Cinema

Rimettete a posto le candele

Ma ve lo immaginate oggi, ai tempi del politicamente corretto e dei perdigiorno antifa sguinzagliati in giro come polizia morale talebana, un film come quelli di Mel Brooks? Battute come quella della vecchina che risponde allo sceriffo colored con un compito vaffanculo negro? E migliaia di altre sullo stesso impagabile, inconfondibile, esilarante e significantissimo tono?

No, oggi Melvin Kaminsky sarebbe finito subito nei guai, e non sarebbe mai diventato Mel Brooks. Il cinema avrebbe un bel numero di splendidi film in meno in archivio, i benpensanti una innocente vittima sacrificale in più.

Brooks poteva permettersi il suo humour dissacrante perché é intelligente, oltre che dotato di talento anticonformista. E perché, come molti altri ebrei arrivati in America in epoche in cui in altre parti del mondo la censura si esercitava con i pogrom, aveva una storia alle spalle che gli ricordava costantemente quali erano i suoi veri bersagli satirici e di quali assai meno piacevoli strali era stato – lui, la sua famiglia, la sua gente – a sua volta bersaglio.

Nato il 28 giugno 1926, all’epoca della Seconda Guerra Mondiale era abile e arruolabile, e se la fece tutta fino all’ultimo giorno, finendo con il grado di caporale del Genio Fanteria. Il caporale Kaminsky la sera si esibiva come imitatore e autore di gags che a quanto pare spopolavano tra i suoi commilitoni.

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Tornato a casa a Brooklyn, si fece la sua brava gavetta da cabarettista cominciando anche a scrivere testi per la televisione, attività durante la quale incrociò un altro predestinato e correligionario sui generis come Woody Allen. Nel 1964 sposò la sua compagna di vita Anne Bancroft, che di lì a poco sarebbe diventata famosa come Mrs. Robinson nel Laureato di Mike Nichols. Nel 1967 incontrò il suo compagno prediletto di tante scorribande cinematografiche, Gene Wilder, che diresse in Per favore, non toccate le vecchiette. Pochi incassi al botteghino, ma subito un Oscar, alla migliore sceneggiatura, già alla prima uscita.

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Il suo anno d’oro fu il 1974, allorché mise a segno due colpi che lo consegnarono alla leggenda, più che alla storia del cinema. Dapprima Mezzogiorno e mezzo di fuoco, la parodia di tutti i film western con cui la sua (e nostra) generazione era cresciuta. Una parodia dissacrante ai massimi estremi, che riscriveva la storia del West sostituendo l’ilarità al dramma di tanti capolavori come Soldato blu o Il piccolo grande uomo. Una parodia che oggi non gli sarebbe forse consentita. Il politicamente corretto ormai è diventato una guerra all’intelligenza, ed il principale sostegno a quelle stesse filosofie retrive che vorrebbe combattere.

Il successo di Blazing Saddles, che si avvaleva tra l’altro della soundtrack cantata dal mito Frankie Lane, fu doppiato entro l’anno da Frankenstein jr.

Qui c’era poco da dire, anche per i benpensanti dell’epoca. Il gioiellino con cui Brooks faceva affettuosamente il verso ai capolavori gotici che James Whale aveva portato sullo schermo direttamente dalle pagine di Mary Shelley, era un susseguirsi di divertentissime gags dalla prima all’ultima scena, pronunciate a ruota libera senza che nessuno potesse risentirsi. Men che meno Boris Karloff, parodiato dal mostro dal volto simpatico impersonato da Peter Boyle.

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I duetti tra Aigor e Frederaik Frankenstin sono nella storia del cinema, così come Gene Wilder e Marty Feldman sono per sempre nei nostri cuori. Il film è frutto di uno stato di grazia in seguito sfiorato ma mai più raggiunto dallo stesso Brooks, se non forse a tratti in quel Essere o non essere, parodia di Noi vogliamo vivere! di Ernst Lubitsch dove recita accanto alla moglie e dove consegna agli annali del cinema un altro paio di scene esilaranti che valgono da sole tutto un film. Sicuramente quella finale in cui Brooks entra vestito da Hitler in un pub inglese del 1940, dopo aver coronato con successo la fuga dalla Varsavia occupata dai nazisti.

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E’ un EGOT, ha vinto cioé tutti i premi: Emmy, Grammy, Oscar, Tony Award, e ce ne sono veramente pochi. Ce ne sono ancora meno capaci di girare un film che quarant’anni dopo riguardi per la centesima volta, e puntualmente, sulle stesse battute, ti scopri a ridere a crepapelle come un bambino. Il bambino che Mel Brooks ha saputo tirar fuori da noi e mantenere in vita per tutti questi anni.

P.S. Mel ne finisce 98. Voi li sentite?

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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