittorie e 60 sconfitte, ma i suoi allievi nel frattempo divennero ambasciatori del basket altrettanto potenti di quanto non fossero come missionari cristiani dell’YMCA.

Naismith andò in pensione nel 1937, un anno dopo aver avuto la soddisfazione di vedere la sua Pallacanestro diventare sport olimpico, ai Giochi di Berlino, dopo una prima apparizione dimostrativa già a Saint Louis nel 1904. All’ormai anziano inventore e pioniere del nuovo gioco americano – che a differenza degli altri, Baseball e Football, si sarebbe diffuso in tutto il mondo con una rapidità ed un successo eccezionali – fu riservato l’onore di alzare la prima palla a due nel primo match inaugurale del torneo, e quello assai più significativo ed emozionante di consegnare la prima medaglia d’oro della storia del basket olimpico agli Stati Uniti – il suo paese di adozione – che avevano sconfitto nella finale il Canada – il suo paese natale – con il punteggio di 19 – 8.

Michael Jordan, unanimemente riconosciuto come il più grande giocatore della storia del basket

Michael Jordan, unanimemente riconosciuto come il più grande giocatore della storia del basket

Naismith morì il 28 novembre 1939, dopo essere stato nominato presidente onorario della Federazione Internazionale (F.I.B.A.). Sette anni prima che, il 6 giugno 1946, nascesse a New York la National Basket Association, la leggendaria N.B.A. che avrebbe fatto del gioco inventato in pochi giorni da un pastore presbiteriano in una oscura palestra del Massachussetts uno spettacolo leggendario e degli Stati Uniti il posto dove lo si giocava come soltanto in paradiso.

Nel frattempo, per le stesse ragioni per cui era stato inventato in America, il gioco si stava diffondendo con successo anche nella parte del mondo che sembrava la più distante ed ostile all’America. L’Unione Sovietica, esclusa dalla possibilità reale di competere in tante discipline dove il professionismo ed un clima più mite favorivano l’Occidente, scoprì nella pallacanestro una chance di sfidare l’avversario americano su un terreno di gioco meno pericoloso e cruento di quello della Guerra Fredda, ma propagandisticamente altrettanto efficace.

Lo storico canestro di Aleksandr Belov

Lo storico canestro di Aleksandr Belov

Il Basket, da uno dei giochi più belli del mondo, diventò allora un gioco di tutto il mondo. Finché nel 1972, con la storica finale di Monaco di Baviera e l’altrettanto storico canestro di Aleksandr Belov ad un secondo dalla fine, l’URSS conquistò per la prima volta la medaglia d’oro olimpica ai danni degli USA che per la prima volta dovettero accontentarsi della medaglia d’argento.

Un risultato che, crediamo, il pastore Naismith da quel cielo da cui seguiva le partite ormai da più di trent’anni avrà apprezzato comunque. Il suo cesto di vimini appeso a tre metri d’altezza ne ha fatta di strada, arrivando ad essere appeso in ogni parte del pianeta dove un pallone a spicchi può rimbalzare sul pavimento di una palestra, fino ad essere lanciato dentro di esso.

(*) gioco immaginario, scaturito dalla fantasia di J. K. Rowling e praticato nei romanzi del ciclo di Harry Potter.

La statua commemorativa di James Naismith ad Almonte, Ottawa

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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