Politica

Le macchie del leopardo e la riscossa degli italiani

Matteo Renzi

E’ giornata di grandi ceffoni, quella del secondo turno di ballottaggio delle elezioni amministrative 2017. Il PD perde a macchia di leopardo, per parafrasare le dichiarazioni del suo segretario Matteo Renzi, l’uomo che nessuno ha votato e nessuno mai voterà, l’uomo che aveva perso casa sua, Rignano, già al primo turno, e che da ieri sera aggiunge alla collana anche grandi centri come Genova, L’Aquila, Pistoia, per dirne solo alcuni.

La batosta nella natìa Toscana fa pensare che perfino nell’ultima riserva indiana della Cosa Rossa possa verificarsi quello sconvolgimento che molti suoi cittadini attendono da tempo. Il leopardo nazionale, che il precedente segretario Bersani voleva smacchiare allegramente e che il suo successore cerca adesso di salvare fissandone i colori con espedienti vari, sembra finalmente un animale in grado di liberarsi dalla cattività in cui il PD incoronato dall’Europa l’aveva costretto.

Diventa per questa gente di fondamentale importanza procedere alla violenza carnale nei confronti dell’ordinamento giuridico nazionale consistente nella approvazione della legge sullo Jus Soli. Non si vede altrimenti chi potrebbe votare questo disgraziato partito alle prossime politiche, con una qualunque legge elettorale, dopo un altro anno di malgoverno politico, economico, sociale e morale, se non chi si trovasse a beneficiare del WinForLife della concessione di una cittadinanza senza alcun fondamento.

Riprende quota il progetto di un CentroDestra unito e vincente, malgrado le tentazioni Nazarene di Berlusconi e la difficoltà di trovargli un successore altrettanto carismatico e programmatico. Ma soprattutto, perde quota la proposta alternativa dei Cinque Stelle, e non tutto il male sembra venuto per nuocere a causa della particolarità della legge elettorale amministrativa.

Il risultato di Beppe Grillo è come la temperatura di certe località un po’ decentrate ai tempi delle previsioni meteo del colonnello Bernacca: non pervenuto. I Cinque Stelle erano fuori da tutte le finali, sono rimasti a guardare giocare gli altri e non hanno saputo o – come loro solito – voluto incidere in alcun modo. In questo scenario, brucia particolarmente lo schiaffo assestato loro a Parma da Pizzarotti, l’eretico esiliato dalla Chiesa madre, il sindaco che meglio aveva governato, senza se e senza ma, tra quelli andati al potere con la nouvelle vague grillina. Lontano anni luce dallo sgoverno arruffone della Raggi e da quello compromissorio e opportunista della Appendino. Ma soprattutto lontano dall’avventismo e dall’avventurismo mediatico di Grillo e dell’erede Casaleggio, al quale soltanto l’avventurismo dell’erede Calabresi alla guida di Repubblica è riuscito a conferire un minimo di credibilità.

Comincia il conto alla rovescia per una tornata di elezioni politiche tra le più drammatiche del dopoguerra. In palio c’è il destino dell’Italia, ed en passant quello di un partito sopravvissuto a troppe vicissitudini, cambi di nome, assenze di programmi funzionali agli interessi del paese e dei suoi cittadini.

Cominciano giorni difficili. Per quel partito, come detto, lo Jus Soli è diventato questione di vita o di morte. Diamo un’occhio a cosa fa il Parlamento prossimamente. Soprattutto la sera a buio, dopo una cert’ora, quando il popolo è stanco, aspira solo alla cena ed al riposo, ed abbassa fatalmente la guardia. E loro lo sanno.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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