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Saranno famosi

Alan William Parker era una specie di Tony Scott ante litteram, regista estremamente dotato che era entrato nella cinematografia da una delle pur dorate porte di servizio: gli spot commerciali. Qualcuno ricorderà ancora quelli realizzati negli anni settanta per la Cinzano con Joan Collins come protagonista.

Alan Parker

Come film d’esordio scelse una commedia baby noir musicale, Piccoli Gangster, che irrideva a quel mondo della malavita organizzata ritratto in quegli anni magistralmente da Francis Ford Coppola e Martin Scorsese, e che en passant lanciò definitivamente la carriera nientemeno che di Jodie Foster (il suo baby partner nell’occasione era Scott Baio, conosciuto ai più come il cugino di Fonzie in Happy Days).

Alla seconda prova, ecco subito l’indimenticabile capolavoro. Midnight Express, in Italia Fuga di mezzanotte, fece conoscere al mondo l’agghiacciante realtà delle carceri turche insieme alle sue potenzialità di regista che da lì in poi avrebbe sfornato soltanto capolavori.

Alla terza uscita, fu la volta di Fame, in Italia Saranno famosi. In apparenza l’ennesimo music movie che strizzava l’occhio al pubblico più giovane, sulla scia di American Graffiti e della Febbre del sabato sera. In realtà, Parker strizzava più di un occhio ad un pubblico che sulle note della musica pop e rock del tempo era abituato a riflettere.

A quei giovani della fine del decennio che aveva visto la conclusione della tragedia del Vietnam e l’esplosione delle questioni sociali nella patria dei sogni alla portata di tutti, diventava sempre più difficile giustificare l’esclusività di un sogno americano che lasciava indietro troppa gente rispetto alla retorica fino ad allora in voga.

Lydia Grant vs. Coco Hernandez

Lydia Grant vs. Coco Hernandez, un match sempre da scintille

L’America non era più quella di Milwaukee e dei suoi Happy days, né quella di Smalville e del suo Clark Kent che ad ogni problema grande o piccolo entrava in una cabina telefonica, si cambiava in un costume con il mantello e la grande S sul petto, poi usciva fuori e sistemava tutto.

No, l’America era decisamente quella descritta da Scorsese nelle sue Mean streets, ed era ora che anche i giovani sognatori se ne accorgessero. Consumo di stupefacenti, discriminazione razziale, criminalità organizzata, prostituzione minorile ed alcolismo erano problemi devastanti e sotto gli occhi di tutti coloro che vivevano nelle metropoli americane o vi soggiornavano.

La musica del film era sempre splendida, come del resto tutta quella suonata nella patria del rock ‘n’ roll, ma le immagini che vi scorrevano sotto erano di quelle che facevano stringere il cuore. Erano le vicende dei ragazzi entrati come aspiranti artisti alla High School of Performing Arts di New York e che ne sarebbero usciti cinque anni dopo come uomini e donne fatti che sanno ormai che prezzo c’è veramente da pagare per diventare quello che sognano e che hanno appena cominciato a pagarlo («Voi volete il successo, ma il successo costa», dice loro Mrs. Grant, l’insegnante di danza, in una sintetica ed efficacissima lectio magistralis sovrammessa ai titoli di testa sulle note della cover omonima del film).

Leroy, the dancer

Leroy, the dancer

I protagonisti principali sono studiati per essere accattivanti al massimo oltre che rappresentativi del succo della storia. Il nero ballerino Leroy Johnson, la ballerina ispanica Coco Hernandez (nel film interpretata da Irene Cara, la vocalist che avrebbe lanciato la hit Fame, facendone un successo discografico mondiale doppiato pochi anni dopo da Flashdance), il pianista e musicista italiano Bruno Martelli e l’altro italiano con vocazione comica Danny Amatullo riassumevano l’ansia di non farcela e la fatica di vivere senza alternative dei ragazzi newyorkesi – per di più delle minoranze etniche – negli anni in cui si scopriva che la Grande Mela al suo interno era più che bacata.

Alan Parker ed il suo successo presero subito strade diverse. Il regista britannico imboccò quella delle candidature ai premi più importanti del cinema. Quattro titoli su tutti: Birdy, le ali della libertà, Pink Floyd The Wall, Mississippi Burning, oltre al musical biografico Evita. L’ultimo suo film nel 2003, The life of David Gale, un apologo contro la pena di morte, colpì nel segno e tanto per cambiare anche allo stomaco del pubblico, dopodiché il baronetto insignito da Sua maestà la regina si ritirò a vita privata dandosi alla pittura: «Lavoro sui set da quando avevo 24 anni ed è stato salutare poter fare qualcosa di creativo senza l’aiuto di altre 100 persone».

Irene Cara, the voice

Irene Cara, the voice

Saranno famosi prese invece la strada della televisione. Il film aveva avuto un tale successo che al casting per la serie televisiva che la MGM voleva fargli seguire si presentarono perfino grossi nomi della musica americana, come Joan Baez ed una aspirante stellina di nome Veronica Louise Ciccone che già si faceva chiamare Madonna. Scartata come Jennifer Beals, che si sarebbe rifatta di lì a poco con Flashdance.

La serie, ambientata sempre a New York ma in realtà girata interamente a Los Angeles, andò in onda per sei stagioni, ma senza eguagliare il successo del film di Parker, tanto che la Metro Goldwin Mayer voleva cancellarla dopo appena due. Non lo fece, per la gioia e la gratitudine eterna dei telespettatori europei presso i quali Fame si rivelò un successone che faceva impallidire le precedenti productions d’oltre oceano.

In Italia fu trasmesso a partire dal 1983 fino al 1990, quasi subito nella fascia d’obbligo della vecchia TV dei ragazzi, e poi replicato un’infinità di volte. Un successo pari a quello avuto in Inghilterra, dove il musical spin-off ha tenuto banco per quasi dieci anni nei teatri del West End di Londra.

Se vuoi riascoltare la canzone Premio Oscar 1981 per la migliore colonna sonora, clicca di seguito:

Fame • Theme Song • Irene Cara

Se poi ti vuoi commuovere con il blues di Danny……..

Fame “Come What May”

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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