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Come cani in Chiesa

DISCLAIMER: il titolo si riferisce alla ben nota fortuna dei tifosi viola, e non intende essere offensivo nei confronti di nessuno.

Nel 2004 Fabio Cannavaro si era già affermato come il più forte centrale italiano dell’epoca, e l’Inter faceva affidamento su di lui da un paio di stagioni per arrivare alla sospirata vittoria dello scudetto, ai danni di una Juventus che stava vivendo il ciclo vincente di Moggi, Giraudo e Bettega.

Il problema dei nerazzurri era che la stessa Juventus faceva affidamento su Cannavaro per rendere la propria difesa insuperabile. A Milano il difensore napoletano aveva vissuto due stagioni difficili, la prima a causa dell’allenatore Hector Cuper che lo aveva schierato fuori ruolo, a terzino. L’Inter aveva concluso la stagione seconda, dietro la Juventus, e semifinalista di Champion’s League eliminata dal Milan nel derby che valse ai rossoneri l’accesso alla finale tutta italiana di Manchester, dove a sorpresa superarono ai rigori proprio la Juve.

L’anno dopo, Cannavaro riprese il suo posto da centrale grazie al nuovo mister Zaccheroni. Sembrava la stagione giusta, ma Fabio cominciò ad accusare una strana e prolungata serie di malanni fisici che menomarono gravemente le sue prestazioni e lo stesso campionato dell’Inter, alla fine. L’Inter arrivò quarta, sempre dietro la Juventus. Il campionato lo vinse il Milan davanti alla Roma. Cannavaro a fine stagone passò ai bianconeri di Torino in cambio del portiere di riserva Fabiàn Carini. Praticamente, un piatto di lenticchie.

Due anni dopo scoppiò Calciopoli, e tra le intercettazioni telefoniche messe agli atti dell’inchiesta ci fu quella del colloquio telefonico intercorso tra l’allora difensore nerazzurro e il direttore generale bianconero Luciano Moggi, nel quale il dirigente bianconero effettuava pressioni su Cannavaro al fine di indurlo a rompere con la società di appartenenza, rendendo contestualmente più agevole la sua cessione. Ecco spiegata la ragione di quei tanti acciacchi ed infortuni? O della fretta con cui a fine campionato 2003-04 l’Inter si era disfatta di Cannavaro?

Dice: perché ci raccontate questa storia che conosciamo tutti proprio adesso? Presto detto. La sceneggiata di Federico Chiesa di domenica scorsa a Verona, la sua indisponibilità mentale a dare una mano alla squadra in un momento in cui essa era gravemente menomata, ci sembra tanto un deja vu.

A pensar male…., diceva un noto tifoso della Roma di tanti anni fa. Già, a pensar male quel principio di pubalgia di cui ha parlato Daniele Pradé a fine gara esiste soltanto nella testa di Federico e di chi l’ha eventualmente (mal)consigliato. Molto più convincente quell’infastidito «faccia come vuole» rilasciato da Vincenzo Montella.

Le coordinate di una vicenda che tiene con il fiato sospeso la Firenze calcistica da questa estate si stanno in ogni caso abbastanza delineando. Quello che Chiesa avrebbe voluto fare è andarsene a Torino, dove lo aspetta un ingaggio che la Fiorentina può solo sognarsi di offrirgli. A giugno il neo proprietario Commisso riuscì a convincerlo a restare un altro anno, se non addirittura fino alla fine del contratto. Nei mesi scorsi, pur come dicono tanti senza sorridere mai, il giovane Chiesa il suo l’ha fatto. Sempre alla sua maniera, a capo basso e cercando soluzioni individuali più che di squadra, ma l’ha fatto. Adesso qualcosa è cambiato, come disse Jack Nicholson. Adesso qualcosa fa pressione sulla mente del gioiellino viola per renderlo mentalmente impreparato a scendere in campo con quella maglia viola medesima.

Non vorremmo che la storia, quella storia che vi abbiamo raccontato all’inizio, si stesse ripetendo. Che qualcuno avesse consigliato all’entourage del giocatore di fare l’indisposto, l’indisponente, il lavativo o chissà cos’altro. A che scopo? Accelerare il transfert verso lidi più remunerativi? Ogni riferimento a Torino, alla Juventus ed al mercato di gennaio….. fate un po’ voi.

