«Non ho mai veramente capito mio padre. Lui gestiva un ristorante e io ero un musicista, quindi non stavo seguendo il percorso che ha tracciato, ma mi ha lasciato sempre fare quello che volevo, mi ha lasciato andare. Alcune persone pensano che nella canzone io prenda le parti del figlio, ma come avrei potuto cantare la parte del padre se non avessi potuto capirlo anch’io?»
Steven Demetre Georgiou, ribattezzatosi Cat Stevens dopo che un’amica gli aveva fatto notare che i suoi sembravano gli occhi di un gatto, rinominatosi Yusuf Islam dopo che la lettura del Corano gli era sembrata fornire tutte le risposte di cui la sua spiritualità era in cerca, scrisse l’album Tea for the Tillerman in sanatorio, mentre si riprendeva dalla tubercolosi che l’aveva colpito intorno ai vent’anni.
Il figlio di un immigrato greco cipriota ebbe allora la prima delle sue crisi esistenziali, abbandonò il pop commerciale dei suoi esordi e inaugurò il proprio stile inconfondibile fatto di chitarre acustiche e sonorità che si richiamavano in parte alla tradizione dei menestrelli inglesi ed in parte alle musiche della sua patria ancestrale, la Grecia appunto.
Tea for the Tillerman fu un successone, il primo per il cantautore che pochi anni dopo avrebbe stupito il mondo seguendo Cassius Clay ed altri sulla via dell’Islam. Metà dei brani di quell’album finirono a far parte della colonna sonora della tragicommedia di successo Harold e Maude, di Hal Ashby, 1971.
Ma il brano più famoso, quello che ancora oggi principalmente viene associato al nome dell’Imam dagli occhi di gatto, è questa Father and Son, scritta inizialmente per un film sulla rivoluzione russa che non fu mai girato, e messa a punto in sanatorio come apologo generico dell’incontro – scontro tra le generazioni.
Dedichiamo il brano di oggi a tutti i padri e a tutti i figli che un giorno lo diventeranno a loro volta.
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