Calcio Homepage

Chiedi chi era Gerd Muller

Immagini in bianco e nero (il colore in Italia sarebbe arrivato ai Mondiali successivi, dopo anni di interminabili discussioni tra i sistemi PAL e SECAM).

La partita del secolo vista dalla parte dei tedeschi dell’Ovest. Noi avevamo Gigi Riva, Rombo di Tuono. Loro avevano Gerard Muller, detto Gerd. Detto anche der bomber.

Era un’Italia come non si era più vista dal 1938. Ma era anche una Germania Ovest come non si era mai vista. La più bella di sempre, a parere di chi scrive. Erano capelloni, come gli olandesi, ma soprattutto giocavano a calcio come gli olandesi. E allora significava giocare come in paradiso.

Nel 1972 avevano toccato il loro apogeo, vincendo l’Europeo in Belgio, schiantando l’URSS che all’epoca non scherzava neanche lei, e mettendo fine ad una serie di delusioni cominciate a Wembley al cospetto di Hurst e compagni e proseguite in Messico allo stadio Azteca, al cospetto di Riva, Rivera & c.

All’Azteca c’é – o forse e il caso di dire c’era, visto che il glorioso stadio non ha resistito all’usura del tempo ed alla brama degli affari, come molti altri – una targa ricordo: vencido e vencido siempre con honor. Gli unici a non richiamare volentieri alla memoria quella targa sono i tedeschi, a cui quel giorno toccò fermarsi a tre, mentre l’Italia, con il soldatino Rivera che rimontava dalle retrovie, ne segnava quattro ed entrava nella leggenda.

Gerd Muller nel 1973

Gerd Muller nel 1973

Di quei tre che i tedeschi non ricordano volentieri, Gerd Muller ne segnò due, dopo quello di Schnellinger marcato in un recupero in cui già i suoi compagni di squadra erano rassegnati alla sconfitta per effetto del vantaggio messo a segno da Boninsegna e lungamente difeso dagli azzurri. Il primo fu corretto in rete dalla deviazione di Tarcisio Burgnich, che poi provvedette di persona al pareggio. Ma il gol era suo, di Gerd. Rapinatore d’area come pochi altri, il Paolo Rossi germanico, der bomber soprese il duo Albertosi – Rivera ancora una volta, pareggiando sul 3 a 3 il nuovo vantaggio italiano di Riva. Si dice che quel gol e la conseguente furibonda reazione del portiere azzurro misero una tale apprensione in Rivera da sospingerlo avanti all’appuntamento con il destino italiano, vanificando l’impresa del tedesco.

Che si sarebbe rifatto quattro anni dopo, in casa sua a Monaco di Baviera. Il bomber del Bayern Munchen aveva un ultimo appuntamento con il destino proprio e nazionale, e l’ora scoccò al 43° di Olanda – Germania, finale dei mondiali di calcio più totali di sempre. Gli orange avevano dato una lezione a tutti, ma i bianchi di Germania (lato Ovest del muro di Berlino) erano stati i più bravi ad apprenderla ed a metterla in pratica. Cosicché al primo rigore di Neeskens rispose quello del pareggio di Breitner, e poi toccò a Muller intercettare e rapinare la palla che mise alle spalle di Jongbloed e che indirizzò la finale del 1974 verso un risultato in cui pochi avevano scommesso.

GerdMuller210818-002

La Germania Ovest alzò la sua seconda coppa del mondo (dopo quella del 1954) grazie a lui, che tolse le castagne dal fuoco sia con la Polonia che con l’Olanda. Fu l’ultima delle sue sessantadue partite in nazionale, cominciate subito dopo la finale del mondiale 1966. Il suo score finale sarebbe stato di 68 reti, alla media di più di uno a partita. La nuova Germania di Karl Heinz Rummenigge, tuttavia, non aveva più bisogno di lui.

Fin qui la leggenda, da qui la storia. Il più prolifico attaccante tedesco di sempre, anche se il suo record in nazionale ai mondiali (13 reti) è stato poi battuto dal connazionale Miroslav Klose (16) con l’intermezzo del brasiliano Ronaldo (15). Le cifre sono impressionanti, anche se come sempre avare di poesia. Con la media di quasi un gol a partita, Gerd Muller avrebbe chiuso la sua carriera a Fort Lauderdale nel soccer americano, come usava allora per le vecchie glorie.

Era il 1979. Poco dopo sarebbe cominciata per lui una nuova carriera, quella della lotta contro la depressione e l’alcoolismo. Le luci dei riflettori, quando si spengono, giocano brutti scherzi. Aiutato dai vecchi compagni del Bayern e della nazionale tedesca, gli fu dapprima suggerito un programma di disintossicazione e riabilitazione e poi ritagliato un ruolo di allenatore delle giovanili.

Gerd Muller nel 2007

Gerd Muller nel 2007

Le cose andarono più o meno bene fino alla notte del 17 luglio 2011, in cui Gerd Muller a Trento abbandonò l’albergo in cui pernottava con la giovanile del Bayern e si perse nella città costringendo gli altri accompagnatori ad una angosciosa ricerca. Di fronte al vecchio bomber si era parato quella notte un nuovo avversario, di quelli contro cui ancora nessuno ha messo a punto una tattica vittoriosa. Il nome è tedesco, come il suo, ma evoca immagini meno piacevoli e gloriose: Alzheimer.

Chissà se negli ultimi anni della sua vita der bomber si ricordava ancora dei suoi tanti gol segnati, e soprattutto di quelli ai mondiali, in bianco e nero o a colori. Quando il calcio viveva di imprese compiute da grandi campioni come lui.

Ruhe in Frieden, riposa in pace, der Bomber.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento