Fermate il mondo, non per il coronavirus come chiede qualcuno, ma perché sta impazzendo. Il panico si diffonde tra la gente senza possibilità di controllo, più letale dello stesso virus. E farà molti più danni, la cui reale entità potremo apprezzare soltanto quando l’epidemia sarà passata. Il bello – si fa per dire – comincerà allora.
Il mondo cambierà, e non di poco, quando la razionalità riprenderà il sopravvento e dovremo inventarci qualcosa per impedire il ripetersi delle scene che abbiamo sotto gli occhi e soprattutto di ciò che le ha provocate, o favorite.
E’ la fine del mondo così come l’abbiamo conosciuto. Vi ricorda qualcosa questa frase? Era il 1987 e sulla scena musicale si affacciava l’ennesima band di ragazzi prodigio nordamericani. I R.E.M., acronimo di rapid eye movement, il tic involontario tipico di quella fase del nostro sonno in cui è più facile sognare, traevano spesso i soggetti delle loro canzoni da sogni che i membri della band avevano fatto la notte precedente alle loro sessioni.
In uno di questi sogni, Michael Stipe il cantante aveva rivissuto la Guerra dei Mondi di Orson Welles e soprattutto il pandemonio che aveva scatenato il suo scherzo radiofonico. Il risultato è questa canzone, che a distanza di oltre trent’anni non perde il suo fascino aggressivo e allegramente apocalittico. Perfetta per descrivere qualsiasi cataclisma e la conseguente follia di cui – a quanto pare a intervalli regolari – cade preda la razza umana non appena qualcosa riesce ad intaccare la sua sottile vernice di civiltà.
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