Sanità

Il destino degli infermieri: il caso 118

12 maggio, Giornata Internazionale dell’Infermiere. Quale modo migliore – e soprattutto più utile – per celebrarla di puntare i riflettori sulla condizione attuale degli addetti ai lavori e del servizio che sono chiamati a svolgere attraverso le dichiarazioni di alcuni personaggi rappresentativi?

Come cartina di tornasole prendiamo una situazione di prima linea assoluta, il servizio di pronto intervento comunemente conosciuto in Italia come 118. Ad illustrarne la sempre più drammatica condizione è Mario Balzanelli, presidente della Società Italiana Sistema 118 che – come si autodefinisce sul proprio profilo social network – è un «istituto previsto dal Servizio Sanitario Nazionale finalizzato a garantire la migliore risposta di soccorso sanitario in tutti i casi di emergenza e di urgenza». Il SIS 118 ha, tra i suoi obiettivi prioritari, la missione di favorire la diffusione presso la popolazione nazionale della cultura dell’emergenza e del primo soccorso nonché lo studio, la verifica e la promozione delle strategie gestionali di miglioramento continuo della qualità dei servizi erogati dai Sistemi di Emergenza Territoriale 118 del Paese (SET 118).

Balzanelli non usa mezzi termini. «Chiamare il 118 è un terno al lotto (…) Negli ultimi 7-8 anni il sistema di soccorso salva-vita è stato smantellato». A bordo delle ambulanze di rado ci sono medico e un infermiere in grado di intervenire con diagnosi e terapia immediata, spiega Balzanelli. E incredibilmente, la situazione e’ peggiore al Nord. «Al Sud – precisa – invece i mezzi di soccorso hanno il personale sanitario, ma troppo spesso arrivano in ritardo perché le ambulanze sono poche».

Balzanelli sottolinea dati drammaticamente significativi: per il 118 si spende l’1,7% di tutta la spesa sanitaria nazionale, e negli ultimi anni è stato chiuso il 50% delle Centrali Operative. Non solo, ma il Decreto Ministeriale 2 aprile 2015 n. 70 (che ha ridefinito gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza sanitaria) prevede che per ogni 60 mila persone deve essere garantito sui mezzi di soccorso «un team di prestazione avanzata, in grado di fare una diagnosi immediata e di fornire una terapia urgente».

La realtà non potrebbe essere più distante dalla norma. «Ogni Regione – spiega Balzanelli – fa a modo suo. E così succede che a Milano su centinaia di ambulanze, quelle medicalizzate, cioè con medico e infermiere a bordo, sono solo cinque. Nel Lazio ce ne sono 16, poche in tutto il Friuli. A Taranto invece chi chiama il 118 sta tranquillo perché il medico arriva sempre, come in Calabria e Sicilia, dove però c’è carenza di ambulanze e quindi sono sempre in ritardo mettendo a rischio la vita dei cittadini». In sintesi, ricomponendo un quadro nazionale, «troppo spesso sulle ambulanze ci sono solo soccorritori, volontari o persone che hanno seguito corsi certificati di rianimazione e che non possono intubare, dare farmaci, insomma salvare la vita alla gente».

E la Toscana? Come si colloca in questo quadro apocalittico, da anticamera della fine del servizio sanitario nazionale così come l’abbiamo conosciuto? Difficile dire, i dati non sono aggiornati, a fronte di un’immagine della sanità regionale che le sue istituzioni vorrebbero tuttavia presentare ancora come d’eccellenza.

Sentiamo Gianni Piccini, segretario territoriale del Valdarno Empolese ed Inferiore di Nursind, il sindacato apolitico delle professioni infermieristiche. Ecco come descrive l’attuale realtà della nostra regione.

«In passato abbiamo assistito al taglio delle centrali Operative del 118 in previsione del passaggio al 112, numero unico per le emergenze, rispetto al quale siamo ancora in alto mare. Attualmente è in corso a livello regionale la stesura di una delibera per la riorganizzazione dell’emergenza territoriale del 118, della quale nessuno sa chi siano gli attori che vi partecipano. Come Nursind abbiamo già espresso il nostro disappunto su ciò che sta succedendo nella Regione Toscana riguardo tale riorganizzazione. Ciò che ci lascia di stucco e che, a nostro avviso, avvalora sempre più il sospetto che vi sia da parte della politica regionale l’intenzione di mettere in mano a privati il servizio è proprio il silenzio assordante da parte delle istituzioni.

Abbiamo intenzione di scrivere direttamente in assessorato per il diritto alla salute per manifestare la nostra contrarietà ad una riorganizzazione di un sistema come il 118 senza il coinvolgimento di una figura cardine quale è l’Infermiere. Una esternalizzazione del servizio ci vedrà costretti, come sigla Sindacale ad attuare tutte le forme di lotta possibili per tutelare i diritti dei Professionisti che da anni fanno parte del sistema. La salute è il primo bene della collettività e come tale deve essere tutelato. La strada intrapresa su tutto il territorio nazionale e, nella fattispecie nella regione Toscana a nostro modo di vedere non va verso la tutela della salute dei cittadini.

A nostro avviso non è depotenziando e deprofessionalizzando un sistema come quello del 118, al quale ogni anno vengono tolte risorse e rivolgendosi a soggetti privati che si salvaguarda la salute dei cittadini. Riteniamo inaccettabile il silenzio che regna attorno a questa riorganizzazione, silenzio che, per quanto ci riguarda, ci fa temere il peggio sotto due aspetti, la tutela della Professione Infermieristica, figura cardine dell’emergenza territoriale non meno del Medico e, purtroppo la qualità del servizio, che indubbiamente avrà ricadute negative per quanto riguarda la tutela della salute dei cittadini».

Come definire una politica che ha fatto capire in più di una circostanza di non ritenere più necessaria la professione infermieristica per le strutture sanitarie regionali lo lasciamo alla sensibilità dei lettori. Ci limitiamo qui ad osservare che, per chi è abituato da tempo ormai immemorabile a considerare le signore e i signori della lampada come il principale – se non l’unico – conforto rispetto al venir meno della propria salute, quella di quest’anno forse è la ricorrenza più oscura, almeno in Italia e in Toscana, del giorno in cui venne al mondo Florence Nightingale. Ed il mondo, per gratitudine, scelse poi il suo genetliaco per celebrare la Giornata Internazionale dell’Infermiere.

Una professione a questo punto assurdamente a rischio.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento