Diario Viola Fiorentina

Storia della Fiorentina – 1. Le origini

In principio era il football. Nato in Inghilterra a seguito dell’evoluzione di un gioco a sua volta nato proprio qui a Firenze diversi secoli prima, arrivò in Italia con le navi inglesi che nel tardo ottocento venivano ad attraccare nei porti della penisola, a cominciare da Genova, per commerciare d investire nella nascente industria italiana.

Il campionato italiano di calcio nacque dunque nel triangolo industriale Genova-Milano-Torino. Il primo scudetto fu vinto dal Genoa Cricket and Football Club nel 1898, squadra in cui giocavano marinai inglesi e pionieri italiani. Negli anni successivi si affermarono il Milan (nome anglosassone del capoluogo lombardo) e poi una squadra nata sulle panchine del Parco del Valentino a Torino, ad opera di un gruppo di studenti affascinati da questo nuovo gioco d’importazione britannica. Siccome ancora l’inglese non aveva soppiantato del tutto il patrio latino, le misero nome Juventus.

Nei successivi vent’anni, la febbre si diffuse, finché ogni città italiana almeno a livello di capoluogo di regione ebbe la sua rappresentativa nel campionato di calcio. Noi a Firenze arrivammo quasi per ultimi. Abituati per secoli ad essere i primi in tutto ciò che era all’avanguardia in campo culturale e sociale, fummo in ritardo nel dare risalto a quella che era la variante del gioco inventato da noi tempo addietro e che in mano anglosassone sarebbe diventato the game of the century, il gioco del secolo.

Il grande calcio arrivò a Firenze nel 1926, quando dalla fusione delle squadre rionali esistenti in città nacque l’Associazione Calcio Fiorentina che ebbe come primo storico presidente il marchese Luigi Ridolfi Way da Verrazzano, ex medaglia d’oro della Prima Guerra Mondiale, ex Futurista, ex fascista ante Marcia su Roma, personaggio eclettico che oltre alla Fiorentina fondò l’ACI regionale, il Maggio Musicale Fiorentino, gli Assi Giglio Rosso e finì per diventare un personaggio importante della nascente Federcalcio italiana, al punto da collaborare strettamente col tecnico bicampione del mondo Vittorio Pozzo.

Luigi Ridolfi Way da Verrazzano

La Fiorentina di Ridolfi nacque in una città ancora all’avanguardia culturale, ma ormai tristemente indietro da un punto di vista economico-industriale. La storia moderna si scriveva ormai al Nord.

Il Fascismo trionfante capì subito l’importanza a fini propagandistici di uno sport diventato subito di massa come il calcio, e non mancò di sfruttarlo. E così, se in campo internazionale fu dato il massimo impulso e risalto alle imprese dei campioni di Vittorio Pozzo, che tenevano testa ai maestri inglesi e vincevano ben due titoli mondiali ed un oro olimpico, in campo nazionale si fece fin da subito un uso politico del campionato. A parte sporadiche concessioni a realtà locali particolari (come il Bologna del del Ras Arpinati o la capitale Roma dove il popolo nel 1942 dava vistosi segni di insofferenza per la guerra che non stava andando bene), il regime di Mussolini permise in sostanza al Nord di fare quella parte del leone a cui aspirava già allora.

Ma andiamo con ordine. Nel 1926 quando fu fondata, la A. C. Fiorentina era una realtà poco più che amatoriale. Cercò tuttavia di attrezzarsi per essere fin da subito vanto e gloria della città, come recitava la Canzone viola composta dal maestro Marco Vinicio sulle parole di Enzo Marcacci (a tutt’oggi inno della società, che può vantarsi di essere il più antico in assoluto).

Ancora nel 1926, la domenica i tifosi andavano allo stadio in Via Bellini. Quelli della Palestra Ginnastica Fiorentina Libertas per seguire gli incontri di calcio della loro squadra si trovavano in un appezzamento di terreno di quella che all’epoca era l’estrema periferia di Firenze. Prima ancora, agli albori del XX secolo, le squadre di calcio cittadine avevano giocato sul Prato del Quercione alle Cascine, finché un’ordinanza comunale aveva vietato, nel 1917, il gioco del pallone nella più grande area verde della città.

