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La maledizione dei Templari

Il 18 marzo 1314 l’ultimo Gran Maestro dell’Ordine dei Templari Jacques de Molay salì sul rogo allestito sull’Ile de la Cité davanti a Notre Dame a Parigi. Con il suo supplizio e la sua morte (e secondo la leggenda con la maledizione che nei suoi ultimi istanti aveva lanciato sul Re di Francia e sui suoi successori) si conclusero sette anni di spietate persecuzioni e di procedimenti giudiziari più o meno farseschi con cui Filippo IV detto il Bello distrusse l’ordine monastico più potente dell’epoca e l’organizzazione che era stata il primo potere forte sovranazionale con cui gli stati d’Europa avevano dovuto fare i conti nell’epoca che stava diventando moderna.

Con una fine che ha del misterioso si concluse dunque il mistero dei Templari, che aveva avuto origini altrettanto misteriose. Di un Ordine dei Cavalieri del Tempio si era cominciato a parlare dopo la Prima Crociata, bandita nel 1095 a Clermont Ferrand da Papa Urbano II per la riconquista della Terrasanta occupata dai Musulmani e portata a termine nel 1099 dall’armata di Goffredo di Buglione a cui si erano aggregati entusiasti tutti i più importanti e nobili cavalieri d’Europa.

Il 15 luglio 1099 Gerusalemme era stata conquistata dai Crociati, i suoi abitanti non cristiani sterminati dal primo all’ultimo, il primo Regno Latino di Terrasanta stabilito. Fin qui la storia, da qui in avanti la leggenda. Pare che una parte dei Crociati che si riversarono dentro le mura della Città Santa non si diressero al saccheggio ed al massacro generale dei difensori, ma avessero un obbiettivo ben preciso a cui mirare: il Tempio di Re Salomone, che era stato il centro religioso ed amministrativo della fede ebraica e che l’Imperatore Tito aveva distrutto assieme a tutto il resto nel 70 d. C., quando a seguito dell’ultima e più pericolosa (per i Romani occupanti la Palestina) rivolta conclusa a Masada l’Impero aveva deciso di risolvere una volta per tutte il problema ebraico con la soppressione della nazione giudea e la diaspora, la dispersione dei suoi ultimi sopravvissuti.

Filippo il Bello assiste all'esecuzione di Jacques De Molay

Filippo il Bello assiste all’esecuzione di Jacques De Molay

Mentre gli Ebrei scampati alle Legioni si dirigevano in fuga ai quattro punti cardinali, ancora la leggenda (raccolta e sviluppata da testi più o meno romanzati diventati famosi come il Santo Graal di Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, ed il Codice Da Vinci di Dan Brown) racconta di una tribù che si diresse verso la Gallia meridionale, l’odierna Provenza francese, portando con sé un carico particolare, un tesoro preziosissimo da custodire. La leggenda medioevale del Santo Graal trasse fondamento da questa. La tribù fuggitiva verso le coste francesi portava con sé il San Graal, ovvero sia il sang real. Il sangue di Cristo, la sua discendenza.

La tribù perduta della Gallia, dopo la caduta dell’Impero Romano, avrebbe dato vita alla prima importante dinastia dei re della Frankia occupata dai barbari, i Merovingi. Il sangue reale sarebbe confluito in quello dei Re di Francia e custodito in silenzio dai discendenti di Meroveo, in attesa del momento di rivelarsi al mondo. Ma c’era dell’altro, c’era il ricordo di un altro tesoro lasciato indietro nei sotterranei del Tempio a Gerusalemme, che un giorno avrebbe dovuto tornare nelle mani dei suoi legittimi proprietari. Un tesoro che era fatto soltanto in parte di oro e ricchezze. La parte più consistente, più importante si diceva che fosse costituita di documenti antichissimi, contenenti un sapere ancora più antico. Un sapere che gli Ebrei avevano riportato via dall’Egitto con Mosé, e che risaliva al culto di Aton, lo strano periodo in cui gli antichi Egizi avevano venerato un unico Dio, ed al mito dei mastri costruttori delle Piramidi da cui sarebbe disceso nientemeno che Hiram Abif, l’architetto del Tempio di Salomone.

Nel Medioevo barbarico le cui tenebre si stendevano sull’Europa che faticosamente rialzava la testa dopo la fine dell’Impero Romano, la conoscenza di cui si favoleggiava essere sepolta da qualche parte a Gerusalemme (assieme ad ingenti ricchezze) era veramente un mito di una potenza indescrivibile, una ragione di vita romantica e sufficiente per nobili cavalieri in cerca di una propria chanson de geste come Rolando di Roncisvalle e Galahad della Tavola Rotonda.

