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Storia delle Olimpiadi 1992: Barcellona

Nella foto: c’erano molti grandi team a Barcellona. Ma un solo Dream Team.

All’indomani del crollo del Muro di Berlino, qualcuno si affrettò a dire che il mondo era giunto nientemeno che alla fine della Storia. Se Hegel aveva avuto ragione, il progressivo alternarsi di tesi, antitesi e sintesi nelle idee e nelle vicende umane sembrava aver raggiunto un prodotto definitivo, non più migliorabile, emendabile. Il venir meno del Comunismo aveva lasciato sul campo un Capitalismo finalmente costretto a prendere in considerazione le cosiddette istanze sociali, e senza più alibi per continuare a non farlo. Il mondo ideale insomma che fino a quel momento soltanto i più fervidi utopisti avevano saputo sognare.

Nel 1992, quando le nazioni si radunarono nuovamente sotto i Cinque Cerchi, questa illusione idealista era già abbondantemente in crisi. Il Blocco Sovietico si era sbriciolato dall’oggi al domani come una fetta biscottata maneggiata con poca cura. Ma la Prima Guerra del Golfo aveva già chiarito a tutti che la Storia continuava, eccome. Ed era la solita storia. Quella che aveva costretto gli Antichi Greci ad immaginarsi almeno un periodo di tregua, all’ombra del più celebre dei templi dedicati a Dei che peraltro sembravano essere interessati a tutto fuorché a costringere la razza umana a progredire realmente ed a rinunciare ai propri istinti più feroci.

CompagnoniTomba210507-001Fatto sta, comunque, che l’8 febbraio di quell’anno, quando Michel Platini accese la fiamma olimpica ad Albertville, in Alta Savoia, e Francois Mitterand dichiarò aperti i XVI^ Giochi Olimpici Invernali, i vecchi atlanti geografici erano già finiti tutti nella spazzatura, al pari di tante vecchie certezze. Il mondo era irrimediabilmente cambiato. La prova più eclatante era quella bandiera sotto cui sfilava la squadra di quella federazione che una volta si era chiamata Unione Sovietica. Dal 1° gennaio 1992 si chiamava Comunità degli Stati Indipendenti, ed era diretta da Boris Eltsin, l’eroe dello sventato golpe di Mosca organizzato dagli irriducibili veterocomunisti contro il riformatore Gorbaciov.

Il C.I.O. aveva ammesso la C.S.I. sotto la dizione di Squadra Unificata, con la bandiera dei Cinque Cerchi in luogo della vecchia bandiera rossa con la falce ed il martello. In quei giorni, si cominciava inoltre a sparare anche in Jugoslavia per spartirsi l’eredita di Tito e Milosevic. La questione avrebbe richiesto molti più anni e molto più sangue rispetto a quello versato in U.R.S.S. per essere risolta. Più di una Olimpiade ne avrebbe dovuto prendere atto.

AlbertoTomba210507-001Ad Albertville, l’Italia festeggiò il suo momento di grazia negli Sport Invernali con Alberto Tomba che bissò la vittoria in Gigante di Calgary mettendo in fila i migliori del mondo, da Aamodt a Girardelli, mentre in Speciale si fermò – si fa per dire – all’argento dietro al norvegese Finn Christian Jagge. Ma in compenso altre buone notizie vennero dalle donne.

DeboraCompagnoni210507-001Debora Compagnoni da Bormio si impose all’attenzione del Circus dello Sci Alpino come la Tomba al femminile, dominando il Supergigante. Il giorno dopo, in Gigante, sembrava lanciata verso una splendida conferma quando il ginocchio le cedette in occasione del primo dei gravi infortuni che avrebbero condizionato la sua altrimenti leggendaria carriera.

A impinguare il medagliere ci pensarono Josef StefaniaBelmondo210507-001Polig, vincitore in Combinata, e soprattutto la piemontese Stefania Belmondo con una splendida tripletta nel Fondo: oro nei 30 km, argento nei 15 km e bronzo in staffetta, dove si mise in luce per la prima volta anche la promettente Manuela Di Centa.

Cinque mesi dopo, la fiamma olimpica arrivò sulle Ramblas. Sulle note di Barcelona, l’ultimo regalo di Freddy Mercury al mondo, cantata assieme alla soprano catalana Montserrat Caballé, un tedoforo paralimpico, l’arciere iberico Antonio Rebollo, accese il braciere mentre Re Juan Carlos dichiarava aperti los Juegos de la XXV Olimpiada.

Freddy Mercury Montserrat Caballé

La Spagna li attendeva da tempo, e con ragione. Barcellona 1992 fu per la nazione iberica che stava riacquistando a grandi balzi il proprio posto nel consesso delle nazioni più avanzate, quello che Roma 1960 era stata per una nazione italiana a quel tempo in condizioni non dissimili. Il motore ed insieme il simbolo di un boom economico e sociale con pochi eguali nella storia.