La Libertas andò quindi verso Novoli, dato che di verde all’epoca ce n’era tanto anche lì. L’altra squadra cittadina, il Club Sportivo Firenze, si spostò di poco, andando a giocare nel vicino Velodromo.

Erano impianti pionieristici, che divennero rapidamente insufficienti a contenere quello che stava diventando il gioco del secolo. La crescente passione portava sempre più spettatori alle partite di pallone. Quando nel 1926 il Marchese Ridolfi riuscì a far fondere le due principali società cittadine in un’unica sola, l’Associazione Calcio Fiorentina, assumendone la presidenza, la passione divampò, e Via Bellini divenne una scatoletta che rischiava di esplodere ogni volta che la neonata squadra dapprima biancorossa e poi viola giocava in casa.

Pier Luigi Nervi

Luigi Ridolfi aveva appena messo al mondo la sua creatura, si rese conto che doveva trovarle una casa adeguata. Il regime fascista incoraggiava tra l’altro le grandi opere d’arte celebrative del rinnovamento morale e civile degli italiani (in quegli anni a Firenze si stava costruendo la nuova stazione ferroviaria di Santa Maria Novella, destinata a diventare monumento nazionale).

Il marchese ebbe dunque l’idea di un nuovo stadio. L’ingegner Pier Luigi Nervi la realizzò. Nervi era già famoso per aver realizzato il Teatro Augusteo a Napoli. Il 16 marzo 1930 presentò il suo progetto innovativo, destinato a diventare una inconfondibile icona di Firenze al pari del David di Michelangelo, della Cupola del Brunelleschi e del Campanile di Giotto. La Torre di Maratona, le scale elicoidali e la tribuna coperta senza sostegni avrebbero fatto dello stadio di Firenze un gioiello architettonico all’epoca all’avanguardia e ancora oggi fonte di ammirazione. Hugo Meisl, allenatore del mitico Wunderteam austriaco degli anni 30, lo avrebbe definito «il migliore stadio del mondo sia dal punto di vista strettamente estetico che da quello della funzionalità delle sue attrezzature sportive e della comodità per il pubblico: un’opera all’altezza di Firenze».

Stadio Giovanni Berta, poi Comunale, poi Artemio Franchi

Mancava soltanto un’area adeguata per realizzare una simile opera d’arte. Anche a questo pensò Ridolfi, con il proprio prestigio all’epoca indiscusso. Eroe pluridecorato della Prima Guerra Mondiale, non ebbe difficoltà ad ottenere dall’esercito una porzione dell’area di Campo di Marte, la cosiddetta Piazza d’Armi, che si prestava perfettamente alla bisogna per l’ampiezza degli spazi necessari e la vicinanza all’omonima stazione ferroviaria. I lavori, in buona parte finanziati dallo stesso marchese, cominciarono nel dicembre 1930 e furono ultimati, come da capitolato, circa 180 giorni dopo, nel giugno 1931. La Torre di Maratona fu ultimata nel settembre dello stesso anno.

Il collaudo definitivo dello stadio, intitolato al martire fascista Giovanni Berta, fu ultimato nel luglio 1932, anche se le ultime sistemazioni di dettaglio si conclusero nel 1934, a ridosso del campionato Mondiale di calcio assegnato all’Italia e da essa poi vinto. L’opera era costata complessivamente 6.500.000 di lire, una delle cifre più basse dell’epoca, che Ridolfi finanziò attraverso la vendita di proprietà di famiglia, tra cui il castello da Verrazzano. L’inaugurazione avvenne il 3 settembre 1931, allorché la Fiorentina affrontò e sconfisse l’Admira Vienna per 1-0, con un gol del bomber uruguaiano Petrone.

(continua)

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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