Se era vero che alcuni di questi cavalieri discendevano direttamente dal Cristo Redentore, che a sua volta si faceva discendere dalla parte più nobile di quella nazione ebraica che la Chiesa Cattolica a quel tempo malediceva e perseguitava ma che in realtà si era costituita al suo interno come la parte più cosciente, avveduta, consapevole anche rispetto alla nuova religione, non c’è da meravigliarsi che al Dio lo vuole! gridato da Papa Urbano II nella cattedrale di Clermont Ferrand i nobili francesi fossero i primi a rispondere con grida altrettanto entusiastiche.

Leggende medioevali: i Templari e il Graal

Leggende medioevali: i Templari e il Graal

Furono due di questi nobili, sempre secondo una leggenda ormai accettata come avente fondamento di verità, Hugue de Payens e Jeoffrey de Saint-Homer i primi a localizzare ed a penetrare l’antico Tempio del Re Salomone, e ad impossessarsi di ciò che i suoi sotterranei contenevano.

Tra gli Ordini dei Monaci Guerrieri che la Cristianità decise di istituire con altrettante bolle papali allo scopo di proteggere non solo le conquiste dei Crociati in Terrasanta ma anche la strada che i pellegrini dovevano percorrere nel cuore dell’Europa e dell’Impero Romano d’Oriente (sempre più assediato dai Turchi Selgiuchidi) per arrivarvi, i Cavalieri del Tempio non furono i primi in ordine di tempo, ma divennero ben presto i più importanti.

In breve tempo, e per i due secoli successivi alla Prima Crociata, i Templari divennero custodi di conoscenze e ricchezze incredibili, tali da fare di loro una potenza sovrastatale e sovranazionale quale nemmeno il Sacro Romano Impero era riuscito ad essere. Loro era il sapere che consentì la ripresa in grande stile dell’edilizia sacra e profana, con le cattedrali e le torri che ripresero a sfidare il cielo come a Babele. E della filosofia, del sapere, della scienza in tutti i campi, con l’Umanesimo prima ed il Rinascimento poi che sfidarono e vinsero l’ignoranza di Stato stabilita dalla Chiesa Cattolica e dai suoi ipse dixit pseudo-aristotelici.

E soprattutto, dismesse progressivamente le armi crociate per le lettere di cambio, loro furono le banche più potenti, che – incuranti delle scomuniche papali (che a loro, in quanto non persone fisiche ma bensì giuridiche, non si applicavano) – presero a prestare ingenti somme di denaro ai Re d’Europa, a possedere porzioni di territorio e beni immobili quanto e più dei vecchi feudatari imperiali e della stessa Chiesa. A porsi come potere alternativo a quello di Papi, Re, Imperatori. Al cui sistema fiscale sottraevano risorse che poi questi, a corto di denaro, dovevano chiedere loro nuovamente a prestito.

Jacques De Molay

Jacques De Molay

Filippo il Bello fu il primo a escogitare che con una ben congegnata accusa di eresia tutto questo poteva finire, il tesoro di Salomone diventare il suo tesoro, i documenti segreti dell’Ordine cadere in mano sua. I Templari, non più cavalieri che proteggevano i pellegrini ma uomini di finanza e di potere, erano temuti e odiati da un po’ tutte le classi sociali, e nessuno mosse un dito in loro aiuto quando la trappola del Re di Francia scattò.

Con una operazione da fare invidia alle moderne polizie segrete, il 14 settembre 1307 gli uomini di Filippo attaccarono tutte le commanderies, le commende o filiali del Tempio sul suolo francese. Avvertiti per tempo, alcuni dei Templari riuscirono a scappare, portandosi via documenti e parte delle ricchezze accumulate. I più caddero in mano agli armigeri, che grazie alla pronta scomunica del Papa Clemente V (anche lui desideroso di liberarsi di quella congrega scomoda e riottosa, e di compiacere il potente vicino francese, così potente da reclamare di lì a poco il trasferimento della sede papale da Roma ad Avignone), agivano ormai anche come braccio secolare della Chiesa.

Per sette anni, gli uomini del Tempio furono processati in base alle accuse più infamanti: in sintesi, l’eresia e l’adorazione del Diavolo. Per sette anni furono condannati e giustiziati l’uno dopo l’altro. Il Gran Maestro de Molay fu uno degli ultimi, dopo essere stato torturato affinché rivelasse nomi, nascondigli e segreti dell’Ordine. Sacrificato soltanto quando era stato chiaro che dalla sua bocca non sarebbe uscito nulla.

