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Arrivederci al Corridoio Vasariano

Narrano le cronache che l’architetto Giorgio Vasari impiegasse non più di 5 mesi a realizzare il corridoio segreto che avrebbe preso il suo nome e che collegava il Palazzo Pitti, dove aveva sede l’abitazione del suo committente il Duca di Toscana Cosimo I, al Palazzo Vecchio, dove aveva sede l’ufficio di costui, il governo della signoria.

Correva l’anno 1565. Quel governo era tornato in mano alla famiglia Medici dopo gli anni turbolenti della Repubblica Fiorentina restaurata dopo la cacciata di Piero, l’incapace figlio di Lorenzo il Magnifico. Quello di Cosimo, che aveva ottenuto la corona ducale dall’Imperatore Carlo V, era il ramo cadetto, discendente da Lorenzo il Popolano, cugino del Magnifico. Da cui il primo Duca discendeva peraltro per parte di madre, Lucrezia de Medici.

I fiorentini erano tuttavia poco impressionati da quest’albero genealogico, i tempi d’oro dei signori che avevano fatto di Firenze la capitale del Rinascimento erano o sembravano ormai lontani. I Medici erano tornati ad esser visti come tiranni, usurpatori. Nei primi anni del suo regno, Cosimo I dovette vedersela con vere o presunte congiure che, sulla falsariga della prima – la storica congiura dei Pazzi che era costata alla famiglia di fatto regnante la perdita di Giuliano fratello di Lorenzo ed a Firenze la perdita, dopo la reazione del Magnifico superstite, di molti degli antichi istituti del libero Comune -, cercavano di rovesciare nuovamente la signoria medicea.

Fu così che Cosimo ebbe la brillante idea di commissionare al più grande architetto della sua epoca, il Vasari appunto, che aveva già realizzato per lui la Galleria degli Uffizi, una specie di passaggio segreto che attraversava tutto il centro della città, passando sopra addirittura all’antico ponte romano che già all’epoca i fiorentini chiamavano affettuosamente il Ponte Vecchio. Per non rendere spiacevole la passeggiata quotidiana del signore di Firenze tra la casa e l’ufficio, furono presi gli allora occupanti delle botteghe sul Ponte, i macellai, e trasportati altrove con tutti i loro cattivi odori e sgradevoli attività. Furono sostituiti con gli orafi, che da allora lo hanno abitano senza interruzione.

E veniamo ai giorni nostri. Principi e Signori se ne sono andati ormai da tempo, per non parlare del Rinascimento. In città governano fazioni e personaggi che avrebbero fatto immaginare a Dante un apposito decimo girone infernale. Ma le vestigia di un passato glorioso resistono, a cominciare da quel Corridoio Vasariano che continua ad attraversare l’Arno ed il centro di Firenze alternando finestrelle che offrono scorci impagabili di una città d’altri tempi a capolavori dell’arte pittorica.

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Non c’é turista che non sogni di poterlo visitare, magari avendo la fortuna di capitare da queste parti in concomitanza con una delle rare visite guidate. Non c’é capo di stato straniero in visita a cui la più esclusiva delle visite non venga proposta. Nell’ultimo secolo, hanno spiccato i premier tedeschi, nel 1938 uno che si chiamava Adolf Hitler, nel 2014 un’altra che si chiamava Angela Merkel. Nel primo caso il premier italiano, che si chiamava Benito Mussolini, pretese ed ottenne che fossero aperti due finestroni affinché il collega tedesco potesse godere di una vista migliore della città sul fiume. Nel secondo, fu impedito al premier italiano, che si chiamava Matteo Renzi, di pretendere ed ottenere di fare ulteriori danni.

Ci proverà magari a farli il Ministero dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo, che ha deciso il varo di una serie di lavori di riallestimento e messa in sicurezza finalizzati alla apertura del corridoio al turismo di massa, rendendolo a tutti gli effetti una propaggine degli Uffizi. Il calcolo è quello di attirarvi dentro un qualcosa come 500.000 turisti l’anno, con un guadagno per le casse museali stimato in 10 milioni ad esercizio.

Intanto, 10 milioni di euro li devono cacciare fuori il Ministero e l’Unione Europea. Nei giorni scorsi il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt, ha presentato il progetto esecutivo indicando in 18 mesi il tempo stimato per la conclusione di questi lavori. C’é subito qualcosa che stride, come il gessetto sulle antiche lavagne di scuola. 5 mesi per realizzare i mille metri scarsi del corridoio nel 1565, con le tecniche che aveva a disposizione Giorgio Vasari, e 18 per ristrutturarli con le tecniche di adesso, realizzando nell’ordine l’accessibilità ai disabili, impianto di climatizzazione, cinque uscite di sicurezza (tra cui una ricavata all’interno di un vano di un pilone del Ponte Vecchio), illuminazione a led a basso consumo energetico e sistema di video sorveglianza?

Giorgio Vasari

Giorgio Vasari

Qualcosa continua a stridere. Le tecniche si sono evolute, ma evidentemente anche la burocrazia. Vasari non aveva da rendere conto a tutti coloro che oggi sindacano e compromettono in un modo o nell’altro un’opera pubblica in Italia. Rispondeva soltanto al suo committente, il signore di Firenze, che era bene tra l’altro non deludere. Non c’era revisione prezzi, e le penali erano decisamente più inclementi di quelle di adesso. Il Corridoio doveva esser pronto per le nozze dell’erede al trono Francesco con Giovanna d’Austria, programmate 5 mesi dopo quell’incarico. E così fu.

Adesso herr Schmidt dice chiaramente che non se la sente di mettere la mano sul fuoco su quel 2021 in cui è fissata l’inaugurazione del Corridoio 2.0. A troppa gente deve rispondere, a troppa normativa, ed a troppo malcostume italico, che resta tale anche quando è reso legale proprio dalla normativa.

Del resto, ci sono voluti 13 anni per collegare con una tramvia Villa Costanza di Scandicci a Careggi, quando nello stesso lasso di tempo lo Zar fece costruire la Transiberiana e nella metà del tempo Central e Union Pacific costruirono per Abraham Lincoln la transcontinentale americana.

Rivedremo dunque il Corridoio nel 2021 (e seguenti), e chissà come lo ritroveremo. Finora lo vedevano in pochi, ma era sempre quello del Vasari. Di doman, avrebbe commentato il nonno del Duca Cosimo, non v’é certezza.

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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