(Nella foto: L’Ultima cena, di Leonardo Da Vinci)
E’ il giorno cruciale della liturgia della religione cristiana. Quello in cui si compiono gli eventi chiave su cui essa si fonda, ed i miracoli che associamo alla venuta del Figlio di Dio su questa terra. Al passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento, la nuova ed eterna alleanza su cui sono state costruite tutte le nostre credenze religiose, allo stesso modo di come la Chiesa Cattolica è stata fondata su Simon Pietro, uno degli storici testimoni e protagonisti di quegli eventi.
Il Giovedi Santo è il giorno dell’Ultima Cena, e dell’avvio a partire da essa di quella catena di eventi che portarono alla Morte e Resurrezione di Gesu Cristo, il dio fatto uomo della nostra religione. Il Cristianesimo si basa appunto su due pilastri fondamentali. L’uomo che spezzò il pane e verso il vino in quella ultima cena con i suoi apostoli e discepoli dicendo fate questo in memoria di me era il Figlio di Dio che si era incarnato in spoglie mortali, affinché gli succedesse quello che è narrato nei Vangeli. E lo avrebbe dimostrato tre giorni dopo risorgendo dalla morte. Il gesto del pane e del vino, lungi dal sottintendere pratiche di cannibalismo, significava anzi la Comunione, l’assunzione da parte di ciascun credente di una sostanza che era parte del Divino: il corpo ed il sangue di Cristo, appunto. Il ricongiungimento dell’uomo con la divinità che l’ha creato e che pervade il cosmo. Ciò che oggi chiamiamo, appunto, Cristianesimo.
Il giorno più importante della religiosità che chiamiamo cristiana e della sua tradizione liturgica è proprio il giovedi antecedente la Pasqua. Cristo celebrò la fatidica cena, e poi fu lasciato solo dai suoi seguaci nell’Orto dei Getsemani a pregare il Padre Celeste affinché allontanasse da lui quell’amaro calice. Fu lì che lo sorprese Giuda Iscariota il traditore, alla guida delle guardie del Tempio. Da lì presero il via gli eventi che nelle ore successive lo videro dapprima processato davanti al Sinedrio di Hannah e Caifa, i Sommi Sacerdoti della Nazione Ebraica, poi davanti al proconsole romano Ponzio Pilato e poi alla fine crocifisso sul Golgota. E infine, secondo i Vangeli (dal greco eu angelos, buona novella), risorto dal Sepolcro messogli a disposizione da Giuseppe d’Arimatea, che secondo alcune leggende successive sarebbe divenuto il custode delle sue vestigia mortali, il Santo Graal, il sangue ed il corpo di Cristo.
E’ il giorno in cui si concentrano i misteri sottesi alla religione cristiana, dalla istituzione della Santa Messa e dei suoi significati, all’incomprensibile tradimento di Giuda (accettabile solo per verità di fede), al dialogo tra Padre e Figlio dove viene sancita la fine e la resurrezione dell’Agnello sacrificale di Dio. E’ il giorno la cui celebrazione culmina tradizionalmente con la visita alle Sette Chiese, secondo un rito antichissimo poi canonizzato da San Filippo Neri, il sacerdote fiorentino che istituì il percorso penitenziale che originariamente si svolgeva tra le sette principali basiliche di Roma. E’ praticamente il giorno in cui la Settimana Santa, la celebrazione della Pasqua cristiana entra nel vivo.
La religione cristiana così come la conosciamo entrò nel vivo con la sistematizzazione operata da Paolo di Tarso, non a caso il primo santo canonizzato dalla Chiesa insieme a Pietro, il primo Papa, la pietra angolare. Fino a loro due, uno il principale discepolo di Cristo e l’altro il principale persecutore dei cristiani poi convertitosi, il cristianesimo era stata la filosofia, la religione di una delle tante sétte che costellavano l’universo del popolo ebraico.
Il Vecchio Testamento era trascorso nell’attesa del cosiddetto Messia, colui che sarebbe venuto a rinnovare l’alleanza con Dio originariamente stabilita da Mosé e custodita simbolicamente dentro la sua Arca. Per un migliaio di anni circa, all’establishment costituito dai Sacerdoti del Tempio di Re Salomone, custodi dell’ortodossia ebraica, si erano affiancate sette più o meno dissidenti in mezzo alle quali periodicamente quel messia veniva avvistato ed annunciato.
Erano gli Esseni, i propugnatori del ritorno dell’Ebraismo alla purezza delle origini. Una sorta di precursori del comunismo, nel senso della messa in comune di tutto, dai beni ai rapporti affettivi (vissuti in promiscuità). Joshua Ben Joseph, l’umile figlio di un falegname e di una donna del popolo che probabilmente era una ragazza madre, fu uno di questi. Ragazzo dotato di intelletto vivace e precoce (a dodici anni era già a discutere con gli anziani della comunità ed a metterli in crisi), giunto a maturità divenne un leader carismatico, tanto da essere identificato con il fatidico Messia, come altri prima di lui che poi erano stati derubricati a semplici Profeti.
