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La Guerra d’Inverno

Postazione dell’esercito finlandese, inverno 1939-40

L’autunno e l’inverno del 1939-40 in Europa furono stagioni di guerra. Ma di quella strana guerra dichiarata ai primi di settembre per la difesa della Polonia, che non avrebbe avuto sviluppi fino alla primavera successiva. Le nazioni del Vecchio Continente rimasero in attesa di vedere cosa sarebbe successo, combattute tra l’aspettativa che si sarebbe ripetuta una guerra di posizione come nel 1914-18 e quella che alla fine non sarebbe successo nulla, con le grandi potenze che di lì a poco si sarebbero messe d’accordo perché tutto restasse com’era, in uno status quo che sembrava troppo conveniente e troppo poco garantito dal patto Molotov – Ribbentrop.

Ma in quella fine dell’anno 1939 una guerra guerreggiata ci fu, e per quanto localizzata in uno scacchiere lontano dal cuore dell’Europa dove si affilavano armi terribili, tale da appassionare l’opinione pubblica continentale, e invogliarla a prendere parte e tifare come se si trattasse di una competizione sportiva.

Dopo aver fagocitato la parte orientale della disgraziata Polonia, l’Unione Sovietica si rese conto di avere a quel punto un lungo confine comune con la Germania nazista. E confidando sulla volontà di Hitler di mantenere i patti (quelli appunto sottoscritti da Molotov e Ribbentrop ad agosto) non più di quanto Stalin aveva confidato sui suoi vecchi compagni di partito, al Cremlino qualcuno cominciò a porsi il problema di cosa sarebbe successo se la Wehrmacht avesse rivolto il muso dei suoi carri armati verso le steppe russe. I sovietici avevano spie che li tenevano al corrente dei piani tedeschi, malgrado a queste spie il loro dittatore non attribuisse grande valore. Dopo aver decimato i quadri direttivi dell’Armata Rossa e contribuito a soggiogare tutti i popoli che ad est potevano fare da cuscinetto tra la croce uncinata e la falce ed il martello, Stalin si lasciò prendere di sorpresa sia dall’offensiva tedesca in Francia del maggio 1940 sia dall’Operazione Barbarossa del giugno 1941 che mise fine all’illusione costituita dal patto nazi-sovietico.

Ma qualcuno del suo stato maggiore ancora ragionava in termini strategici, e fu per questo che il 30 novembre del 1939 l’U.R.S.S. dette via alla più strana delle guerre di quello stranissimo periodo. La guerra d’inverno contro la Finlandia esplose non per un capriccio russo o per una volontà revanchista rispetto all’assetto che a Brest-Litovsk aveva sancito la fine della prima guerra mondiale, privando il nuovo stato russo succeduto agli Zar di territori storicamente ad essi appartenuti (Suomi, l’ex Granducato di Finlandia era diventato formalmente indipendente il 6 dicembre 1917). Fu dichiarata – alla maniera russo-tedesca, cioé senza atto formale – per recuperare semmai un futuro, piuttosto che un passato.

Carl Gustaf Emil Mannerheim, reggente di Finlandia

Carl Gustaf Emil Mannerheim, reggente di Finlandia

La Finlandia non aveva valore per i russi da un punto di vista dinastico o del prestigio internazionale, ma piuttosto strategico. San Pietroburgo, o Leningrado come era stata ribattezzata dopo la Rivoluzione, si affacciava sul lago Ladoga e se fosse stata assediata da terra avrebbe avuto come unica via di fuga e di rifornimento le sue acque ghiacciate nella stagione invernale. I piani dei tedeschi prevedevano che la direttrice nord della Wehrmacht cingesse d’assedio proprio la vecchia capitale zarista, che necessitava pertanto di crearsi un retroterra a spese della Carelia finlandese, l’altra sponda del Ladoga.

La Finlandia negli ultimi secoli era stata un Granducato appartenuto dapprima alla Svezia e poi alla Russia zarista. Nel 1917 Helsinki aveva come detto approfittato della Rivoluzione d’Ottobre per recuperare una antica indipendenza, e aveva partecipato alla guerra civile tra rossi e bianchi per assicurarsi che il temibile ed ingombrante vicino non rialzasse più la testa. Alleata della Germania, la Finlandia aveva scoperto nel periodo post-bellico e post-rivoluzionario di avere un forte sentimento nazionale e di avere anche un leader capace di interpretarlo.

