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Soccorso rosso

Firenze si appresta ad assistere alla nuova visita del Re d’Italia, pardon, del Presidente della Repubblica che il prossimo 11 febbraio inaugurerà di persona e in forma ufficiale la tramvia cittadina, almeno i tratti T1 e T2 finalmente completati. Ci sono voluti cinque anni, uno in meno di quelli che occorsero alla Union ed alla Central Pacific per ultimare (in piena guerra civile) la prima ferrovia transcontinentale degli Stati Uniti d’America, 2792 chilometri circa di lunghezza.
Si muove addirittura la massima carica dello Stato. Come se, sempre negli Stati Uniti, Donald Trump andasse di persona ad inaugurare una nuova giostra a Disneyland. A pensar male, era solito dire un compagno di partito di Sergio Mattarella, quando quel partito era la Democrazia Cristiana.
Gli altri, i comunisti del PCI, all’epoca lo chiamavano soccorso rosso. Quella forma di aiuto solidale esercitato dai compagni quando il partito o i suoi adepti erano in difficoltà. Il mondo cambia, adesso il soccorso rosso è diventato bianco, ma la sostanza è la stessa.
A pensar male, tra tre mesi a Firenze ci sono le elezioni comunali, assieme a quelle europee. E l’ultima ridotta del PD scricchiola fortemente. Dario Nardella, eletto sindaco nel 2014 nelle liste del partito che aveva adottato Matteo Renzi come segretario, adesso ostenta sicurezza e attestati di buon lavoro e gratitudine ricevuti un po’ da tutte le categorie produttive cittadine (che tacciono e non ricambiano), ma intanto non è un mistero che stia pensando al salto della quaglia su qualche lista civica simil-PD.
I sondaggi non confortano né avviliscono. Semplicemente tacciono. Segno che l’aria che tira in città non è delle più confortevoli per l’amministrazione uscente. Un po’ come quando allo stadio comincia a tirare giù da Fiesole quel vento freddo che taglia in due, e che ultimamente aveva fatto diventare il progetto del nuovo stadio (altro asino che casca) particolarmente appetibile.
Il partito che da La Pira a Renzi ha trasformato questa città in un centro di accoglienza sempre peggio governato chiede adesso a Nardella un miracolo: restare in vita almeno qui, nella Toscana ex rossa dove tutto era cominciato. Livorno è già persa, e con essa le sacre vestigia del 1921. Resta Firenze. Resta Nardella con quella fascetta tricolore che sa sempre di più di abito sfuggente, passatogli da qualche fratello più grande o mal cucitogli addosso, a partire dalle misure, prese approssimativamente.
Nardella risponde invocando il Presidente. l’uomo che fa delle parole un qualcosa che va addirittura al di là della retorica e che qualcuno spera che sia capace di fare con la storia ciò che di solito fa con l’uditorio: addormentarla. E il Presidente arriva, per tagliare un nastro che porterà i fiorentini a viaggiare gratis sul nuovo trenino per due settimane. Avremmo preferito pagare da subito un biglietto magari a prezzo più equo di quello attuale, ma pagarlo tutti, finalmente. Avremmo anche preferito tracciati urbani meno suscettibili di causare caos infernali, soprattutto nelle ore di punta. Basta un’occhiata ai binari che attraversano via di Novoli e Piazza Dalmazia per capire che tornare a casa per chi ci lavora diventerà un’impresa da videogame. Così come è questione di tempo per il primo incidente grave, causato dagli attraversamenti a raso mal segnalati e peggio regolati.
Ma questo passa il convento. Firenze aspetta la visita del capo dello Stato, e la partenza del trenino. Auspichiamo che attenda con ancora maggior trepidazione il prossimo 26 di maggio. E quello che potrà seguirne.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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