Il giorno della sua morte è universalmente riconosciuto come quello in cui l’Ordine cessò di esistere. Ma in realtà non fu così. I sovrani di tutta Europa si accodarono a Filippo il Bello nelle persecuzioni e nelle confische, che lasciarono l’avido Papa Clemente V a bocca parzialmente asciutta malgrado le sue ripetute bolle che reclamavano alla Chiesa il patrimonio degli eretici. Ma ci furono eccezioni. Robert Bruce, l’eroe dell’indipendenza scozzese conquistata sul campo di battaglia di Bannockbourn (dove i Templari avevano combattuto valorosamente), essendo già scomunicato poté infischiarsi dei precetti papali, e dare asilo ai Templari in fuga. A Rosslyn, nella residenza dei Saint Clair, naturalizzati Sinclair (una delle famiglie nobili che si faceva risalire alla diaspora ebraica in Gallia ed al Santo Graal), fu ricostituito il Tempio di Parigi, e da lì sempre secondo tradizioni a mezza strada tra storia e leggenda, proseguì in segreto la storia di un Ordine che avrebbe dato origine nientemeno che alla moderna Massoneria.

Le tre caravelle di Cristoforo Colombo, Niña, Pinta e Santa Maria

Le tre caravelle di Cristoforo Colombo, Niña, Pinta e Santa Maria

I cattolicissimi Re di Spagna e Portogallo, inoltre, furono dispensati con bolla papale dall’osservanza del precetto persecutorio. La lotta per cacciare i Mori dalla penisola iberica, rispettivamente dall’Algarve portoghese e dall’Andalusia spagnola, infuriava ancora, e le ricchezze e le capacità militari superstiti dei Templari erano essenziali per quei sovrani. In particolare, sembra che Enrico il Navigatore – l’iniziatore della grande tradizione marinara e coloniale del Portogallo – dovesse ai Templari accolti nel proprio paese le fortune clamorose della sua marineria.

Qualcuno sostiene addirittura che i Templari avessero raggiunto le coste dell’America poco tempo dopo i Vichinghi e molto tempo prima di Cristoforo Colombo, che sempre secondo una certa mitologia altri non era che un affiliato al Tempio. Sulle vele delle tre Caravelle c’era una croce in tutto e per tutto simile a quella dei Templari. Sempre secondo fonti alternative alla storiografia ufficiale, il nome America non sarebbe stato un omaggio al navigatore fiorentino Amerigo Vespucci, ma piuttosto una corruzione di Merica, nome assegnato al nuovo mondo secoli prima dai navigatori Templari che a loro volta avevano corrotto il celtico originario Meurig.

Leggende che si mescolano a storie in percentuale indefinibile, l’ascesa e la caduta dei Templari restano in realtà a tutt’oggi un grande mistero, solo parzialmente spiegabili con la conquista di Gerusalemme e con la cupidigia di Filippo il Bello. Misteri che si susseguono l’uno all’altro, proseguendo la tradizione di misteri ancora più antichi, che affondano le radici nella notte dei nostri tempi, negli albori della nostra civiltà.

Non si può concludere forse la narrazione di questo mito di cui il rogo di Notre Dame del 18 marzo 1314 fu forse l’episodio più drammatico ed eclatante, se non con un altro episodio leggendario.

«Jacques de Molay è finalmente vendicato!»

«Jacques de Molay è finalmente vendicato!»

Quando la Rivoluzione Francese (di chiara ispirazione filosofica massonica) depose l’ultimo Re di Francia della dinastia dei Capetingi, Luigi XVI, lo imprigionò nella Torre del Tempio, ciò che restava della fortezza costruita nel XIII° secolo dai Templari e divenuta una prigione reale dopo la loro soppressione. La maledizione lanciata in punto di morte da Jacques de Molay sembrò compiersi dunque la mattina del 21 gennaio 1793 a Place de la Concorde, quando la lama della ghigliottina calò sul collo dell’ultimo degli eredi di Filippo il Bello, ponendo fine alla dinastia dei Capetingi, nonché all’epoca dei re e del loro potere assoluto.

Narra appunto l’ultima delle leggende di cui diamo conto oggi, che al momento in cui la testa del re ghigliottinato rotolò nella cesta che il boia aveva predisposto, un uomo dalla folla gridasse con voce esultante: «Jacques de Molay è finalmente vendicato!»

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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