Politica

Tutti gli uomini del presidente

Il secondo incarico esplorativo conferito da Mattarella al presidente della Camera Roberto Fico segna una svolta nelle consultazioni. Apparentemente, farebbe parte del pantano istituzionale sancito dalla nostra Costituzione per il funzionamento della forma di governo repubblicana parlamentare. E’ il popolo che vota ma è il presidente della Repubblica che decide cosa fare di quel voto. Funziona così dal 1948 ad oggi, e il problema è che ormai non funziona più.

Dice il Renzi: se aveste votato la mia riforma costituzionale….. Se avessimo votato la tua riforma costituzionale, caro Renzi, la nostra carta fondamentale ormai sarebbe ridotta alla pièce di un burlesque, qualcosa di ridicolo, da avanspettacolo. Parlando di cose serie, è indubbio che la Costituzione attuale, nel Titolo dove disciplina il funzionamento di parlamento e governo, nonché della presidenza della Repubblica, non funzioni più. Nella misura in cui consente ad un Mattarella qualsiasi, ci sia consentito dirlo, di fare strame per l’ennesima volta della volontà popolare. E Mattarella con Fico sterza verso il PD, uscendo finalmente allo scoperto.

Comunque la si pensi, il risultato del 4 marzo è stato chiaro: PD a casa, e con disonore, palla a Centrodestra e Movimento 5 Stelle per cambiare le cose. Cambiare l’Italia è una locuzione forte, bisognerebbe cambiare gli italiani, avrebbe detto Giuseppe Mazzini. Ma insomma, gli italiani del loro ce l’hanno messo stavolta, bisogna che le forze politiche beneficiate da questo mandato popolare facciano adesso la loro parte.

Certo, la legge Rosato è stata approvata con l’intento di essere l’ennesima porcata (cit.), e ha assolto pienamente alla sua funzione rendendo difficile la traduzione della volontà popolare in atti istituzionali concreti. Ma faceva parte del gioco che sappiamo, dal giorno in cui senza battere ciglio Sergio Mattarella promulgò la legge che la maggioranza renziana gli aveva messo sul tavolo. Faceva parte di un disegno di salvataggio più che del PD dell’establishment che fa capo politicamente e socialmente al PD: quel coacervo di lobbies, logge, mafie, camorre, ong, conventicole varie che non vuole un cambiamento dello status quo disegnato per il nostro paese a partire dal 2011.

A partire da questo postulato, continuando nell’esercizio ormai a noi consueto della fantapolitica neanche tanto fanta, a nostro parere al suddetto establishment conviene tirarla lunga il più possibile (grazie anche all’atteggiamento grillino del «pallone è mio, o si gioca come dico io o lo porto via» perfettamente incarnato da Luigi Di Maio, e chi lo consiglia) perché alla fine escano due conigli dal cilindro: o il tanto sospirato governo del presidente, il Badoglio di turno, o il ritorno al voto. Confidando nella stanchezza di un elettorato che forse stavolta si asterrebbe in gran parte riducendo il disastro elettorale del PD a proporzioni più accettabili (per il PD).

Sergio Mattarella è una versione più raffinata del suo trinariciuto predecessore, che aveva messo a punto la propria sensibilità politica ed il suo rapporto con la democrazia al tempo della rivolta d’Ungheria. No, Mattarella è più raffinato, non ama i carri armati e i diktat. E’ bizantino, e del resto non si sopravvive (letteralmente) per decenni come politico democristiano in Sicilia se non si impara a dire si o no a chiunque con una certa raffinatezza. E’ un gattopardo, un uomo per tutte le stagioni, soprattutto quelle in cui la sua parte annaspa per salvarsi. Se l’anno topico di Napolitano è il 1956, quello di Mattarella è il 1993. L’anno del Mattarellum, la madre di tutte le porcate elettorali.

Stavolta c’è bisogno di tutta la sua raffinatezza. Non è un caso che all’incarico a Fico siano sbottati di gioia tutti i mass media in quota al PD, o a quei 5 Stelle propedeutici al ritorno in sella del PD. Come quel Marco Travaglio ex giornalista che ormai fa da apprendista stregone per diventare opinion lider maximo del prossimo regime grillino. Sul giornale di cui è direttore tuona con un «Fico significa basta cazzate!» che la dice tutta. Il voto popolare per il Travaglio pentastellato sarebbe una cazzata. Il Berlusconi pregiudicato sarebbe una iattura per il paese, il Renzi invece che le magistrature di mezza Italia non riescono ancora a giudicare invece no. La democrazia secondo Grillo (e chi se ne fa portavoce) a regola è un po’ come la Costituzione secondo Renzi.

Disgraziata la patria che ha bisogno di simili giornalisti (parafrasiamo Brecht), che poi sono gli stessi che applaudono ad una giustizia che manda Brusca in prescrizione e condanna il generale Mori. Ci sono molte cose che non funzionano in questo paese. Il popolo aveva dato mandato a certe forze politiche per cambiarle. Le istituzioni stanno facendo di tutto per ignorare la sua volontà. Gentiloni violenta ogni giorno la nozione di ordinaria amministrazione (gli sbarchi di migranti proseguono, i decreti legge anche). Tutti concionano a proposito del bene del paese, dimenticando a sommo studio che in democrazia l’unico giudice di quel bene è appunto il popolo. Ma intanto governa il PD.

Aggrappati alla foglia di Fico. Chissà se costui andrà alle consultazioni esplorative in autobus.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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