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Somebody to love

Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde (Dublino, 16 ottobre 1854 – Parigi, 30 novembre 1900)

«Posso resistere a tutto tranne che alla tentazione»

(Il ventaglio di Lady Windemere)

«Volete sapere qual è stato il grande dramma della mia vita? È che ho messo il mio genio nella mia vita; tutto quello che ho messo nelle mie opere è il mio talento»

(conversazione con André Gide)

«I buoni propositi sono inutili tentativi di interferire nelle leggi scientifiche. Nascono dalla pura vanità e il loro risultato è un nulla assoluto. Ogni tanto ci regalano una di quelle emozioni voluttuose e sterili che hanno un certo fascino per i deboli: è tutto quello che se ne può dire. Sono semplicemente assegni che gli uomini emettono su una banca dove non hanno un conto corrente»

(Il ritratto di Dorian Gray)

Era una delle menti più brillanti dei suoi tempi, e forse di tutti i tempi. Ma la sua patria, l’Inghilterra, viveva ai suoi tempi uno dei momenti di maggior bigottismo della sua storia. L’Età Vittoriana fu per gli inglesi da un punto di vista dei costumi quello che il Maccartismo sarebbe stato per gli americani degli anni cinquanta del ventesimo secolo dal punto di vista politico. Una cappa di piombo soffocante la cui infrazione tuttavia poteva costare cara, molto cara.

Oscar Wilde, commediografo e scrittore di grandissimo talento e di anticonformismo almeno pari, non faceva mistero delle sue preferenze sessuali. Bisessuale dichiarato, era destinato prima o poi a scontrarsi con la legge di una società che con il Criminal Law Amendment Act del 1885 aveva esplicitamente previsto l’omosessualità come un reato punibile con la reclusione fino a due anni.

La targa commemorativa al 21 di Westland Row, Dublino, che recita in gaelico: "qui nacque il 16.10.1854"

La targa commemorativa al 21 di Westland Row, Dublino, che recita in gaelico: «qui nacque il 16.10.1854»

Dieci anni dopo, il giudice che se lo trovò davanti applicò il massimo della pena prevista, e così il 25 maggio del 1895 il più grande letterato e maitre-à-penser inglese del momento fu sottoposto all’umiliazione del carcere, dove la sua condanna prevedeva che scontasse addirittura i lavori forzati. Tradotto alla prigione in divisa da carcerato affinché risultasse esposto al pubblico ludibrio, Wilde si ritrovò a Wandsworth, carcere dalla fama sinistra, in mezzo a condannati per ben altro tipo di reati, sottoposto ad un regime detentivo che oggi farebbe impallidire il 41 bis, costretto a dormire su giacigli senza materasso, a soffrire fame e malattie (perse 10 chili nei due anni di reclusione), a sottostare alle angherie e alla derisione dei secondini nonché a turni di lavoro forzato ad un mulino a ruota di circa sei ore al giorno.

Nessuna voce si levò in sua difesa, tanta era la paura di incorrere nei fulmini della polizia morale britannica, e non solo. Perfino Emile Zola, che in quegli anni in una Parigi solo apparentemente più liberale e illuminata si stava battendo perché trionfassero verità e giustizia nell’affaire Dreyfus, si rifiutò di firmare l’appello per la libertà di Oscar Wilde. Che dovette farsi i suoi due anni di prigionia senza sconti, con tutti gli annessi e connessi, per scoprire al momento della sua liberazione che il suo calvario era appena all’inizio. Perfino i gesuiti si rifiutarono di dare ospitalità al reietto che non aveva più amici né sostenitori. La moglie aveva chiesto il divorzio da tempo, e Wilde, per sopravvivere, dovette emigrare. Finì povero in esilio a Parigi. Neanche da morto era destinato a fare ritorno nella patria che l’aveva disconosciuto e umiliato, salvo poi fregiarsi in un futuro meno oscurantista di avergli dato i suoi natali. Le sue spoglie mortali riposano al cimitero parigino del Père Lachaise.

Farrokh Bulsara, in arte Freddy mercury

Farrokh Bulsara, in arte Freddy Mercury (Stone Town, 5 settembre 1946 – Londra, 24 novembre 1991)

Soltanto sessant’anni dopo l’Inghilterra avrebbe eliminato l’omosessualità dal novero dei reati previsti dal suo codice penale.

Il brano di oggi mi è suggerito da una analogia, oltre che dalla ancora forte presenza di un moralismo pubblico che non accenna a demordere, malgrado i tempi cambiati. Immaginiamoci se il destino di Wilde fosse toccato ad uno dei geni della nostra epoca moderna. A Freddy Mercury, per esempio. Inconcepibile. Agghiacciante. Abominevole, ora come allora.

E allora, viva John Lennon che sognava un mondo senza religione e senza morale codificata. E viva i Queen. L’importante non è chi si ama o si preferisce sessualmente (fintanto che non si fa del male a nessuno). L’importante è avere…..

Autore

Simone Borri

Simone Borri è nato a Firenze, è laureato in scienze politiche, indirizzo storico. Tra le sue passioni la Fiorentina, di cui è tifoso da sempre, la storia, la politica, la letteratura, il cinema.

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