Politica

Gerusalemme capitale

Gerusalemme è capitale dello Stato di Israele dal 1967. Lo sarebbe da sempre, per la verità, se non ricordiamo male è lì che entra la Domenica delle Palme Gesu Cristo e non a Tel Aviv, ma lasciamo stare questo argomento, si finirebbe nel gioco dei fondamentalismi religiosi. Le pretese fideistiche di Cristianesimo, Giudaismo e Islam lasciano il tempo che trovano, grazie – è il caso di dire – a Dio.

Limitiamoci alla storia recente. Quando le Nazioni Unite avallarono la trasformazione del focolare nazionale ebraico nello Stato di Israele subito dopo la seconda guerra mondiale riconobbero da un lato uno stato di cose preesistente (popolazioni giudaiche erano sopravvissute in Palestina alla diaspora di Tito nel 70 d.C. e tra il 1917 ed il 1947 si erano rimpinguate con gli arrivi degli ebrei in fuga dai pogrom e dall’Olocausto, nella sostanziale indifferenza e con la convivenza pacifica delle popolazioni arabe dell’area), dall’altro imposero una sanzione giuridico-amministrativa ad una situazione fluida né più e né meno come quella dell’India, in quegli stessi giorni.

La fine del mandato britannico imponeva una risoluzione definitiva, sia a quella parte del mondo che coltivava il senso di colpa per aver in qualche modo permesso lo sterminio di sei milioni di ebrei, sia all’altra, quella che coltivava neanche tanto sotterraneamente l’antisemitismo che – tra i cristiani come tra i musulmani – affondava le radici nella notte dei tempi. E nell’ignoranza condita di fanatismo.

Il popolo che aveva ucciso Dio ebbe il suo Stato, ma alla gola degli otto milioni circa di neocittadini israeliani saltarono subito non solo il miliardo di musulmani che li circondavano ma anche molti cristiani, e non solo quelli ricaduti nel terreno fertile del comunismo sovietico, antisemita prima ancora di venire alla luce. Anche nel campo occidentale, molti ex nazifascisti convertiti forzosamente alla democrazia dalle armate anglo-americane seguitarono a coltivare l’odio per gli ebrei.

Israele è sopravvissuto fino ad oggi grazie all’efficienza del proprio esercito e del proprio servizio segreto, ma soprattutto grazie all’appoggio americano. Un viaggio e due servizi, come si suol dire, per coloro che per motivi ideologici o ancestralmente culturali hanno assommato l’antisemitismo all’antiamericanismo.

In una delle quattro guerre (cinque contando la prima del Golfo) sostenute contro le varie leghe arabe ed i loro alleati dichiarati o meno (l’Italia ha spesso perseguito una politica filo-araba per motivi squisitamente di opportunità economica ed antiterroristica, malgrado fosse schierata nel campo della N.A.T.O.), per la precisione in quella cosiddetta dei Sei Giorni, nel 1967, Israele stabilì il proprio dominio sull’intera città di Gerusalemme, compresa la metà est che i musulmani rivendicavano a sé come terza città santa del Profeta dopo La Mecca e Medina. E non fece mistero di volerla dichiarare come propria capitale nazionale.

Se qualcuno non ha chiaro il perché, pensi al mito di Roma capitale italiana durante il Risorgimento, e a quanto è costato anche a livello internazionale tradurlo in realtà. Eminenti personalità liberali come lo stesso padre della patria Cavour dissero a chiare note che uno stato italiano senza Roma capitale non aveva senso. Quantomeno bisogna concedere agli israeliani il diritto ad una analoga suggestione.

I tre quarti del mondo che non riconoscevano Israele come entità statale e nazionale men che meno riconobbero (e riconoscono) la sua pretesa su Gerusalemme. I comunisti per stabilire una relazione privilegiata con gli arabi del Medio Oriente in funzione antiamericana, e gli arabi perché da che Islam è Islam non tollerano che sui territori ad esso consacrati dal Profeta e dalle conquiste militari a lui successive sia stabilita alcuna autorità giuridica che non sia quella del Califfato.

Dopo cinquant’anni, la fine di tante cose e la trasformazione di altre, ci si stupisce se il 45° presidente americano, Donald Trump, finalmente dichiara la cessazione di una ipocrisia alimentata anche dai suoi predecessori. Gerusalemme è la capitale naturale dello Stato di Israele. Chi riconosce Israele, riconosce Gerusalemme come sua capitale.

Donald Trump e Benjamin Netanyahu a Gerusalemme

Donald Trump e Benjamin Netanyahu a Gerusalemme

Con questa mossa che manda all’opinione pubblica internazionale un messaggio ben preciso: basta con questa pantomima mediorientale che si trascina da troppo tempo ed alimenta equivoci e nefandezze varie, Trump ha messo in mora inoltre l’ipocrisia di diversi altri soggetti. Quelli per intenderci che ieri hanno chiesto a gran voce la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, a cominciare dalla Russia, che avendo messo il piede in Siria non vorrebbe il piede americano poco più giù, e dall’Italia, che ossequiando arabi e islamici crede di tener lontano il terrorismo dalle sue sponde e nello stesso tempo in vita rapporti economici fruttuosi.

Non si capisce bene che risoluzione dovrebbe adottare l’ONU, se l’espulsione degli Stati Uniti d’America o la messa al bando di Israele. Ma il tempo, come dice l’incipit di una celebre opera scritta non a caso alla vigilia di un’epoca difficile come questa, sta cambiando. Lo sentiamo nell’aria, lo sentiamo nell’acqua. E non è Trump l’Oscuro Signore che sta risorgendo ad Est a rimescolare tutte le nostre certezze e gli equilibri faticosamente conquistati. L’oscurità risiede nelle nostre pulsioni antisemite che affondano le radici nei nostri secoli bui. Dai quali ci sembrava di essere emersi una volta per tutte nel 1945, per poi scoprire quello che i saggi ci dicevano: che libertà e civiltà non sono mai acquisite per sempre.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

Lascia un commento