Lui no, in qualche modo la sua vicenda e la sua predicazione andarono oltre. Si trattasse di riprendere temi e comportamenti già tipici presso gli Esseni oppure di svilupparli ed innovarli fino a conseguenze estreme e del tutto nuove, Joshua – Gesù nella traduzione latina – sconvolse la sua comunità al punto da creare un movimento mistico di grande portata e diffusione proprio nel momento in cui la Palestina ne aveva più bisogno, stretta tra la pesante ortodossia di Sacerdoti e Farisei e l’oppressione del giogo romano. L’Impero si era impadronito da poco delle terre che erano state promesse al Popolo Eletto. Gesu, con la sua predicazione e la sua fine leggendaria, mise in moto una catena di eventi che tra le altre cose portarono quel popolo a ribellarsi per primo e per la prima volta agli oppressori, venendone schiacciato e infine costretto alla diaspora, la dispersione ai quattro angoli del mondo.
I Romani inizialmente trionfatori ottennero due cose: di creare una nazione ebraica anche se sul momento dispersa per tutta Europa, Africa ed Asia, e di fare lo stesso con i Cristiani inizialmente perseguitati. Con una differenza: messa in mano a Paolo di Tarso, una vicenda inizialmente interna all’Ebraismo diventò ecumenica, universale. Un movimento mistico-politico e solo in parte anche religioso diventò una nuova religione. Poi la religione ufficiale dell’Impero. Poi la religione principale del mondo occidentale e del resto del mondo da esso colonizzato.
Gesu Cristo, cioè Joshua cresimato, unto del Signore, non fu ritrovato la mattina in cui si celebrava la Pasqua ebraica (la fuga dalla cattività in Egitto) nel sepolcro che Giuseppe d’Arimatea gli aveva messo a disposizione dopo che era stato tolto dalla croce. Da quel momento il mito, la credenza, la fede nella sua resurrezione travolsero tutto e tutti e misero fine all’antico politeismo che dall’età in cui l’uomo era uscito dalle caverne regolava il Mondo Antico nel suo rapporto con il soprannaturale. Dalla costola del monoteismo ebraico era nata una nuova religione monoteista, destinata a fare più proseliti per il fatto di non essere volutamente destinata ad un solo popolo (per quanto eletto) e per la modernità del suo messaggio.
Per la prima volta dall’alba del mondo, infatti, qualcuno aveva parlato di porgere l’altra guancia, di trattare il prossimo come si voleva che fossimo trattati noi stessi, di misericordia e di amore reciproco nel nome di un divino che fino a quel momento si era disinteressato delle vicende umane consentendo che rimanessero pervase di barbarie. Aveva parlato di fine della schiavitù ed oppressione dell’uomo sull’uomo, e pur distinguendo tra Cesare e Dio (forse per evitare quello spargimento di sangue che ebbe poi luogo al tempo dell’Imperatore Tito e dei suoi successori) aveva lasciato all’uomo il più potente messaggio di libertà della storia. Un messaggio che un giorno avrebbe dato i suoi frutti perfino contro la stessa religione da cui era partito.
La Chiesa di San Paolo era nata come ecclesia, koiné, comunità in cui tutto questo era stato elaborato a partire dalla predicazione del Messia, il mandato da Dio. Paolo ne fece il Figlio di Dio, fece di sua madre la Vergine che l’aveva generato, degli Apostoli con cui aveva diviso tutto, dal cibo all’amore delle donne che partecipavano alla comunità (non necessariamente delle prostitute ma forse soltanto delle donne assai più libere di quanto erano e sarebbero state prima e dopo), i primi vescovi (dal greco epìscopoi = supervisori) di una nuova organizzazione religiosa che un giorno avrebbe ereditato l’immenso potere sfuggito dalle mani dell’Impero Romano.
Per volontà espressa di Paolo e dei suoi successori, i vescovi di Roma, ci sono giunti soltanto quattro vangeli. Erano molti di più e pare che raccontassero chi era stato davvero questo Gesu Cristo durante la sua vita terrena. Uno dei personaggi più carismatici dell’intera storia dell’umanità, forse il più rivoluzionario in senso lato. Il Giovedi Santo è il giorno in cui dopo duemila anni facciamo questo in memoria di lui. Dopo duemila anni, ancora non sappiamo però se quello che facciamo – in questo giorno e negli altri che Dio mette in terra – è veramente quello che avrebbe voluto lui e che predicò per l’ultima volta in quella famosa e fatidica cena di tanto tempo fa, nella settimana in cui il suo popolo celebrava la sua elezione a favorito di Dio.
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