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Россия 2018 – La caduta delle stelle

Se si deve scegliere una colonna sonora per la fase eliminatoria dei Mondiali di Russia 2018, Antonin Dvorak e la sua Sinfonia dal Mondo Nuovo si prestano a meraviglia. Il compositore praghese scrisse il suo capolavoro lontano dalla vecchia Europa, anche se non dimenticò mai le sue origini culturali che lo legavano alla Mitteleuropa ma anche a quel mondo borderline che era la Russia, musicalmente parlando e non solo.

E’ un mondo nuovo quello che abbiamo visto dispiegare le sue forme, i suoi colori, i suoi ritmi, a partire dalla cerimonia di apertura fino alla vigilia delle partite ad eliminazione diretta. Il calcio è cambiato, definitivamente e irreversibilmente. Il blasone, il favore di pedissequi pronostici, la presenza in squadra degli eroi (spesso di cartone) del mercoledi sera di Champion’s, tutta questa roba non basta più. Ci vogliono corsa, entusiasmo, fame di vittorie. La vecchia Europa e l’altrettanto vecchio Sudamerica sono sazi ed esausti. Il Terzo Mondo calcistico è a ridosso, ed in Russia ha messo la freccia per il sorpasso. E’ vero l’Africa è fuori prima degli Ottavi, ma guarda caso i favori del pronostico vanno alla Francia, che di fatto ha saputo pescare i talenti migliori nel Continente Nero e che ha integrato l’Africa con l’Europa. Il Senegal non ha rispetto per la Polonia, la Sud Corea per la Germania campione in carica, ed alle sorprese negative Italia e Olanda, che non si sono nemmeno imbarcate per la Russia, si aggiungono subito due nazionali che in altri tempi hanno fatto la storia dei Mondiali. L’Argentina si salva per il rotto della cuffia e l’inesperienza di una Nigeria che al quinto confronto consecutivo non ha ancora imparato come batterla. In generale, vale più un collettivo affiatato e assatanato come quello del Giappone che avere un Lewandowski, un Messi, un Thomas Muller intorno ai quali ruotano assi e scartine che non fanno più, o non hanno mai fatto, una squadra vera.

Da un punto di vista dello spettacolo puro, anche se il calcio totale è ormai un ricordo così come il calcio bailado di altri tempi e luoghi, verrebbe voglia di dire che si tratta del Mondiale più divertente da tanto tempo a questa parte. Poi cominciano gli Ottavi di Finale, la musica cambia, qualcuno toglie dal piatto Dvorak e lo sostituisce con qualche vinilaccio heavy metal, o con qualche nenia di quelle che mettono a Isoradio per far addormentare meglio la gente alla guida. Il bel gioco sparisce, lo spettacolo si riduce a pedatoni e meline, che non bastano a salvare il blasone di altre pretendenti, ma a far annoiare il pubblico come prima e più di prima sì.

Messi non succederà a Maradona

Messi non succederà a Maradona

1 – Francia vs. Argentina. La nazione che fischia l’inno nazionale altrui ha la soddisfazione di sentir risuonare il proprio cantato a squarciagola da uno stadio che presente l’arrivo del jour de gloire. L’Argentina che soffre nelle eliminatorie di solito arriva fino in fondo, ma questa volta il bluff non regge. Questa non è più una squadra, ma una seleccion di grandi giocatori (magari con qualche limite caratteriale) come Messi, Di Maria e quel che resta di Mascherano, contornati da comprimari che stanno in campo per scelte spesso discutibili. Messa sul piano fisico, la Francia ne ha di più, così come di velocità e talento. I bleus affondano nella difesa albiceleste come coltelli nel burro e la fanno a pezzi. Emerge il talento notevole di Mbappe, anche se consiglieremmo a Pelé e qualcun altro di aspettare con i paragoni e i panegirici. La Perla nera vinse un mondiale all’età di Mbappe, vediamo questo ragazzo e i suoi compagni dove arrivano stavolta. Non sarà sempre Argentina. Per la quale gli occhi spenti di un Leo Messi che da adesso nessuno finalmente paragonerà a Diego Maradona parlano più di ogni altra cosa.