Il reggente della corona Carl Gustaf Emil Mannerheim era un ex ufficiale dell’esercito russo che dopo l’indipendenza aveva guadagnato fama e prestigio al punto da essere nominato dal parlamento di Helsinki a capo dell’esercito finlandese. La sua ora di gloria giunse alla fine del novembre 1939, quando i russi crearono un incidente simile a quello che aveva decretato la sorte della Polonia per mano tedesca, ed attaccarono il loro ex Granducato.

Mannerheim non si fece trovare impreparato. La linea che portava il suo nome a nord del Ladoga resistette meglio di quanto avrebbe fatto di lì a poco la Maginot sul fronte occidentale. Ma ancor più, le truppe finlandesi vestite in mimetica bianca si rivelarono più adatte a combattere nelle foreste della Carelia di una disorganizzata e poco abituata Armata Rossa, che per tre mesi fu falcidiata dai franchi tiratori finnici, capaci di sparare e fuggire con gli sci ai piedi secondo la micidiale tattica del mordi e fuggi.

Reparto finlandese di fucilieri sciatori

Reparto finlandese di fucilieri sciatori

L’opinione pubblica occidentale si schierò tutta a favore della piccola nazione scandinava impegnata contro il colosso bolscevico. Non soltanto per motivi romantici, ma anche perché tutto ciò che indeboliva l’U.R.S.S. era percepito come vantaggioso, che si fosse o meno schierati per la controparte tedesca ancora formalmente legata ai sovietici dallo scellerato accordo Molotov-Ribbentrop. Oltre a Svezia, Norvegia e Danimarca, anche l’Italia fascista e l’Ungheria governata dal filofascista ex ammiraglio austro-ungarico Miklos Horthy inviarono sostegno concreto ai combattenti di Mannerheim, il quale in quei mesi di lotta tra le nevi del lontano nord divenne un eroe non soltanto per la sua gente.

Il 12 marzo 1940 l’Unione Sovietica fu costretta a negoziare una pace che solo apparentemente le consentì delle conquiste territoriali, in realtà sancì uno smacco clamoroso per Stalin e alimentò la convinzione a Berlino che quello russo in realtà fosse un gigante dai piedi d’argilla. Con il Trattato di Mosca, la Finlandia cedette alcune isolette del golfo che porta il suo nome, oltre ad una striscia di terra nella penisola di Rybačij che le riduceva l’accesso al Mare Artico e incrementava la zona di confine diretto tra URSS e Norvegia. Ma i russi ebbero ciò che a loro premeva maggiormente: l’istmo meridionale di Carelia, la striscia di terra a nord del lago Ladoga che avrebbe potuto consentire al momento del bisogno il rifornimento via terra di Leningrado.

Cessioni territoriali finlandesi sancite dal trattato di Mosca del 12 marzo 1940

Cessioni territoriali finlandesi sancite dal Trattato di Mosca del 12 marzo 1940

La figuraccia rimediata dai soldati russi contro quelli di Mannerheim, da quel momento eroe nazionale finlandese, avrebbe salvato la vita alla loro patria in un altro inverno, quello del 1941-42 allorché il nuovo Barbarossa avrebbe portato a Leningrado e a tutta la Russia un attacco mortale.

Mannerheim era destinato ad alimentare la propria leggenda rifiutando di acconsentire alla richiesta di Hitler di attaccare l’Unione Sovietica a fianco della Germania, ed anzi tenendo il dittatore nazista in una fastidiosa e poco gratificante anticamera per diverse ore, il 4 giugno 1942. Dopo la guerra, avrebbe negoziato una pace definitiva con l’U.R.S.S. che avrebbe salvato l’indipendenza del suo paese a condizione che esso mantenesse in avvenire uno status di neutralità tra i due blocchi che si stavano costituendo in vista della Guerra Fredda. Uno status che la Finlandia ha conservato fino alla caduta del Muro di Berlino.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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