Calcio

Storia dei Mondiali di calcio: Perda il Migliore

Angelo Di Livio e Christian Vieri contestano le scandalose decisioni di Byron Moreno in Italia-SudCorea

Angelo Di Livio e Christian Vieri contestano le scandalose decisioni di Byron Moreno in Italia-SudCorea

Ripercorrendo la storia dei mondiali di calcio, qualcuno solleva puntualmente il tema interessante e scottante: ha sempre vinto la squadra che meritava di più?

Ritrovo in biblioteca il libro di Franco Rossi, Perda il migliore (*), dove l’autore racconta come di 20 mondiali disputati finora almeno 15 furono più o meno falsati, taroccati. O comunque la squadra migliore fu quella che alla fine perse. Ognuno la pensa come vuole, lo sport non è scienza esatta come la matematica, non ci sono mai riprove. Mi limito a mettere in fila date e circostanze, perché ognuno possa riandarvi con la memoria e farsi – o mantenere – un giudizio. Appuntamento alla prossima puntata, i Mondiali del 1970, Messico e nuvole, Italia-Germania e Italia-Brasile, uno dei pochi sul cui risultato finale non c’è mai stata discussione.

1934. Vince l’Italia, in casa. Sul risultato finale ottenuto dalla forte squadra di Vittorio Pozzo (che 4 anni dopo in Francia farà il bis senza discussioni di sorta) recriminazioni da parte della Spagna del leggendario portiere Zamora. Gli italiani avrebbero avuto un occhio di riguardo, riuscendo a pareggiare la prima partita solo in virtù di un gioco durissimo su cui l’arbitro avrebbe chiuso un occhio. Nella ripetizione il giorno dopo, molti spagnoli infortunati non poterono scendere in campo, tra cui Zamora. E l’Italia ebbe via libera.

1954. Vince la Germania Ovest. A detta di tutti, quell’anno il titolo spettava alla più forte squadra di sempre, insieme all’Olanda di Johann Cruyff di 20 anni più tardi, la Grande Ungheria di Ferenc Puskas. Nel girone di qualificazione i tedeschi ne presero otto. In finale riuscirono a rimontarne due, salvo finire tutti in ospedale il giorno dopo, nessuno ha mai spiegato perché. Fu il primo caso clamoroso di doping nello sport di vertice?

1962. Vince il Brasile. Il forte Brasile che aveva già trionfato in Svezia 4 anni prima e che poté permettersi di sostituire l’infortunato Pelé con un Amarildo che non gli fu da meno. Recriminazioni tuttavia dei cecoslovacchi di Masopust in finale, che lamentarono un arbitraggio non all’altezza. Per non parlare dell’Italia, che fu estromessa subito dai cazzotti cileni e dall’arbitraggio vergognoso dell’inglese Aston.

1966. Non solo il gol fantasma di Hurst, Inghilterra e Germania Ovest beneficiarono di un occhio di riguardo arbitrale da parte degli arbitri già a partire dai quarti. I tedeschi si lamentarono dell’arbitro Dienst in finale, anche se avevano avuto la loro parte di decisioni favorevoli nei turni precedenti.

1974. Vince la Germania Ovest, e come vent’anni prima lo fa ai danni della squadra più bella vista in assoluto. Olanda come Ungheria, forse pensava di aver già il mondiale in tasca prima di giocare la finale. Forse qualche decisione poteva essere diversa, nella ripresa gli orange si lamentarono per qualche contatto sospetto in area tedesca. Ma soprattutto rimane l’impressione di quel Germania Ovest – Germania Est 0-1 nelle eliminatorie, in ossequio forse alla ostpolitik di Willy Brandt o alla necessità per Beckenbauer e soci di non incontrare avversari troppo forti nel girone di semifinale. I tedeschi non erano male, ma l’Olanda era un’altra cosa.

1978. E’ stato definito il mondiale della vergogna. Non soltanto perché si disputò in un paese insanguinato da una delle dittature più feroci di sempre (e che ne ebbe un ritorno di propaganda non inferiore a quello dell’Italia nel 1934), ma anche per l’episodio che in semifinale decise il passaggio dell’Argentina ai danni del Brasile. I carioca giocarono prima, i biancocelesti sapevano che per passare in finale dovevano segnare più di quattro gol. Quiroga, portiere di un Perù che sembrò fin troppo compiacente, ne prese sei, per buona misura. L’Argentina di Videla ringraziò e in finale batté un’Olanda che non era più quella di quattro anni prima ma che al novantesimo prese un palo clamoroso.

perdailmigliore180303-0011982. Sul trionfo indiscutibile dell’Italia di Enzo Bearzot e Paolo Rossi resta quell’ombra della partita con il Camerun nel girone eliminatorio. Era un “dentro o fuori”, qualcuno dice che Roger Milla & c. furono ammorbiditi da esplicite avances degli azzurri. Da lì in poi, l’Italia mise in fila il mondo, e nessuno poté più recriminare alcunché.

1986. Sul trionfo di Maradona e dell’Argentina pesa la mano de Dios. Più della eventuale combine di quattro anni prima con il Camerun, per quell’Argentina fu determinante il gol di mano del Pibe, contro l’Inghilterra di Gary Lineker che altrimenti chissà se avrebbe lasciato strada. Il secondo gol di Diego, da cineteca, non ha mai dissipato questo dubbio, un’ombra su una vittoria finale per il resto anch’essa fuori discussione.

2002. Byron Moreno. E abbiamo detto tutto. L’Italia era forse addirittura più forte di quella che quattro anni dopo avrebbe trionfato a Berlino. Moreno fu forse addirittura più scandaloso di Ken Aston in Cile. La Corea del Sud doveva andare avanti, almeno fino alla semifinale. Oltre a noi, fece fuori anche la Spagna con episodi altrettanto scandalosi. Fu un mondiale alla Blatter, più ancora del solito.

(*) Franco Rossi, Perda il migliore, Limina Editore, 1988

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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