Olimpiadi

Olimpia, ci riproviamo?

Avevamo lasciato la fiamma accesa dal braciere perenne custodito nel tempio di Zeus ad Olimpia al porto ateniese del Pireo, in attesa di imbarcarsi per la lontana Tokyo che per la seconda volta, dopo quella storica del 1964, avrebbe dovuto organizzare l’anno scorso il giochi dell’Olimpiade, la XXXII edizione dalla ri-fondazione.

La fiaccola è rimasta lì, insieme ai tedofori, ai portatori. In quei giorni di marzo 2020 il mondo improvvisamente si ritrovò alle prese con una competizione ben più importante e drammatica: la lotta al Coronavirus arrivato e diffusosi un po’ dovunque seguendo la rotta inversa a quella del fuoco sacro che sancisce dal 1896 l’inizio della tregua olimpica.

Non c’é più stata tregua per il mondo intero, tanto che già alla fine di quel mese di marzo il Comitato Olimpico Internazionale (C.I.O.) ed il governo giapponese dovettero prendere di comune accordo la decisione di rinviare i giochi a quest’anno, continuando tuttavia a chiamare l’evento Tokyo 2020, con la speranza che dodici mesi più tardi le condizioni siano più favorevoli.

Questo è quanto raccontammo allora:

http://www.bloogger.it/2020/03/si-riaccende-la-fiamma-olimpica/

Da allora le cose sembrano almeno un po’ cambiate, se non altro nell’auspicio di tutti di poter quanto prima riprendere a condurre una vita normale.

Il Giappone è uno dei paesi che meglio hanno saputo far fronte alla pandemia, malgrado la difficoltà di gestire un’area metropolitana come quella di Tokyo che annovera ben 35 milioni di abitanti. Le difficoltà del paese del Sol Levante risiedono semmai nella necessità di organizzare un evento che ha costi enormi e ricavi sempre più incerti.

Un anno dopo, la fiaccola dovrebbe imbarcarsi al Pireo per traversare terre e mari ancora infetti, o così almeno ritiene il governo mondiale della sanità, alle cui decisioni deve ancora conformarsi quello dello sport. Gli eventi sportivi si svolgono tutti invariabilmente senza pubblico, anche in questo secondo anno pandemico di disgrazia 2021. La capitale nipponica dovrà sicuramente rinunciare all’ingente afflusso di pubblico normalmente connesso all’evento olimpico ed al merchandising annesso e connesso. Il 27% circa degli introiti olimpici derivano dalla vendita dei biglietti e da tutto ciò che vi ruota intorno, dalla presenza degli atleti nel villaggio olimpico a quella limitrofa degli appassionati, dei tifosi, delle famiglie delle squadre, delle delegazioni e via dicendo. Tutta roba ridotta all’osso a causa del perdurare del distanziamento mondiale e delle altre restrizioni.

Il restante 73% dei guadagni olimpici, una consistente parte del leone, deriva dagli incassi dei diritti televisivi. Questi non sono in discussione, ed è il motivo per cui il C.I.O., titolare dell’evento sportivo, dà per sicuro lo svolgimento in Giappone delle prime Olimpiadi della storia spalmate su due anni. Maggiori perplessità sembrava avere fino ad adesso il governo giapponese, alle prese con le difficoltà organizzative poco remunerative di cui abbiamo detto sopra (25 milioni di dollari spesi finora). Tanto che recentemente il Times di Londra ha pubblicato un articolo in cui si dà per certo che il governo di Yoshihide Suga non aspetti altro che di cogliere l’occasione giusta per annunciare la rinuncia ufficiale e definitiva.

Sarebbe in tal caso la quarta volta che le Olimpiadi non si disputano, da quando il barone de Coubertin le reintrodusse nell’età moderna. La seconda che non si disputano olimpiadi giapponesi, dopo l’edizione del 1940 che saltò perché il Giappone, insieme alla Germania, aveva in quella circostanza dato il via ad una ben più drammatica competizione.

Il governo nipponico ha protestato duramente contro il Times e quanti malgrado tutto continuano a mettere in discussione l’accensione del braciere olimpico a Tokyo il prossimo 23 luglio 2021. Il C.I.O., che secondo i rumors avrebbe allo studio l’assegnazione a Tokyo dell’edizione del 2032 (il 2024 è già andato a Parigi ed il 2028 a Los Angeles), si associa nella smentita. Quest’estate ad Olympia si gioca.

I "cerchi" olimpici

I “cerchi” olimpici

Vogliamo crederci? Dobbiamo crederci. E sperare che un mondo sulla via della guarigione dalla pandemia e dalla follia che ad essa si è accompagnata da un anno a questa parte, torni a volgere a luglio lo sguardo verso il luogo dove l’umanità si riunisce (nelle forme e nei modi che stavolta saranno ritenuti più confacenti e sicuri) per il rinnovo di quella tregua olimpica che costituisce forse il sogno più affascinante da essa coltivato nell’era moderna.

Un sogno che, riprendendo la narrazione interrotta l’anno scorso per l’insorgere del Covid 19 e la sua trasformazione improvvisa in un incubo, a partire dai prossimi giorni rievocheremo in tutte le sue tappe. Dal 776 a. C. a questo 2020-21 d. C. che comunque vada resterà nella storia come una edizione memorabile, e non solo per i record che verranno stabiliti dagli atleti.

Restate con noi. E tornate insieme a noi ad Olimpia, nel tempio di Zeus dove brucia il fuoco eterno dei cinque cerchi. La storia, come sempre, riparte da lì.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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