Cavani consola Cristiano Ronaldo

Cavani consola Cristiano Ronaldo

2 – Uruguay vs. Portogallo. A proposito di numeri uno, tra i Lusitani c’è quello che ha conteso a Messi per una vita i Palloni d’Oro. L’abbiamo detto e ridetto fino alla noia, Cristiano Ronaldo ha qualcosa in più, oltre ad essere un fuoriclasse è anche un leader carismatico, uno che si carica la squadra sulle spalle come agli Europei di due anni fa. Che probabilmente sono stati il massimo che la sua squadra poteva fare. Stavolta Cristiano ha poco da caricarsi sulle spalle. La differenza tra lui ed Edilson Cavani è che il secondo ha un contorno più consistente di quello di CR7, che deve salutare anch’egli la Coppa del Mondo – da lontano – per l’ultima volta. Gli uruguagi, che al prossimo turno offriranno alle ambizioni francesi un banco di prova assai più consistente di quello argentino, sono tosti come sempre e stavolta anche dotati di talento. Suarez ha smesso di mordere la gente e adesso morde le difese avversarie. Francia vs. Uruguay può essere già una finale.

La commozione di Iniesta che annuncia il suo addio alla Nazionale

La commozione di Iniesta che annuncia il suo addio alla Nazionale

3 – Russia vs. Spagna. L’Età d’Oro, come successe ai tempi di Carlo V, è trascorsa, la generazione dei fenomeni è agli sgoccioli, le Furie Rosse sono ritornate quelle di sempre. Gran possesso palla, quasi estenuante, grande agonismo, ma il talento residuo di Isco e di qualche superstite del Sudafrica non basta più. La Spagna tiene palla ma non sa che farsene, e così fatalmente ritorna quella che agli Ottavi è già fuori. La Russia non ha né individualità di spicco né schemi di gioco particolari, ma è – come spesso le è successo in passato – un collettivo affiatato come un plotone di Spetnaz, sente che l’occasione di fare la storia è a portata di mano, che avversari stratosferici in questo suo mondiale casalingo non ce ne sono, che insomma stringendo i denti ce la può fare. Vedremo, per il momento mentre Cheryshev calcia il rigore decisivo, gli occhi di Andres Iniesta ricordano tanto quelli di Andrea Pirlo in una circostanza altrettanto crepuscolare, quello Spagna vs. Italia di sei anni fa, a Kiev. E’ la legge dello sport, ed è una legge che non accetteremo mai volentieri.

Modric sarà la stella del Mondiale?

Modric sarà la stella del Mondiale?

4 – Croazia vs. Danimarca. La squadra dal calcio migliore messo in mostra fino ad adesso contro quella che storicamente ha fatto sempre girare le scatole agli avversari più pronosticati. I danesi sono gli ultimi vichinghi rimasti, che abbiano paura di chicchessia non esiste, che non sappiano come ridurre a miti consigli le stelle croate, nemmeno. La Croazia finisce per sembrare la Spagna, e quando Modric – un’altra delle stelle a intermittenza di questo Mondiale, giocare nel Real è più facile per tutti evidentemente – sbaglia il suo rigore sembra quasi destinata a ripeterne la sorte infausta. Poi trasforma il secondo, quello della lotteria, ed è la Danimarca a sbagliare il suo. I croati vanno avanti, ma devono ancora dimostrare di essere maturati per poter ambire a qualcosa di più del terzo posto di vent’anni fa, in Francia, anche se l’eroe di allora, Davor Suker, si frega le mani in tribuna. Una certa indolenza slava potrebbe rivelarsi fatale nei Quarti contro la Russia, che oltre a giocare in casa tempera la propria componente slava con quella vichinga. Le gambe e i cuori russi non tremeranno, questo è certo.

Neymar, provocazioni, sceneggiate e poco altro

Neymar, provocazioni, sceneggiate e poco altro

5 – Brasile vs. Messico. Qualunque squadra nord, centro o sudamericana che affronti il Brasile, lo fa con lo spirito dei cacciatori di scalpi del vecchio West: quello dei carioca vale più di ogni altro. In Copa America o Libertadores queste sono partite da botte da orbi, e spesso sono i brasiliani a prenderle. Ma stavolta il Messico è poca cosa, e non ha attaccanti di valore. Ai verdeoro basta una prestazione di media consistenza – malgrado una delle edizioni più indisponenti di sempre del suo giocatore più indisponente di sempre Neymar, che sembra sempre cercare provocazioni e guai piuttosto che soluzioni di gioco – per regolare la pratica Ottavi. Di qui a dire, come fanno i nostri provincialissimi giornalisti, che il Brasile è favorito d’obbligo di questo Mondiale, ce ne corre come tra Neymar e Ronaldo il fenomeno, per non andare a scomodare il vecchio ineguagliato Pelé.

