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Salvini mette a sedere il Bomba e il Vaffa

Alle 18, 30 circa quando prende la parola Matteo Salvini, il Senato si zittisce. O quasi. Per tutta la durata del discorso del segretario leghista schiamazzi, lazzi e interruzioni di vario ordine e grado si susseguono, provenienti dai banchi democratici e da quelli grillini. Ma ben presto appare chiaro che quello è il discorso. Il motivo reale, l’unico per cui tutti sono lì, richiamati in anticipo da comode e ben pagate ferie sotto l’implacabile sole romano d’agosto.

Non sarà un discorso di quelli che restano nella storia, quello di Salvini, anche se alcuni passaggi resteranno di sicuro agli onori della cronaca. Ma di sicuro nella storia ci resteranno il senso di quello che dice e le sue conseguenze. Entrati nell’emiciclo di Palazzo Madama per vedere come se la sarebbe cavata per uscire dall’angolo in cui si è messo, i senatori si ritrovano tutti messi a sedere, in silenzio (o quasi) e con il sorriso sulle labbra congelato, distorto, stravolto in un ghigno dove affiora più la rabbia improvvisa che il divertimento pregustato.

«Tagliare i parlamentari? Affare fatto!»

«Tagliare i parlamentari? Affare fatto!»

Il leader della Lega ha avuto un colpo di genio, e così la crisi di governo – condivisibile o meno ma pur sempre legittima nel senso di richiedere una certificazione di una nuova maggioranza nel paese reale ma che tuttavia il paese legale, la casta politica vorrebbe gestire come ha sempre fatto, nel chiuso del Palazzo ignorando la Piazza – vive una nuova ed improvvisa fase di probabile sbocco.

«Volete tagliare i parlamentari? Facciamolo. Affare fatto!» proclama beffardo Salvini guardando i banchi degli ormai ex alleati di governo. Palla a Di Maio, e adesso come te la giochi? Subito dopo lo sguardo dell’uomo che ha fatto della Lega il primo partito italiano si volge verso i banchi di quello che lo era una volta e non lo è più. Ed ai frizzi e lazzi di chi ormai non ha altro che slogan da recitare rivolge un beffardo: «Vedo che gli amici del PD non sorridono più…..»

«Dopo le minacce dei Casamonica, le vostre non mi fanno paura!....»

«Dopo le minacce dei Casamonica, le vostre non mi fanno paura!….»

La seduta del 13 agosto 2019 passerà alla storia come quella in cui Salvini ha messo a sedere Prima, Seconda e Terza Repubblica. Di tutto il resto ci dimenticheremo, a cominciare dalla livorosa replica di Andrea Marcucci, capogruppo del PD al Senato e notabile lucchese rampollo di una famiglia che di malgoverno nella sua regione ha una considerevole esperienza e che altro non ha sostanzialmente da opporre se non il ritornello sui famigerati mojitos che si imputano al leader del Carroccio in sostituzione del lavoro d’ufficio, come se tutti potessero andare in vacanza in questo paese meno che il Ministro dell’Interno. Come se il Matteo del PD, Renzi avesse potuto legittimamente permettersi di girare a piacimento in aereo di stato e quello della Lega, Salvini, guai invece se fa montare il figlio su una moto d’acqua della polizia costiera.

Delle reazioni al colpo di genio di Salvini, che adesso aspetta lui al varco i 5 Stelle per vedere se la mano servita del taglio dei parlamentari è reale oppure un bluff, restano dunque le urla di qualche Dem e la replica in arrampicata sugli specchi di Luigi Di Maio. Pensavano tutti di aver vita più facile, il 20 agosto prossimo li aspetta un bel rebus da sciogliere.

Chi è causa del suo mal…… La crisi di governo – ripetiamo, condivisibile o meno, ma pur sempre legittima nella misura in cui tiene dietro alla presa d’atto di un nuovo sentire politico, di una nuova maggioranza virtuale nel paese, oltre che alla rottura di scatole di buona parte dell’opinione pubblica per la guerriglia condotta fuori e dentro il governo dal partito del NO a tutto e da quello dei migranti – era abbastanza semplice nel suo delinearsi. Fintanto che non sono ri-discesi in campo due personaggi in cerca d’autore, o per meglio dire di revisore, visto che l’autore l’hanno perso da tempo.