La capitale della Catalogna, alla cui designazione non era stata secondaria l’influenza del concittadino illustre Juan Antonio Samaranch allora presidente del C.I.O., fu rimessa a nuovo per l’occasione grazie all’opera di architetti di fama mondiale come Calatrava e Isozaki, che lasciarono alla città in eredità post-olimpica capolavori come l’Anello Olimpico del Montjuic, il Palau San Jordi, l’Estadi Olìmpic, la Torre de telecomunicaciones.

L'Anello Olimpico di Calatrava

L’Anello Olimpico di Calatrava

A Barcellona, il mondo festeggiò la fine dei Blocchi anche in ambito sportivo. Non soltanto la Spagna, che con i suoi 13 ori e 22 medaglie complessive registrò il suo miglior risultato di sempre, e la Germania riunificata appena due anni prima, che si attestò al terzo posto del Medagliere dietro Squadra Unificata e U.S.A., beneficiarono di un clima apparentemente nuovo e meno dopato in tutti i sensi.

Carl Lewis non era più il Figlio del Vento nei 100 e 200, ma era ancora il migliore nel Salto in Lungo (terzo oro consecutivo) e con lui nei ranghi la staffetta americana 4 x 100 tornò a dominare. Nei 100 metri, si mise in luce invece il britannico Linford Christie, mentre nei 200 una intossicazione alimentare mise fuori gioco l’astro nascente Michael Johnson, che lasciò via libera al connazionale Michael Marsh.

Nel nuoto, Alexander Popov cominciò la sua splendida carriera olimpica, che avrebbe continuato come atleta della Russia dopo la dissoluzione definitiva della Federazione. Tra le donne, si misero in luce per la prima volta a sorpresa le cinesi, che consentirono al loro paese un quarto posto finale nel Medagliere. Altri personaggi emergenti o definitivamente emersi, il leggendario canottiere britannico Steve Redgrave alla terza conferma olimpica, l’algerina Hassiba Boulmerka nei 1.500.

Andrea Zorzi e l'Italvolley di Julio Velasco

Andrea Zorzi e l’Italvolley di Julio Velasco

La Spagna vinse il torneo di Calcio, che presentò una innovazione significativa. Per rimediare ad un equivoco storico ormai non più sostenibile, il C.I.O. aveva messo definitivamente da parte il dilettantismo obbligatorio aprendo in tutti gli sport ai professionisti. Nel Calcio, ciò avrebbe significato però creare un doppione o un pericoloso concorrente dei Mondiali, e fu stabilito pertanto di porre ai partecipanti un limite di età. In pratica, finirono per partecipare ai Giochi Olimpici a partire dal 1992 le Nazionali Under 21 di ciascun paese. L’Italia era campione europea in carica, ma nei quarti lasciò via libera ai padroni di casa concedendo loro proprio la rivincita dell’Europeo di categoria.

dream-team-groupL’apertura al professionismo portò conseguenze epocali soprattutto in un altro torneo. Le Olimpiadi del 1992 si ricordano principalmente per il Dream Team del basket. Gli Stati Uniti poterono finalmente schierare una selezione allestita impiegando i migliori giocatori dell’N.B.A., e non più ricorrendo a promettenti studenti universitari. Michael Jordan, Magic Johnson, Larry Bird, Scottie Pippen sono nomi che non hanno bisogno di commento e che tutti gli appassionati di palalcanestro hanno impressi nella memoria. Come per il Brasile di Pelé nel calcio, probabilmente nel basket non sarà dato di rivedere tanto presto all’opera una squadra dei sogni come questa. In finale, la Croazia che rappresentava la prestigiosa scuola jugoslava fu scherzata dagli americani, finendo sotto di ben 30 punti.

Nella Pallavolo, il Dream Team sarebbe stato quello italiano, la generazione di fenomeni che a quel tempo mieteva un successo dietro l’altro con facilità apparentemente irrisoria. Nei quarti di finale di un torneo olimpico che sembrava non poterle sfuggire, l’Italia incontrò però per la prima volta la sua bestia nera, quella Olanda che le avrebbe sbarrato la strada anche in seguito. Il torneo fu vinto dal Brasile proprio sull’Olanda.

finale pallanuotoL’Italia confermò nel Medagliere una posizione a ridosso del decimo posto con 19 medaglie complessive di cui sei ori. L’ultimo dei quali, come a Seul, arrivò nelle battute finali, stavolta grazie al Settebello. Nella Pallanuoto, gli azzurri non vincevano da Roma 60 e prima ancora da Londra 48. In finale, nella nuovissima piscina Bernat Picornell, avevano la Spagna favoritissima e tradizionale avversaria, ma riuscirono a prevalere in una partita drammatica conclusasi al terzo tempo supplementare per 9-8. Da Canoa, Ciclismo (con la partecipazione straordinaria del povero Fabio Casartelli, che avrebbe incontrato un tragico destino al Tour de France due anni dopo) e Scherma le altre soddisfazioni azzurre.

Quando si spense il braciere olimpico il 9 agosto 1992, il sipario calò su una delle più belle edizioni dei Giochi. Il vecchio mondo era andato in mille pezzi e alle gare avevano partecipato ben 169 nazioni, tra vecchie e nuove. 9.356 atleti, di cui 6.652 uomini e 2.704 donne.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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