Fellaini salvatore della patria

Fellaini salvatore della patria

6 – Belgio vs. Giappone. La partita più divertente di questi Ottavi, e ci voleva poco. Se i giapponesi avessero un minimo senso dell’equilibrio e della tattica mischiati al coraggio ed all’energia messi in mostra in questa come in altre circostanze, nel 1940 avrebbero conquistato il mondo. Di sicuro adesso attenderebbero a pié fermo il Brasile per farne surimi. Invece, trovatisi su un clamoroso 2-0, continuano a buttarsi in avanti manco in panchina avessero di nuovo Yamamoto. Il Belgio accorcia le distanze fortunosamente, poi i suoi talenti vengono fuori e nel quarto d’ora finale i belgi sembrano gli olandesi di qualche tempo fa e ribaltano la situazione. Per il Sol Levante non mancheranno soddisfazioni future, se i suoi samurai continuano così. Per i belgi pronostico da definire, ai brasiliani non puoi regalare gol come quelli regalati ai nipponici, ma la difesa del Brasile, pur priva di Avenida Marcelo, reggerà agli assalti di Hazard & soci?

Il cuore della Svezia

Il cuore della Svezia

7 – Svezia vs. Svizzera. Gli svedesi non saranno più quelli dei tempi di Gre-No-Li, ma sono bastati a tenerci fuori da questo Mondiale. E zitti zitti, ma neanche tanto, avrebbero potuto sbattere fuori la Germania con un turno di anticipo e adesso sbattono fuori anche la Legione Straniera elvetica, a cui non bastano i tanti talenti mittteleuropei e mediterranei naturalizzati. Gli svedesi non fanno niente di eclatante, ma fanno tutto abbastanza bene. Il loro approdo nei Quarti di Finale di questo torneo da un lato attenua, dall’altro rinfocola le delusioni nostrane: con un allenatore più decente poteva esserci la pattuglia azzurra a dire la sua qui in Russia, in un contesto che non consegnerà comunque alla storia grandi squadre e grandi campioni. Ma invece ci sono i gialli di Svezia, e qualcosa ci dice che, zitti zitti, la loro epopea cominciata in quel di San Siro non sia finita qui.

"Uragano" sulla Russia?

“Uragano” sulla Russia?

8 – Inghilterra vs. Colombia. La Nazionale dei Tre Leoni non combina più niente dall’edizione casalinga del 1966. Poi ha sempre sbattuto nella propria presunzione, nella sfortuna, nelle mani galeotte altrui, e soprattutto nella lotteria infida dei calci di rigore, lungo la cui strada ha avuto per diverso tempo come compagna di viaggio la Nazionale azzurra. A questo giro, Harry Kane e compagni sono sembrati la prima generazione inglese che si è fatta furba. Ha dato un minimo di spettacolo quando serviva, con Tunisia e Panama, ha lasciato al Belgio l’onore e l’onere di affrontare per primo il Brasile, è arrivata a questi Ottavi decisa a non fare arrembaggi ma a capitalizzare al massimo i doni della sorte. Harry Kane come Francis Drake, e anche se nessuno della casa reale inglese si è affacciato in terra di Santa Madre Russia per i noti motivi, c’è da giurare che la Seconda Elisabetta sogni in cuor suo di emulare le gesta della Prima. Dall’altra parte del terreno di gioco, la Colombia dei suoi geni sregolati. Quattro anni fa si fermarono di fronte al Brasile casalingo con il rammarico di non aver osato di più. Lo fanno anche stavolta, tirando nella porta inglese una sola volta, al 94’ per il fortunoso pareggio che vale i supplementari ed i calci di rigore. Gareth Southgate, che adesso siede sulla panchina inglese, era in campo il 26 giugno 1996 all’Imperial Stadium di Wembley per la semifinale europea, e fu proprio lui a sbagliare il rigore che dette alla Germania una rivincita attesa per 30 anni e il via libera per la finale contro la Rep. Ceca. Stavolta deve assistere all’errore di Henderson che sembra prolungare per Albione la Maledizione dei Rigori, poi sbagliano Uribe e Bacca, il portierino Pickford sale sugli scudi e la Colombia sprofonda. Svezia vs. Inghilterra sarà uno scontro d’altri tempi, due squadre essenziali, consapevoli di attendere una soddisfazione da troppo tempo, e di avere forse stavolta qualche freccia in più al proprio arco per potersela togliere. E poi vedere se l’Inverno Russo è davvero così brutto come Napoleone e Hitler hanno raccontato.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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