Renzi delegittima Zingaretti

Renzi delegittima Zingaretti

Da una parte il Bomba. Salvini non fa in tempo a dire a Conte che gli ritira l’appoggio, che già Renzi si candida a premier del governo di legislatura e di salute pubblica che immancabilmente – secondo lui – Mattarella lo incaricherà di formare. Renzi, Boschi e cotillons, insieme a chi? Ma ai 5 Stelle, of course, dimenticando anni di insulti e una differenza politica profondamente sostanziale che ha caratterizzato tutto questo decennio e che aveva portato un anno fa ad allearsi due forze eterogenee proprio per far sì in primo luogo che il PD al governo non ci ritornasse più.

Il Bomba crede di cogliere al volo l’occasione personale per tornare in gioco, e siccome del partito di cui una volta era segretario gli interessa il giusto, non si preoccupa minimamente della delegittimazione che opera sia a svantaggio del suo attuale segretario Zingaretti che dello stesso partito, il quale dopo tutto quello che è successo ha qualche comprensibile difficoltà – almeno sul piano dell’immagine – ad accostare la locuzione PD alla locuzione RENZI.

..... e Grillo delegittima Di Maio.

….. e Grillo delegittima Di Maio.

Dall’altra parte, chiama e rispondi. Beppe Grillo, una volta detto il Vaffa per la classe con cui dispensava aforismi al sistema politico, a suo dire da cambiare a colpi di gesti dell’ombrello, dichiara la propria disponibilità a salvare l’Italia facendo un governo con la controparte di cui sopra, o con chi per essa, o anche – se serve – con qualche veterinario che si occupa di bestiame vario. Tanta è la foga del Vaffa che si ripropone alla politica da screditare la sua proposta prima ancora di aprire bocca e di esprimerla. Non senza però avere anch’egli per parte sua delegittimato colui che dovrebbe ormai essere il capo politico dei 5 Stelle: Luigi Di Maio, che non si permetterebbe mai di farlo, ma che l’unico vaffa in questo momento lo rivolgerebbe verosimilmente proprio al padre fondatore del suo movimento.

E così, a gestire l’inciucio richiesto da una èlite di politici accaldati che tutto vogliono fuori che ritornare al voto, e quindi a casa (ce li voglio vedere, caro Gigino Di Maio, a votarti il taglio delle poltrone parlamentari, ti sei messo in un bel casino….), si ritrova ad essere gestito da due leader la cui leadership rischia di sciogliersi come neve al sole. Non a caso sia Zingaretti che Di Maio non fanno troppo mistero di preferire la strada del voto in quanto «più seria», anche se non lo dicono troppo forte per non mettersi in urto con i mostri sacri (e le basi di partito) che hanno dietro le spalle.

Fico e Di Maio, quale "anima" prevarrà nei 5 Stelle?

Fico e Di Maio, quale “anima” prevarrà nei 5 Stelle?

Bel casino, grande Salvini. Chi vuole inciuciare si deve inventare qualcosa, perché se ieri sera il Carroccio non ha dato scacco matto, di sicuro l’ha preparato facendo fuori agli avversari (dichiarati e non) regina, cavalli, alfieri e torri. Restano in campo, sui banchi dove all’improvviso si è smesso di ridere e sghignazzare, una quantità di pedoni. A scacchi con i pedoni e basta non si vince, si può solo sperare in uno stallo.

Stallo a cui, crediamo, stavolta non si presterà il Quirinale. Il Capo dello Stato dovrebbe giocarsi ciò che resta del suo prestigio personale per rimettere in sella il Bomba e il Vaffa, per favorire una soluzione da Prima Repubblica – peggio, da Statuto Albertino – sconfessando apertamente la volontà popolare dichiarata e senza avere più dietro le spalle gli appoggi interni ed internazionali che aveva Napolitano, o che aveva ancora in parte lui stesso un anno e mezzo fa.

Crediamo che il prossimo mojito Matteo Salvini potrà gustarselo appieno e meritatamente, mentre democratici e grillini passeranno al contrario un Ferragosto piuttosto disagiato. Per andare contro la storia, il buon senso, la democrazia e tutto ciò a cui hanno già dimostrato entrambi di tenere poco o nulla, PD e 5 Stelle, Zingaretti e Di Maio dovranno inventarsi qualcosa di altrettanto geniale.

Altrimenti martedi prossimo Matteo Salvini gioca il primo dei due matchball a disposizione, al senato. E con il servizio (e l’unica maggioranza popolare esistente) a favore.

«Un bacio a tutti!»

«Un bacio a tutti!»

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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