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Giorgia on my mind

La Meloni spicca il volo, titola un quotidiano nazionale la mattina del 17 giugno. Il riferimento è alle elezioni comunali di Cagliari, dove Fratelli d’Italia guida il centrodestra che si è aggiudicato il municipio con un 12% che è un risultato più che storico, è epocale. Come in una corsa a tappe d’altri tempi, quando il gioco e le salite si fanno più duri, un uomo solo e una donna sola restano al comando. Al leader della Lega Matteo Salvini, l’unica alternativa per la guida della coalizione che promette di governare il paese per i prossimi decisivi anni è proprio lei, Giorgia Meloni.

L’attualità incombe, ma quello sopra in realtà è un titolo che aspettavamo da tempo, e che da tempo la leader di Fratelli d’Italia si sarebbe meritato, per la verità. La vita a volte procede secondo copioni scritti da sceneggiatori di talento, e così destino vuole che il volo della Meloni sia spiccato proprio da quella Cagliari da cui la sua famiglia proviene.

GiorgiaMeloni190620-002Anche se lei, romana de Roma, dirà sicuramente che le sue origini, in senso fisico ed anche in senso lato, sono alla Garbatella, la borgata capitolina da cui la sua corsa è cominciata il 15 gennaio 1977, 42 anni fa. Che era predestinata è facile dirlo adesso, anche se i segni c’erano. A 19 anni era già coordinatrice di Azione Studentesca, il movimento studentesco di Alleanza Nazionale, la creatura che in quegli anni Gianfranco Fini aveva rifondato sulle ceneri del Movimento Sociale Italiano e aveva condotto, per la prima volta nel dopoguerra, nell’area di governo. Due anni dopo era già consigliera provinciale di Roma. Altri due anni ed eccola nel direttivo nazionale di AN, coordinatrice della sua sezione giovanile denominata Azione Giovani.

In quegli anni, se un Fini ancora sulla cresta dell’onda era stato il più veloce a cogliere l’opportunità di chiudere la stagione storica della Prima Repubblica (compresa la conventio ad excludendum della destra neofascista), tra i suoi delfini Giorgia Meloni era stata la più veloce a seguirlo e a capire cosa serviva per traghettare con successo nella Seconda. Quando Fini fece pubblica professione di antifascismo acquisito a metà del primo decennio del nuovo secolo, lei andò oltre dichiarando di avere un «rapporto sereno con il fascismo» e che Mussolini «è un personaggio complesso, va storicizzato». Poco più avanti sarebbe stata ancora più esplicita, mostrando di essere notevolmente più avanti dei tempi: «Basta con questa storia del fascismo e dell’antifascismo. Siamo nati a ridosso degli anni ottanta e novanta, siamo tutti protesi nel nuovo millennio (…) difenderemo i valori sui quali si fonda la Costituzione e che sono propri anche di chi ha combattuto il fascismo». Perfino le organizzazioni ufficiali ebraiche espressero allora soddisfazione per le sue parole.

Nel Frattempo, Giorgia aveva messo a segno un altro record. Nel 2008, a 31 anni era diventata il più giovane ministro della storia d’Italia, nel 4° governo Berlusconi. Quello che non avrebbe terminato la legislatura a causa delle famose telefonate di Sarkozy e Merkel a Napolitano.

Ci sarebbe stato di che essere soddisfatti, e molte donne al suo posto in passato lo erano state, fermandosi lì. Ma lei no. Il Popolo della Libertà appoggiava Monti ed il suo governo di salute pubblica. Berlusconi cercava di salvare nell’ordine le sue aziende, il suo futuro politico, il suo futuro personale. Comprensibile, visto che nel novembre 2011 in una sola notte i mercati pilotati gli avevano fatto fuori più del 30% del valore di Fininvest.

Giorgia aveva idee chiare, ma diverse. Malgrado di quel PdL fosse a quel punto una figura di spicco, ne uscì per fondare Fratelli d’Italia insieme a Guido Crosetto e Ignazio La Russa. E da lì in poi partì la sua storia attuale. Fini non c’era più, travolto dal dissidio sulla giustizia con il Cavaliere e dalle indagini della giustizia sulla casa di Montecarlo. Anche Bossi era all’angolo, messoci dai guai di salute e da quelli provocatigli dal Trota e dal cassiere della Lega Nord. L’unica figura in grado di tenere testa ad un Berlusconi sopravvissuto ma sempre più in difficoltà era rimasta lei, che ebbe il coraggio e i numeri per sfidare il Cavaliere a Primarie che costui si guardò bene dal fare.

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Ave Ninchi e Anna Magnani nell’Onorevole Angelina (1947)

Ad una prima impressione, superficialmente vien fatto di accostarla all’Onorevole Angelina di Anna Magnani. La donna del popolo che con le sue baccagliate arriva a farsi sentire dai potenti per poi ritornare a quel popolo da cui proviene ed in mezzo al quale soltanto si sente a casa, a suo agio. Ma in Giorgia Meloni c’é molto di più. Donna del popolo lo è, ma di quelle che tra i potenti ci arrivano e ci restano da padrone, sentendosi a casa loro, diventando una di loro senza tuttavia dimenticarselo, quel popolo da cui vengono.

Le sue battaglie per il recupero della sovranità nazionale, per quel Dio, Patria e Famiglia che – pochi lo sanno, grazie alla scuola pubblica – era un motto mazziniano prima di essere cooptato dal fascismo, nascono da qui. Lei il popolo lo ascolta. Lei sa come il popolo la pensa. Lei sa come presentarglisi davanti, come parlargli. Con quali parole e quali toni. Al pari di Salvini, le sue idee sono quelle della gente che ha dato loro il voto. Scottata dal precedente di Fini, tradirle sarebbe la peggiore infamia per lei. La peggiore bestemmia, per lei in bocca alla quale hanno messo bestemmie per stornare l’attenzione dai suoi argomenti (ma lei, giornalista professionista, ha rispedito al mittente il giochino ed alla fine è stato il direttore cialtrone di quel giornale ad andare a casa).

Nella XVIII^ legislatura, cominciata con il voto del 4 marzo 2018, si è scelta il difficile ruolo dell’opposizione ad un governo che per metà vede impegnato il suo alleato naturale e sempre più probabile, la Lega di Salvini, badando bene tuttavia a distinguersi da altre opposizioni, quelle apparentemente limitrofe di Forza Italia, quelle naturalmente antitetiche del PD.

In un pezzo di fantapolitica di un anno fa, ci immaginammo la nascita del governo gialloverde (erano i giorni in cui Mattarella giocava a riportare in vita lo Statuto Albertino inventandosi un governo del Re affidato a Cottarelli) con il valore aggiunto della sua presidenza del consiglio. Non è andata così, e forse era prematuro. Ma continuiamo a scommettere su di lei per il futuro. Se l’Italia avrà una prima donna premier, non riusciamo a vedere come questo onore ed onere possa toccare ad altri che a lei.

Sarebbe l’ultimo record che le manca. Sarebbe anche il passo che manca all’Italia per poter completare un percorso di civiltà, e nello stesso tempo di recupero di dignità nazionale e di popolarità della politica.

Giorgia on my mind. Non ce ne voglia Ray Charles, stavolta è molto più di un motivetto da cantare. E’ un pensiero ricorrente. E’ un’idea del futuro.

Il nostro futuro.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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