Il calcolo, se è questo, rischia di rivelarsi tragicamente sbagliato per l’ex luce degli occhi di Firenze e per chi eventualmente l’avesse (malamente) consigliato in tal senso. I precedenti sono recenti ed ancora vivi nella memoria. L’ultima stagione di Riccardo Montolivo a Firenze fu un calvario per lui e per i tifosi, e nessuno è ancora disposto a metterci una pietra sopra e a ricordare obbiettivamente che fu proprio grazie a un paio di gol del milanese poi milanista che la Fiorentina salvò le penne, nella stagione che lui avrebbe dovuto vivere in castigo in tribuna. Di Bernardeschi non ne parliamo, da un lato ci sono i messaggi di affetto che tutti i fiorentini ancora gli mandano a due anni dal suo passaggio in bianconero, dall’altro c’é quella panchina torinese su cui continua ad accomodarsi, perché nel frattempo – non fossero bastati i colleghi arrivati prima di lui e con fama più consolidata -, nel frattempo è arrivato Cristiano Ronaldo, e levagli il posto se ti riesce.

Federico Chiesa vede tanti soldi ballare davanti ai suoi occhi, e gli devono fare l’effetto che fecero le sirene ad Ulisse. Solo che lui non è legato all’albero maestro della nave, non può resistere, non ha nemmeno il discernimento di capire che la strada che ha imboccato per andarsene da qui è quella più ripida, scoscesa, costellata di tutte le asperità che un giocatore può incontrare nella città da questo punto di vista più difficile del mondo. Se Firenze prende ad odiarti, perché magari tu stesso hai fatto qualcosa di odioso, ti aspetta una vita dura, durissima.

Qualcuno dice che a confronto a Chiesa jr. Bernardeschi e Montolivo si comportarono da lord inglesi. Qualcun altro aggiunge che il destino del povero Federico è quello di tare seduto accanto a Bernardeschi sulla panchina più lunga d’Italia, e per molto tempo. Molti liquidano entrambe le questioni con un fatti suoi.

Il problema – i fatti nostri – è che cosa fare del fantasista viola improvvisamente diventato, da punto di forza che era, probabile, anzi probabilissimo, anzi certo motivo di subbuglio dello spogliatoio e incasinamento di una stagione che già sta promettendo bene in tal senso anche senza di lui a fare le bizze. Insomma, da queste parti a gennaio dovremmo vedere la riedizione di grandi marasmi e vulcaniche polemiche del recente passato. Con esiti della vicenda imprevedibili, perché in questi casi è sempre difficile decidere cosa è meglio fare. La Bosman ha complicato la vita al mondo intero del calcio. E tu hai voglia ad essere un duro, a ripetere che i contratti si rispettano. I mercenari in calzoncini se vogliono i contratti te li mandano di traverso e ti fanno campare a forza di Maalox e di bicarbonato di sodio.

Il patron Commisso, che ieri ha compiuto settant’anni (auguri vivissimi) è uno che nella vita ha dimostrato di saper fare affari e di dare un certo valore ai contratti ed agli investimenti. Di sicuro, è uno che – risultati alla mano – prende decisioni spesso giuste e mai sull’onda dell’emotività.

Rimane il quesito di fondo: cosa te ne fai di uno che sta qui controvoglia, che non è verosimile tu possa tenere in tribuna (guarda De Laurentiis, gli tocca far giocare gente a cui smetterebbe tanto volentieri di pagare lo stipendio, e da subito), che ti tiene bloccate risorse economiche e tecniche importanti. Non è meglio liberarsene alla prima occasione, guadagnandoci il massimo e mandando un direttore sportivo svegliato per tempo a fare campagna acquisti fin dal primo gennaio?

E’ il calcolo che conviene a Firenze, e a Torino lo sanno. Sempre secondo quanto suggeriva quel noto tifoso della Roma di tanti anni fa.

A pensar male……, quando succedono queste cose chissà perché c’é quasi sempre di mezzo la Juve.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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