Musica

L’uomo che cadde sulla musica

David Robert Jones (Londra, 8 gennaio 1947 – New York, 10 gennaio 2016)

Ci manca da morire. Siamo nati e cresciuti alla musica con lui, da quando tornando a casa da scuola passavamo davanti al negozio di dischi ed in vetrina c’era la copertina del suo ultimo, dove appariva truccato da marziano con quei colori e quelle acconciature che un po’ inquietavano ma molto affascinavano. A quando, più grandicelli ed in grado di seguirlo fino alla massima espressione delle sue capacità, lo scoprivamo attore, da palcoscenico e da macchina da presa. Istrione in grado di trasformare un concerto rock in un film ed un film in un concerto rock.

Absolute beginners lo eravamo stati insieme a lui, poi grazie a lui eravamo diventati, ci sentivamo di essere diventati Heroes. Quell’uomo dai mille colori, quell’essere androgino che tuttavia non creava nessun problema alla nostra identità sessuale (i politicamente corretti di adesso all’epoca erano tutti chiusi in bagno con alcune riviste di settore), David Bowie stava alla musica ormai conquistata dal rock e dal pop come Johann Cruyff stava al calcio. Rivoluzione totale. Niente sarebbe mai più stato come prima.

La sua musica, i suoi ritmi, la sua voce….. quegli occhi strani, di due colori diversi, che ti perforavano l’anima, ipnotizzandoti. L’uomo che cadde sulla terra e cambiò la musica per sempre era il numero uno, in un’epoca che di numeri uno sembrava averne a decine, centinaia.

La Regina non gli avrebbe mai conferito alcun titolo, o qualsiasi tipo di awarding reale, come aveva fatto con i Beatles. Eppure se Londra continuava ad essere swinging ormai lo doveva più al Duca Bianco che ai Fab Four, che nel frattempo si erano sciolti ingloriosamente. L’amicizia con i Rolling Stones, in particolare con quel Mick Jagger con cui divideva fraternamente tutto, compresa the prettiest star, la moglie Angela (e, dicono alcuni, chissà che altro….), alimentava la sua fama di bello e maledetto, piuttosto che il suo credito tra gli addetti ai lavori. La rivista Rolling Stone l’avrebbe classificato soltanto al 23° posto tra i cento cantanti più bravi di sempre. Vai a sapere perché. Cruyff faceva spettacolo quanto Maradona e Pelé, ma la gente gli preferiva i primi due. Forse perché erano più plateali?

David Robert Jones aka David Bowie non ha mai potuto premettere quel sir al suo nome e cognome di cui – crediamo – gli sarebbe importato ben poco. Gli interessava piuttosto che la gente riconoscesse la sua raffinata abilità musicale e scenica, fin da quando un provino della BBC lo aveva liquidato come privo di carisma e di talento. C’é solo un precedente nella storia umana per tanta stupidità: quello del professore che alle scuole medie bocciò Albert Einstein perché negato in matematica.

11 gennaio 2016, Il memorial spontaneo organizzato dai fan a New York, sotto l’attico del cantante al 285 di Lafayette Street, Manhattan.

David Bowie è stato Major Tom, Ziggy Stardust, il Duca Bianco, Thomas Jerome Newton (L’uomo che cadde sulla Terra), John Blaylock (Miriam si sveglia a mezzanotte), Jack strafer Celliers (Furyo), Vendice Partners (Absolute beginners), Jareth re dei Goblin (Labyrinth), Andy Warhol (Basquiat), Nikola Tesla (The prestige). Avesse fatto soltanto l’attore staremmo qui adesso ad elencare i suoi premi cinematografici. Invece cinema e teatro erano per lui soltanto accessori della sua arte principale: la musica. E tuttavia non stiamo qui ad elencare neanche i suoi premi musicali, ma semmai i suoi capolavori.

Quella voce, fosse anche soltanto per lei, non permette di etichettarlo come hanno cercato di fare in molti, forse perché quando riesci ad etichettare un artista ti sembra di capirlo meglio, che sia più alla tua portata. David era più avanti di tutti, della Regina, di Rolling Stone, del resto della critica, dei suoi colleghi, del pubblico. Era davvero caduto sulla Terra chissà da dove. Gli altri erano umani, bravissimi ma umani. Lui no.

Come il suo Newton, protagonista del film di Nicholas Roeg tratto dal romanzo di fantascienza di Walter Tevis (pubblicato da Urania, ricordo ancora la corsa dal giornalaio per acquistare quel numero speciale….), David se n’é andato troppo presto. O forse è soltanto ritornato su quel pianeta da cui proveniva, avendo esaurito la sua missione terrestre.

Una volta disceso giù da quel ragno di vetro (la prima data italiana del Glass Spider Tour fu a Firenze il giorno del mio compleanno, 9 giugno 1987, mai più avuto un regalo così….), una volta sorriso e ceduto a quella Lady from another grinning soul, una volta dato il suo contributo all’integrazione razziale sposando la più bella modella di colore esistente in circolazione, la sua Imam Mohamed Abdulmajid (la seconda moglie, che stavolta non ha condiviso con nessuno….)…. che altro gli restava da fare qui tra noi?

Ci lascia una quantità di dischi che non ci basterà l’eternità per riascoltare, e poi ancora riascoltare….. spiegando ai nostri figli fino alla noia che cos’era la musica al tempo nostro…… struggendoci di nostalgia per quell’epoca d’oro in cui ci affacciavamo alla vita adulta, i colori del calcio erano quelli arancioni di Johann Cruyff, i colori della musica erano quelli di David Bowie, immortalato su quella copertina esposta nella vetrina del negozio di musica davanti a cui passavamo ogni giorno, ritornando a casa da scuola. Contando i soldi che ancora ci mancavano per poter finalmente entrare nel negozio e fare nostro quel disco, Aladdin Sane.

Ci manchi da morire, David Bowie.

Click on the links, in loving memory:
Space Oddity
• All the madmen
Life on Mars?
Starman
The prettiest star
Rebel rebel
Heroes
Boys keep swinging
Scary Monsters (And Super Creeps)
Modern love
Absolute beginners
Tonight
New York’s in love
Strangers when we meet
Thursday’s child

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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